LA GLORIA DI MARIA VALTORTA

Al termine di una rilettura del sublime commento teologico alle Messe festive, noto come di Libro di Azaria, dal nome dell’angelo custode che ne dettò le lezioni a Maria Valtorta, ritengo utile qualche riflessione non sul testo (ciò che sarà fatto più avanti), ma sulla santità della veggente.

 

Un mese e mezzo dopo l’ultima lezione, che è del 2 febbraio 1947, la Valtorta, il 16 marzo, descrive le dolcezze e promesse ricevute da Gesù. Il Divino Maestro le appare col S.S. Cuore scoperto, tutto circondato di fiamme, più luminoso dell’oro, le fa bere il Suo Sangue che è come miele, più inebriante di un balsamo, mentre le fiamme le carezzano i capelli, dolci e fresche come vento d’aprile. Mentre gusta queste sensazioni soavi, conserva tutte le sue facoltà, può riflettere, analizzare e ricordare. E Gesù le dice: “Ecco: in questo differisce ogni fuoco, anche quello purgativo, dal mio fuoco. Perché questo mio è di carità perfettissima e non fa male neppure per fare del bene. E questo è il fuoco che io serbo per te. Questo solo. Ecco ciò che è parte del mio amore. Fuoco che conforta e non brucia, luce, armonia, carezza soave. Ecco ciò che per te è il mio sangue: dolcezza e forza. Ed ecco ciò che io faccio per te, a compensarti degli uomini. Ti spremo il mio sangue come una madre fa col latte al suo nato, tu, figlia mia! Così Io ti amo.”

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