In una specie di delirio si sentì investire più e più volte, mentre un terrore arcano, sconosciuto, lo invadeva: un’antica angoscia senza fondo, in cui era travolto e a poco a poco inabissato come tra sabbie mobili. In un crescendo atroce, riviveva l’attimo dell’urto. Tutto il suo essere era teso nello spasimo di terrore del colpo imminente. Il treno mostruoso giocava con lui come il gatto col topo. Non c’era difesa né pietà: non ce n’era mai stata per lui. Egli era il giocattolo del treno, e da uno dei finestrini spuntava a un tratto un viso lungo, giallastro, diabolico, che ricordava il professor “Kon-Tiki”.