La lettera del rettore lo aveva raggiunto, con un lancio di agenzia, nel Granducato di Curlandia, dove si era recato per lasciarsi alle spalle tutte quelle noiose beghe degli accenditori di roghi, ciascuno dei quali voleva bruciare il suo testo universitario per un motivo diverso. In Curlandia, il professore stava constatando di persona quanto fossero soddisfatti quelli che avevano provato il comunismo e se n’erano finalmente liberati.
La rettoral-lettera gli ricordò che, a casa, invece, il comunismo tirava ancora colpi di coda, tenuto in vita con accanimento terapeutico dalla macchina cuore-polmoni dei suoi amici cattocomunisti. La missiva conteneva infatti un’accusa terribile: “uso improprio di materiale didattico”. Il tapino si arrovellava, cercando di comprendere cosa volessero dire quelle sibilline parole.