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STORIE DI APARTHEID E AMORE IN SUD AFRICA

Recensione di Maria Luisa Bressani su Il Giornale, 4 gennaio 2012

Emilio Biagini pubblica con “Fede & Cultura” un’altra delle sue opere sempre spiazzanti anche per un lettore accanito: La Nuova Terra. Un romanzo che nella postfazione Luciano Cau dell’Università di Cagliari accosta a “I promessi sposi, il più grande romanzo della letteratura italiana”. Giudizio acuto perché il romanzo di Biagini s’incentra su una grande storia d’amore con una forte difesa dei principi cristiani e il linguaggio rispecchia l’immediatezza dei sentimenti come in questa frase del ritrovarsi dopo un distacco: “Si abbracciarono come due redivivi appena sopravvissuti a un disastro minerario”.

Il don Rodrigo di turno è l’Apartheid in Sud Africa, anni settanta del ‘900. Il grande amore sboccia tra un giovane bianco e una meticcia. Jan, da ragazzo, per una banale malattia al fegato che gli ha causato un colore più scuro, ha rischiato la riclassificazione a “sangue misto”. Da allora ha concepito per loro una diversa comprensione. Maria, l’innamorata, si sbianca la pelle con pomate. Ricordate la stessa ossessione di Michael Jackson? Per lei non è un’aspirazione estetica, ma necessità: le leggi impedivano i matrimoni misti e l’immoralità, cioè la trasgressione con persone di sangue diverso. Nel loro viaggio di nozze scopriranno lo Swaziland terra di peccatori con prostitute nere da parte di seri sostenitori dell’Apartheid.

Il romanzo, gran libro di storia, descrive l’emarginazione dei sangue misti e inizia con una drammatica pagina in cui una serva negra è stata ingravidata dal padrone e il bastardo ne porterà il nome: “Nessuno schiavo aveva un cognome di sua scelta, e del resto a che serve un nome se si è schiavi? ‘Ehi tu’ o ‘cane’ o ‘lurido hotnot’ sono più che sufficienti”.

Nel 1834 il governo britannico avrebbe abolito la schiavitù causando le ire dei coloni Afrikaner che in molti emigrarono nell’interno, fondando le repubbliche boere, ma poiché “le leggi non possono cambiare il colore della pelle” nelle generazioni successive vi sarebbero stati van der Ross bianchi come Jan e van der Ross meticci come Maria, senza contare che tra i presunti bianchi per genetica poteva rispuntare un figlio di colore. La separatezza tra bianchi e neri si avvale anche della religione. Tra i neri aveva avuto larga diffusione la religione islamica incoraggiata dai proprietari di schiavi per poterne continuare il commercio dopo che nel 1770 una legge proibì la vendita di schiavi cristiani, scoraggiando il proselitismo e le conversioni.

Non a caso, “il matrimonio che non s’aveva da fare” viene celebrato con rito islamico, grazie ad un’amicizia di Jan. Contro i nostri attuali pregiudizi conosciamo nel Sud Africa di allora un Islam diverso, non terrorista o assetato di potere anche a costo di versar sangue, ma aperto a pacifiche convivenze con le altre religioni. Alla festa di nozze si bene vino perché quegli islamici nell’intimità della casa non prendevano troppo sul serio le noiose prescrizioni del Corano che vietano di berlo.

In questo affascinante romanzo, che per modernità a me sembra idoneo accostare a Hemingway, rivoluzionatore della scrittura in senso giornalistico, risalta una scrittura agguerrita della storia. Come puntualizza bene Cau è “il percorso verso un progetto di inesorabile conquista dell’Europa da parte dell’Islam”. Non manca la critica a quella nostra Chiesa del dialogo ben rappresentata dalle parole del parroco cattolico Wilson a città del Capo: “Adulterio, controllo delle nascita, aborto, aberrazioni sessuali? Dialogo. Rapina e assassinio? Dialogo. Caino ha ammazzato Abele? Dialogo. E Abele? Peggio per lui. Si trovò al posto sbagliato nel momento sbagliato”.

Nel libro anche una sorgiva poesia come nella pagina in cui Jan sogna di cercar conchiglie con il padre (medico che nel diario lasciato al figlio si arrovella di aver curato i ricchi e non aver portato sollievo ai più bisognosi). Il padre gliele accosta all’orecchio e ci sembra di sentirle. Ci parlano d’infinito, del mare “che non ha archivi”, che è stata prima “identità d’amore” tra Jan e Maria.

Ci affascinano i paesaggi africani. Biagini, ordinario di Geografia all’Università di Cagliari, ha tre lauree, conosce cinque lingue tra cui Afrikaans perché negli anni settanta ha soggiornato in quell’Africa descritta con tanta sapienza. Sul sito www.itrigotti.it (che tiene con la moglie Maria Antonietta) ha pubblicato Is God een Moloch? Antologia della poesia nederlandese e afrikaans. Un suo recente testo universitario Ambiente, conflitto e sviluppo ha suscitato reazioni isteriche nella “palude universitaria”. Nella postfazione (che cito ancora perché illuminata e illuminante) è definito: “Una vita spesa per affermare laverità” e “uomo di esperienze letterarie e culturali letteralmente sconfinate”.


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