L’opera risulta inevitabilmente farraginosa e pesante. Vi si avverte lo sforzo del curatore di seguire i pensieri disordinati dettati al registratore da Marta Diciotti, con frequentissime ripetizioni, anche multiple, e costanti espressioni di dubbi della donna sulla propria capacità di giudizio, segno certo di umiltà, ma ripetute con le stesse parole o quasi, ad ogni pie’ sospinto, fino alla noia. A differenza di tutte le altre opere della Valtorta e sulla Valtorta, che sono spesso affascinanti, di grandissimo interesse, di altissimo profitto spirituale e culturale, opere che danno vero piacere al lettore ed elevano l’anima, questa è noiosissima e veramente proibitiva. È pure estremamente difficile da recensire in un qualche modo organico, tanto è il disordine e l’eterogeneità della materia. Non si tratta certo di un libro da mettere in mano al lettore medio. Per lo studioso valtortiano, tuttavia, è un documento che occorre assolutamente leggere e meditare: un’autentica miniera di fatti, molti dei quali inediti, e una formidabile testimonianza della sublime santità di Maria Valtorta e della genuinità delle rivelazioni da lei ricevute.

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