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LA GRAMAGLIADE

ovvero

EPOPEA DI UNO SPIRITISTA NEMICO DI MARIA VALTORTA

 

CAPITOLO QUARTO

BESTEMMIE SUL GESÙ STORICO

Quattordicesima puntata

O Gramaglia, ma ti piace proprio arrampicarti sugli specchi?

Sarà per caso perché hai il cervello di una mosca?

 

Ed ecco una vera perla di erudizione, davvero degna del grande tuttologo, che afferma trionfalmente che Gesù parla di Galeno citandone vere e proprie presunte frasi un secolo prima della nascita del celebre medico di Pergamo (ca. 130 d.C. – ca. 200), e il suo interlocutore, un romano, non esita a riconoscere la citazione.

“Oh, che trionfo! Valtortiani di tutto il mondo, unitevi e andate a nascondervi. Abbiamo in mano la prova che vi svergogna definitivamente. L’Evangelo contiene un plateale anacronismo, quindi è tutta fabulazione fantastica uscita da un cervello malato. Uah! Uah! Uah! Uah! Uah!”

L’inconfondibile cachinno del “signore delle mosche” corona la grande soddisfazione del PAG.

E invece no. Ancora una volta costui ha perduto una magnifica occasione di tacere. Ecco la dimostrazione.

Le frasi attribuite a Galeno si trovano nel libro De usu partium. Lo stile di quest’opera è totalmente diverso da quello di tutte le altre ritenute di Galeno: queste hanno tutte un approccio rigorosamente scientifico sperimentale, al punto che le dottrine di Galeno dominarono la medicina occidentale per oltre un millennio, e solo nel Cinquecento, e con grande cautela, si cominciò a metterle in discussione.

Al contrario, De usu partium è impregnato di teologia morale, cospicuamente assente in tutte le altre opere galeniche. Non solo, ma si diffonde lungamente sulla peste di Atene del V sec. a.C., ma stranamente non fa parola di quella che colpì l’Impero romano sotto Marco Aurelio, di cui Galeno era medico personale. Infine, visto che circolavano sotto il suo nome opere non scritte da lui che gli venivano attribuite, sentì il bisogno di compilare un catalogo intitolato L’ordine dei miei libri, e in tale catalogo De usu partium non compare affatto.

Tutto ciò ha permesso al Dott. Fernando La Greca, ricercatore in Storia romana, del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Salerno, di spiegare che De usu partium dev’essere opera di un omonimo di Galeno vissuto molto prima di lui.

Sensibile è quindi la carenza di approfondimento e di serio studio che distingue le continue, ossessive, invettive e calunnie del PAG contro la Valtorta e il suo Divino Maestro: un atteggiamento che riceverà presto ulteriori sberle dalle ricerche del La Greca di prossima pubblicazione, che confermano in pieno la narrazione valtortiana.

La ormai proverbiale superficialità gramagliesca impregna l’ennesima, lunga e noiosissima nota (pp. 162-163) in cui il PAG si accanisce contro le frasi in lingue antiche riportate nell’Evangelo e che la veggente non trascrive con sufficiente precisione da soddisfare il grande tuttologo PAG.

Questa è bella! Questa è proprio bella! Ridi, popolo: hai mai provato a trascrivere parole pronunciate in una lingua straniera che non conosci? Cosa credi che ne venga fuori? Ma andiamo: proprio il fatto che le trascrizioni siano imprecise è una prova che la veggente si limitava a scrivere quello che sentiva nelle visioni.

Tralasciamo altre amenità del PAG, ma non si può che ridere di un’affermazione come questa (p. 163): “A Gesù vengono anche attribuite falsamente [sic] alcune dottrine ecclesiastiche, come quella secondo cui, dopo l’avvento del Verbo e dello Spirito, il suicidio di disperazione non è più perdonato da Dio, oppure la dottrina cattolica del Purgatorio.”

Ma quale può essere l’origine di tali dottrine se non la Tradizione? E da dove deriva la Tradizione se non dall’insegnamento di Gesù che non è stato tutto registrato nei Vangeli, ma tramandato oralmente per essere poi ripreso dai Padri della Chiesa e promulgato nei Concili? Ma per il PAG, visto che per l’ermeneutica ecc. ecc., Cristo non è Dio e le dottrine della Chiesa si sono formate per processo storico, magari il Salvatore non ne sapeva niente di come sarebbe stata la Chiesa futura.

Nella stessa pagina, imperterrito il PAG continua la sua arrampicata sugli specchi (ibid.): “Giuda viene fatto rimproverare dal Maestro per una frase nei riguardi di Erode che invece Lc 13, 32 mette proprio in bocca a Gesù.” Il testo di Luca dice: “Rispose loro: ‘Andate a dire a quella volpe: Ecco, io caccio i demoni e opero delle guarigioni, oggi e domani; e il terzo giorno avrò terminato’.” Nell’Evangelo valtortiano la frase di Gesù suona così: “(…) andate a dire a quella vecchia volpe che Colui che egli cerca è a Gerusalemme. Infatti io vengo cacciando i demoni, operando guarigioni senza nascondermi. E lo faccio e lo farò oggi, domani e dopodomani, finché il mio tempo non sarà finito.” (Cap. 363.9). Giuda non dice nulla in questo caso, ma parla invece in altra occasione, con espressione molto forte: “La vecchia volpe malvagia e lussuriosa.” Lo dice a freddo, senza provocazione, perché non vi è nessuna minaccia, in quel momento, mentre nell’altro caso vi era minaccia, dato che alcuni farisei erano venuti ad avvertire Gesù che Erode intendeva ucciderlo, e Gesù ammonisce Giuda: “Non giudicate. Vi è Dio che giudica (…).” (Evangelo 72.6). Evidente il tono misurato di Gesù in confronto alla furiosa invettiva dell’Iscariota suscitata solo dal fatto di aver visto alcune case che erano di proprietà appunto di Erode. Nelle sue smanie valtortofobe, il PAG ha evidentemente confuso i due episodi.

Ma che importa al PAG, visto che la dottrina cristiana non è per lui che un mito? Va infatti fabulando (pp. 163-164) che nell’Evangelo “è ripresa pure la spiegazione mitica del peccato originale della tradizione agostiniana: le singole anime sarebbero create da Dio senza peccato ma tale stato durerebbe solo un istante: un millesime di attimo, perché il peccato originale, contratto a contatto con la carne, le ucciderebbe immediatamente dopo il fulmineo istante creativo.” E si capisce: Sant’Agostino dava spiegazioni mitiche scaturite dal suo cervello, forse in stato di trance leggera. Una buffonata dopo l’altra. Come se dietro a Sant’Agostino non vi fosse la Tradizione, da lui interpretata col suo impareggiabile genio e la sua profonda fede. E chi è l’autore della Tradizione se non l’onnisciente Uomo-Dio?

Macché onnisciente, si tratta di anacronismi, sentenzia il PAG, e ne sbrodola una lunga, penosa lista, corredata dalle solite, deliranti, lunghissime note a pie’ di pagina (pp. 164-168). Vediamone solo qualche esempio. Gesù insegna e pratica la Confessione cattolica auricolare [e chi doveva istituirla, se non Lui?]; parla della Trinità in termini niceno-constantinopolitani, definendosi il Verbo di Dio consustanziale al Padre [e come doveva definirsi?]; spiega la radice di verità presente in tutte le religioni come “ricordo” dell’atto fulmineo in cui l’anima venne creata [che c’è di strano?]; prende posizione contro il conferimento del sacerdozio ministeriale alle donne [le donne preti o addirittura vescovi dei protestanti sono invece un bel progresso, vero?]; rivela l’esistenza del Purgatorio e del Limbo [con evidente fastidio del PAG e dei protestanti]; offre una perfetta trattazione tridentina sui Sacramenti [e ciò non vuol forse dire che il Concilio di Trento, ispirato dallo Spirito Santo, ha seguito la sacrosanta Tradizione e aveva dunque ragione in tutto e per tutto?]; sviluppa la dottrina del Papato secondo i canoni del Concilio Vaticano Primo [vale quanto detto sul Concilio di Trento]; e quella del Corpo Mistico, secondo la nota enciclica di Pio XII [un grande Papa che sta sullo stomaco al PAG, così come, evidentemente, gli pesa la dottrina del Corpo Mistico].

Ma l’odio più viscerale del PAG – quello che veramente rivela lo stato della sua fede e della sua anima – si scatena contro la Vergine Maria: Gesù, al quale, come abbiamo visto, l’illuminato tuttologo ha diagnosticato la schizofrenia e che ha gratificato di innumerevoli bestemmie, “si concede ad un madonnismo (sic!) di bassa lega, asserendo che il Paradiso sarebbe incompleto se Dio non vi potesse contemplare quel Giglio vivo che è Maria” (p. 166); proclama il dogma di Maria corredentrice (…) e dichiara sua madre la Madre dei redenti (…)” e via di questo passo.

Si direbbe che tutte le verità sacrosante intorno alla Madonna, che consolano il credente, siano invece fuoco d’inferno per quest’anima di prete che non può sopportarle, e le riferisce con malcelato disgusto e col sottinteso che si tratti solo di sciocchezze.

In una delle solite fluviali e deliranti note (pp. 167-168) il PAG insiste: “Il madonnismo di cattivo gusto cresce a partire dall’ottobre 1947”, e fra gli esempi di tale cattivo gusto il PAG annovera l’esortazione a dire il Rosario: hai proprio ragione, caro PAG, a detestare il Rosario: infatti è la preghiera più efficace contro i demoni. E quindi prosegue: “il 23 ottobre 1947 eccoti arrivare Gesù che, col suo solito infallibile fiuto pontificio (sic!), ordina di celebrare un Anno Santo con la definizione del dogma dell’Assunzione di Maria. Era proprio quello che Pio XII desiderava! [ecco un Papa sul quale il PAG non manca ad ogni occasione di riversare le sue frustrazioni] (…). E siccome tutti avevano preso la malattia (sic!) della devozione a Maria, la Valtorta il 30 ottobre 1947 crede di essere dotata di poteri straordinari per averlo intuito (…).”

Al disprezzo per la devozione mariana, il PAG unisce evidentemente una profonda stizza nel constatare l’accordo degli Scritti valtortiani con il Magistero della Chiesa.

Il blabla gramagliesco continua con la solita solfa (p. 168): “Affetta da narcisismo, oltre che da allucinazioni, il venerdì 3 marzo 1944 Maria Valtorta si fece dire da Gesù che i luoghi santi della Palestina, descritta nel romanzo da visionaria (…) erano veramente autentici, così come li vedevano i contemporanei dello stesso Gesù (…) perché gli ambienti della Terra Santa, dopo venti secoli di profanazioni, non erano più quelli che erano stati santificati dalla sua divina presenza (…)”.

E con ciò? La Terra Santa è stata calpestata da innumerevoli eserciti, saccheggiata, rasa al suolo e il tutto ricostruito in sempre nuovi stili; e chi potrebbe aspettarsi di ritrovarla come la vedeva il Salvatore? Ma anche un fatto ovvio come questo urta i delicati nervi del PAG valtortofobo, che rincara la dose (ibid.): “Il 4 giugno 1945 Gesù le fece vedere come era la spiaggia del lago di Tiberiade presso Corozim, prima dell’interramento dovuto alle alluvioni bimillenarie; la rivelazione si concluse con un insulto ai biblisti e agli archeologi.” In realtà Gesù è sempre ben lontano dall’insultare alcuno: si limita a parlare, ben a proposito, di “dottori difficili”.

Ecco il brano originale (Evangelo, Cap. 179.1): “Ora la città non sembra più sulle rive del lago, ma un poco in dentro nel retroterra. E ciò sconcerta gli studiosi. La spiegazione si deve cercare nell’interramento del lago da questa parte, dovuto a venti secoli di terriccio depositato dal fiume e ad alluvioni e frane scese dai colli di Betsaida. Allora la città era proprio all’imbocco del fiume nel lago, e anzi le barche più piccole, e nelle stagioni più ricche d’acque, risalivano per un buon tratto, fino a quasi l’altezza di Corozim, il fiume stesso, che serviva però sempre da porto e ricovero sulle sue rive alle barche di Betsaida nei giorni di burrasca del lago. Questo non per te, alla quale poco importa, ma per i dottori difficili.”

Ecco di nuovo i delicatissimi nervi dell’erudito biblista sussultare al minimo urto che metta in forse l’infallibilità della sua “scienza”, che diguazza nel greco biblico e nell’ebraico ma è piuttosto a secco in fatto di geografia fisica e geomorfologia, discipline che confermano in pieno la plausibilità di quanto Gesù spiega nel brano riportato sopra.

 (continua)


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