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LA GRAMAGLIADE

ovvero

EPOPEA DI UNO SPIRITISTA NEMICO DI MARIA VALTORTA

 

CAPITOLO QUARTO

BESTEMMIE SUL GESÙ STORICO

Tredicesima puntata

E bravo Gramaglia preso in castagna: il tuo bersaglio non è la Valtorta, sono proprio i fondamenti della Fede che vuoi distruggere 

 

Ritornando alle amenità del PAG, ecco altri tentativi di cogliere in castagna la veggente, insinuando che sarebbe caduta in anacronismi (ibid.): “Gesù fa già bei discorsi sulla veste talare dei sacerdoti; Lazzaro descrive persino il cilicio usato poi sotto le vesti dei penitenti medievali. Passeggiando con l’amico a Betania Gesù spiega la Messa cattolica romana, secondo la terminologia tridentina, e la necessità della presenza della Madonna ai piedi della croce.”

L’Uomo-Dio parla profeticamente del futuro e al PAG questo dà un immenso fastidio, perché tutta la sua ermeneutica (laicista e ordinata a dimostrare che l’Uomo-Dio non è Dio) punta in tutt’altra direzione: in un minuzioso scrutare di testi polverosi dove si dice che la tal cosa è registrata solo dall’anno tal dei tali. Quanto al cilicio, chi gliel’ha detto che non poteva essere usato prima del medioevo?

E ora giungiamo a un punto particolarmente interessante (p. 161): l’elenco delle presunte “idiozie” del testo valtortiano. Una di queste “idiozie” sarebbe il fatto che Gesù passi “in rassegna salmi e profezie, dimostrando che tutta la sua vita, dalla nascita alla passione [notare la minuscola] era stata predetta fin nei minimi dettagli.” L’implicazione è che la Passione non è affatto profetizzata nell’Antico Testamento.

E allora come la mettiamo con i circa quattrocentomila ebrei “messianici” viventi in Israele (circa il 7% della popolazione totale, e in aumento)? Gli ebrei “messianici” si chiamano così perché, studiando l’Antico Testamento, senza alcun aiuto esterno di missionari o altri, sono giunti alla conclusione che il Messia era proprio Gesù, esaurientemente descritto da “salmi e profezie”. Centinaia di migliaia di ebrei sono arrivati di forza propria dove il “prete cattolico” Pier Angelo Gramaglia non è arrivato. Una volta di più, ecco gettata la maschera: il bersaglio del PAG non è la Valtorta, ma i fondamenti stessi della Fede.

E naturalmente non può mancare una frecciata alla Santa Vergine (ibid.): “La Madonna nel sepolcro di Gesù dovendo fungere da Sacerdotessa davanti al cadavere del figlio [notare la minuscola] si mette a recitare in latino [sic] un bel pezzo di canone romano della messa! [notare anche qui la minuscola]”. Non la Madonna, ma la Maddalena, su richiesta della Santa Vergine, recita il brano di Isaia sulla Passione. Si direbbe che la terribile descrizione dell’angoscia di Maria (Evangelo, Cap. 610, 5-14) dia tanto fastidio al PAG da indurlo ad errori più grossolani del solito.

Ma per carità, non è il PAG a sbagliarsi, è Dio. Ecco, infatti (ibid.): “A dire il vero, nelle visioni soprannaturali concesse alla Valtorta Dio commette qualche imbecillità più grossolana.” A questa bestemmia segue una serie di esempi di “imbecillità” divina accumulati dal PAG nella sua malsana fantasia fabulatrice.

Uno solo di questi merita qualche commento: “Gesù bambino in Egitto gioca a fare il lago di Genezaret e vi disegna attorno Tiberiade, Magdala e Cafarnao. Ora la città di Tiberiade a quel tempo non esisteva affatto, perché venne fondata da Antipa verso il 17 d.C. Da adulto poi Gesù identifica Sichem con Neapolis (…) mentre non solo tale identificazione è tutt’altro che sicura ma la città con tale nome pare essere stata definitivamente costruita solo da Vespasiano e quindi assai più tardi.”

Qui il PAG fa una bella confusione tra Sichem-Neapolis e Flavia Neapolis, oggi Nablus veramente fondata da Vespasiano presso Sichem ma non al posto della precedente città, alla quale i romani, dopo aver annesso la Giudea nel 6 d.C., avevano dato il nome di Neapolis, così come cambiarono il nome di parecchie città esistenti, anche se, comprensibilmente, il nuovo nome imposto dai dominatori non divenne di uso comune.

Il caso di Tiberiade è più complesso: anche se la città di quel nome non esisteva al tempo dell’infanzia di Gesù, sul sito, di evidente interesse strategico, esisteva un villaggio di nome Rakot. Il Bambino potrebbe aver disegnato quello e la Valtorta potrebbe averlo prematuramente identificato come Tiberiade. È significativo che la veggente non riporti in proposito parole di dialogo, ma un discorso indiretto che avrebbe riferito commettendo un errore umano di quelli che troviamo anche nei Vangeli canonici, in parti (non ci stanchiamo di sottolineare) non significative per la dottrina.

(continua)


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