ORO O LATTA: QUESTO È IL PROBLEMA
Abbiamo deciso di premiare con opportuni segni del nostro apprezzamento le opere letterarie e cinematografiche che hanno attratto il nostro interesse. Questa rubrica viene aggiornata quando ci pare e il nostro giudizio è inappellabile.
I TRIGOTTI
Assolutamente meritevole del più alto riconoscimento ci è apparso questo film:
DAS LEBEN DER ANDEREN (“La vita degli altri”, regista, soggettista e produttore Florian Henckel von Donnersmarck).
Segue un commento di Emilio Biagini:
Sulle atrocità del regime poliziesco comunista nella cosiddetta Repubblica “Democratica” Tedesca esiste ormai un’ampia letteratura. Stanno inoltre apparendo anche film, fra i quali “La vita degli altri” può senz’altro considerarsi il capolavoro. Poche pellicole rendono in modo così crudo ed efficace l’atmosfera opprimente, le calunnie, le minacce, l’intimidazione continua, lo stupro dell’esistenza altrui, la disgregazione della personalità delle vittime dell’ossessivo sistema inquisitorio comunista della Stasi, al servizio non solo dell’astratta ideologia e degli interessi della nomenklatura comunista parassita, ma anche delle voglie oscene di singoli maiali della nomenklatura stessa. Il sistema era perfettamente capace di ridurre chiunque fosse preso di mira, colpevole o innocente delle accuse di “attività antisocialiste”, ad una larva pronta a collaborare. Se le pressioni dirette non bastavano, gli inquisitori del regime ricorrevano a minacce e misure persecutorie contro le persone care dell’accusato.
In tale orrendo quadro, una minuscola scintilla di speranza è rappresentata dall’umanità di un singolo agente della Stasi (sigla HMW XX/7), che rischia la vita per proteggere uno scrittore perseguitato, il quale riesce così a sopravvivere e ad arrivare fino alla liberazione, ossia al crollo del Muro di Berlino (novembre 1989). Si sospetta, a ragione, che lo scrittore sia l’autore di un articolo, pubblicato in Occidente, che denuncia lo spaventoso numero di suicidi sotto il regime comunista, eloquente indice delle condizioni atroci e senza speranza in cui vivono i sudditi della feroce e corrotta dittatura. Ma il regime riesce ugualmente a lasciare il segno. La compagna dello scrittore, perseguitata perché cerca di sottrarsi alle voglie di un ministro del regime, finisce per tradire il suo compagno, si getta sotto un camion e muore.
E il ministro persecutore, dopo la caduta del Muro, viene in qualche modo chiamato a rispondere dei suoi delitti? Ma no: lo si vede ancora girare in perfetta salute. Non è stato purtroppo trascinato davanti ad alcun tribunale di Norimberga. E ciò rispecchia perfettamente la situazione odierna. Infatti, mentre il governo della Germania riunificata largisce la misera somma di settecento milioni di euro l’anno divisa in tanti rivoletti per pagare piccole pensioni ad alcune delle numerosissime vittime del regime comunista dell’ex Germania Est (moltissime non hanno neppure questo misero sostegno), ne spende ben tre miliardi in pensioni agli ex criminali comunisti.
Non solo, ma una diffusa nostalgia per il regime comunista della Repubblica “Democratica” appare evidente sia nell’Est che nell’Ovest della Germania, man mano che i ricordi della dittatura recedono nel passato e tendono ad essere dimenticati, offuscati dai miti del consumismo. Questo film è un utile memento per chi vuol dimenticare o si trincera dietro la facile frasetta di circostanza: “quello non era comunismo”. E allora cos’era? E, quando i regimi dell’Est perpetravano le loro atrocità e annegavano nel pus della loro corruzione, che facevano i candidi “democratici” di oggi? Da che parte stavano?
EMILIO BIAGINI
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