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MONS. GHERARDINI: SGUARDI DISTRATTI ALLA VALTORTA

“Gradirei ricevere commenti da Padre Lanzetta e da altri detrattori della Valtorta”, concludeva la mia ultima nota sull’argomento, pronto peraltro a cambiare opinione sulla Valtorta stessa e a sottomettermi ad un autorevole e motivato giudizio negativo su di essa. La Chiesa, infatti, rappresenta senza dubbio l’unica Autorità preposta a vigilare sulla dottrina e la morale.

Qualche altro detrattore si è effettivamente fatto vivo, ed è stata un’autentica delusione. Speravo in prove argomentate sulle quali meditare, ed eventualmente iniziare una seria e interessante discussione, magari cambiare opinione. Invece l’ultima nota pubblicata sull’argomento da “Riscossa Cristiana” non ha fatto che riproporre stanche ripetizioni, basate su una conoscenza dell’argomento a dir poco approssimativa.

Scrive infatti testualmente, Mons. Brunero Gherardini: “Ricordo che tanti e tanti anni fa mi venne rivolta la domanda che ora ricevo da voi [ossia dalla Redazione di “Riscossa Cristiana”, formata dall’esimio Dott. Paolo Deotto e dal chiarissimo Prof. Piero Vassallo – N.d.R.]. Non ne sapevo nulla. Per rispondere dovetti chiedere ad una Suora i volumi del caso (dieci? dodici? non ricordo). Detti uno sguardo a tutti” [sic!].

Complimenti per la capacità di sintesi, a parte una lieve confusione sul numero dei volumi: gli altri due non esistono, ma senza dubbio un lettore così fulmineo si sarebbe mangiati in un boccone anche quelli, se ci fossero stati. Ecco un lettore tipo “Predator” che, con uno sguardo, riesce a captare dieci volumi, dunque con quattro sguardi assimila tutta la Treccani e con dieci l’intera Biblioteca Nazionale di Firenze.

Al fulmineo “sguardo” segue un frettoloso, superficialissimo giudizio basato su impressioni del tutto soggettive, non sostenute da alcuna giustificazione ragionata e senza citazione dei passi che conforterebbero tale giudizio: “Ripetitivi fino alla stanchezza e pervasi di soprannaturalismo a buon mercato… Ricordo che, leggendo la Valtorta, avevo un moto di repulsione [addirittura!] sia per le integrazioni ‘storiche’ e le presunte precisazioni relative al racconto evangelico, sia perché dando credito ad esse s’antepone all’unica Rivelazione pubblica quella — supposto che sia autentica — puramente e solamente privata.”

Ma chi ha mai detto di voler “anteporre”? Se mai si tratta di “completare”, dato che se Gesù avesse detto solo quello che è riportato nei Vangeli canonici, le Sue prediche sarebbero durate trenta secondi. Sicuramente parlava molto più a lungo, tanto che il popolo continuava a seguirlo per giornate intere. E proprio alla fine del Vangelo di san Giovanni non si dice forse che se si scrivesse tutto ciò che fece Gesù il mondo intero non basterebbe a contenere tutti i libri che si dovrebbero scrivere?

“Anteporre”? Chi si è mai sognato? Se qualcuno ha cercato di farlo, Mons. Gherardini ne dica nome, cognome, e in quale braccio del manicomio costui sarebbe ricoverato. Cosa c’entra col presunto “anteporre” la semplice affermazione che una rivelazione privata ha tutte le caratteristiche dell’autenticità, dato che parla di cose che l’autrice non poteva umanamente sapere?

Ricordiamo che, in una precedente nota, sempre su “Riscossa Cristiana”, Padre Lanzetta ha tentato almeno di spiegare, sia pure in modo estremamente ingenuo, “le tantissime e precise indicazioni geografiche, topografiche, storiche, di usi e tradizioni dell’epoca”, affermando che esse non sarebbero altro che la dimostrazione di “un’opera esimia” (come se un autore, per quanto “esimio”, potesse scrivere quello che non sa!).

Niente “moto di repulsione”, dunque, per Padre Lanzetta, ma una posizione totalmente opposta a quella gherardinica, di apprezzamento dell’opera dell’autrice, ma solo per scantonare sul problema principale: in entrambi i casi, infatti, i detrattori propongono le loro impressioni soggettive, senza badare alla sostanza dei fatti, e, se hanno letto qualcosa della Valtorta con un minimo di attenzione, sanno nasconderlo molto bene (Gherardini, anzi, confessa di aver dato solo “uno sguardo”). Fra l’altro, costoro parlano esclusivamente de “L’Evangelo come mi è stato rivelato”, trascurando tutta una serie di altri importanti scritti che l’autrice ha vergato sotto dettatura, e che contribuiscono non poco a dimostrare l’autenticità di questa rivelazione privata.

Ma chi ha saputo divorare dieci volumi con uno sguardo ha di meglio da fare, e infatti lo vediamo passare gagliardamente allo sfondamento di porte aperte col bulldozer. Scrive infatti il Gherardini: “La Rivelazione con la ‘R’ maiuscola terminò con la morte dell’ultimo apostolo; quelle che in seguito ogni tanto si verificano, se vere, riguardano soltanto la persona interessata, non la Chiesa, depositaria, custode e maestra dell’unica Rivelazione.”

Ma chi si sogna di negarlo? Sta forse parlando ad eretici che farneticano di un quinto, sesto, settimo, ennesimo “vangelo”? Fra quanti credono alla rivelazione privata alla Valtorta alligna forse la miscredenza e il rifiuto dei Vangeli canonici? Ma quando mai? Dove sono le prove di ciò? Chi sono questi eretici, questi fanatici, questi sviati con urgente bisogno dello psichiatra? Ci dia nomi e indirizzi.

Invece di rampognare chi crede alla Valtorta, non sarebbe meglio smetterla con le concioni pseudoteologiche basate sui vangeli apocrifi, che sono diventate così di moda fra gli esimi teologi dopo il Concilio Vaticano II? Non sarebbe meglio cercare di contrastare la ferale tendenza a “smitizzare” i Vangeli, ridicolizzando i miracoli?

Poco tempo fa, ho sentito un’omelia nella quale il sacerdote spiegava la moltiplicazione dei pani e dei pesci come “miracolo della condivisione” (“Ehi tu, tira fuori le merendine dallo zainetto!”) invece che con il vero miracolo che, secondo l’esimio predicatore sarebbe “in contrasto con la legge fisica di conservazione della massa” (sic!). Manca solo che invitiate a predicare Odifreddi. Perché non vi occupate degli eretici autentici che stanno dentro la Chiesa, invece di perseguitare la Valtorta anche da morta?

Né si può assolutamente accettare che una rivelazione privata autentica riguardi “soltanto la persona interessata”. È pur sempre un messaggio celeste e va comunicata agli altri. Non è forse motivo di edificazione per tutti? O dobbiamo gettare a mare la Emmerick che, in tempi meno aspri e vigliacchi di quelli attuali, la Chiesa ha riconosciuto? Dobbiamo gettare a mare Anna Maria Taigi, che vedeva i destini delle anime, e riferiva che gente semplice saliva direttamente al cielo, mentre preti e prelati precipitavano all’inferno? Fra l’altro, se la Taigi aveva un sole luminoso davanti al suo sguardo, la Valtorta, negli ultimi anni, godeva di un dono simile che la mandava in estasi.

A proposito di rivelazioni private, forse che la Santa Vergine, nelle sue migliaia di apparizioni, diceva ai veggenti: “Eh… mi raccomando, che la cosa resti tra noi; che non si sappia in giro che sono apparsa qui”? Se così fosse, avremmo le migliaia di santuari sparsi in tutto il mondo? Ogni volta la Madonna si è rivolta al veggente ordinandogli di andare dai preti e di comunicare il Suo messaggio, come a Guadalupe, a Lourdes, e praticamente ovunque. La prima reazione del clero era naturalmente di dubbio e di incredulità, come è giusto e prudente. Poi, se l’esame dei fatti confermava che la visione era autentica, questa veniva accettata.

L’esame dei fatti: ecco la chiave di tutto. Non lo stile letterario, non le reazioni di stizza nervosa, assolutamente soggettive, dopo “uno sguardo” dato al testo. Se il metodo di mons. Gherardini venisse applicato in un processo (penale o civile, poco importa), la sentenza verrebbe emessa ignorando in modo assoluto le prove, e soltanto in base allo stile con il quale sono vergate le carte (“In nome della legge: dichiariamo l’imputato colpevole perché il suo avvocato ha fatto quattro errori di grammatica e ha una brutta calligrafia.”). Passare in rassegna le prove a favore della Valtorta richiederebbe un intero volume (tranquilli, arriverà anche quello), mentre adesso preme piuttosto esaminare il singolare metodo gherardiniano.

Fedele alla sua tendenza a sfondare porte spalancate, mons. Gherardini continua, anche se in una prosa non proprio chiarissima (forse il bulldozer si era un po’ inceppato): “La Chiesa non condanna le rivelazioni private in quanto tali [sic! molto obbligati]; caso mai, e dopo seri esami, solamente quelle di dubbia consistenza soprannaturale; ma anche quando le approva, non le fa sue, ossia non le rende obbligatorie [sic! chi ha mai sostenuto il contrario?]. Dice soltanto che ‘consta — oppure non consta — della loro soprannaturalità’. Questo giudizio, peraltro, non è frequente, per la ragione che il soprannaturale non si ha ad ogni stormir di fronda [sic! confesso di non aver sentito stormire alcuna fronda mentre leggevo “L’Evangelo come mi è stato rivelato” e tutte le altre numerose opere della Valtorta; eppure leggevo attentamente, non mi limitavo a lanciare “sguardi” coi “rai fulminei” qua e là]. Con i suoi interventi, positivi o negativi, la Chiesa lo cautela [sic! chi cautela? chi viene cautelato! a chi si riferisce questo “lo”? allo stormir di fronda? al soprannaturale? al giudizio?] contro facili esaltazioni [sic! pare tuttavia che esista anche un’esaltazione negazionista a tutti i costi, di cui hanno fatto le spese anche suor Faustina Kowalska e Padre Pio]. Chi ritiene che la Valtorta abbia davvero ricevuto una rivelazione è un esaltato? anzi un povero disgraziato, soggetto ad esaltarsi con facilità, un demente? Ubi est charitas? Se non carità, almeno un po’ più di rispetto, per favore.

Conclusione fulminante del Gherardini: “Per un buon cattolico, dunque, il giudizio della Chiesa dovrebbe chiudere definitivamente la questione.”

Basta: per essere “buoni cattolici” dovete credere che la Valtorta non abbia ricevuto alcun dettato soprannaturale. E poiché ha sempre dichiarato di scrivere sotto dettatura celeste (e ciò le ha fruttato persecuzioni a non finire da parte del clero), delle due l’una: o (1) era un’imbrogliona (ma a che scopo? per farsi perseguitare?) o, se in buona fede, (2) una pazza (e non sembra proprio che lo fosse, anzi tutta la sua vita dimostra piena razionalità e virtù eroiche). Tertium non datur.

I negatori abbiano dunque il coraggio di andare fino in fondo nel loro negazionismo e si sforzino di dimostrare che la Valtorta era imbrogliona o pazza, con un giudizio seriamente motivato da prove, se ci riescono, non con “sguardi”. E finché non ci saranno riusciti, la smettano di insultare tutti quelli che le credono, bollandoli come fanatici e minus habentes.

Una piccola domanda: dato che la devozione alla Divina Misericordia di Suor Faustina Kowalska era stata vietata nel 1959, se si credeva che la suora polacca fosse ispirata non si era dunque “buoni cattolici”? Pochi anni dopo Giovanni Paolo II capovolgeva questo giudizio negativo e rimetteva in onore questa salutare devozione. Contrordine: “si può essere buoni cattolici.” Allora si è “buoni cattolici” a corrente alternata?

La Chiesa aveva drasticamente e ufficialissimamente condannato Padre Pio, fino a togliergli la pubblica celebrazione della Santa Messa, e fino all’edificante episodio dei microfoni spia installati nel suo confessionale. Ora è santo, e uno dei più grandi che la Chiesa abbia mai avuto. Chi erano, in questo caso, i “buoni cattolici”? forse quelli che gli hanno collocato i microfoni spia nel confessionale?

Il giudizio della Chiesa sulla Valtorta dovrebbe, secondo il Gherardini, “chiudere definitivamente la questione… perfino nel caso che sulla Valtorta la Chiesa non si fosse mai pronunciata” [sic!].

Ossia la questione dovrebbe essere definitivamente chiusa anche se la Chiesa non avesse detto nulla! I “buoni cattolici” avrebbero dovuto procedere da soli all’autodafé: silenzio, della Valtorta non si parla, sia o non sia condannata dalla gerarchia. Si condanna da sola, per il solo fatto di esistere. Non fosse mai nata, l’avessero strangolata in culla, fosse nata senza mani. Esclusione automatica, carcerazione ai Piombi, combustione spontanea, scomparsa in alto mare, damnatio memoriae.

Continua il Gherardini, ormai lanciato: “Se così fosse [sic; “così fosse” cosa? se la Chiesa non si fosse mai pronunciata? ma che vuol dire?], si dovrebbero applicare alla Valtorta, ‘per analogia’, giudizi ufficialmente pronunciati per altri casi.”

Quali giudizi? Quali altri casi!? Per analogia con che cosa? In base a quali criteri di confronto?

È così che si analizza in modo argomentato, credibile e persuasivo? È così che si proteggono e si istruiscono i fedeli?

Veniamo ai due “documenti allegati” dall’esimia Redazione di “Riscossa Cristiana”, che non ha proprio trascurato nulla per seppellire la molesta Valtorta e l’insopportabile sottoscritto (dopo averlo sollecitato con insistenza a scriverne).

Uno di tali documenti è una lettera della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (Prot. N. 144/58. Roma 31 gennaio 1985), a firma dell’allora Cardinale Ratzinger, in risposta ad una lettera del grande e santo Cardinale Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, del quale è ben noto che sinceramente e a ragion veduta credeva alla Valtorta. In tale lettera si legge che l’opera della Valtorta stessa “fu posta all’Indice il 16 dicembre 1959 e definita dall’Osservatore Romano del 6 gennaio 1960, ‘Vita di Gesù malamente romanzata’” e che, “dopo l’avvenuta abrogazione dell’Indice, sempre sull’Osservatore Romano (15 Giugno 1966) si fece presente quanto pubblicato su A.A.S. (1966) che, benché abolito, l’Index conservava tutto il suo valore morale, per cui non si ritiene opportuna la diffusione e raccomandazione di un’Opera la cui condanna non fu presa alla leggiera ma dopo ponderate motivazioni al fine di neutralizzare i danni che tale pubblicazione può arrecare ai fedeli più sprovveduti.”

Ma quali siano le “ponderate motivazioni” non ci viene spiegato, né viene citato alcun passo “pericoloso”. Neppure è indicato quali danni la pubblicazione potrebbe arrecare ai fedeli, né tanto meno viene riportato alcun caso di fedele sprovveduto che avrebbe riportato “danni”.

L’altro documento è una lettera del 14 giugno 1966 del Cardinale Ottaviani, pro-prefetto per la Dottrina della Fede, il quale, “dopo aver interrogato il beatissimo Padre [Paolo VI], comunica che l’Indice rimane moralmente impegnativo, in quanto ammonisce la coscienza dei cristiani a guardarsi, per una esigenza che scaturisce dallo stesso diritto naturale, da quegli scritti che possono mettere in pericolo la fede e i costumi; ma in pari tempo avverte che esso non ha più forza di legge ecclesiastica con le annesse censure.”

Chiarissimo: l’Indice è abolito ma rimane in vigore. Perfetto stile conciliare degno della Sibilla: “Ibis redibis non morieris in bello”. Come può restare in vigore un istituto abolito? Se andava mantenuto in vigore, perché l’avete abolito? E se l’avete abolito, come fate a pretendere che la gente ne tenga conto? Avete mai sentito parlare di rispetto per i fedeli, ai quali occorrerebbe parlare in modo chiaro e lineare, non per contorcimenti curialeschi? Non sarebbe meglio applicare la massima: “il vostro parlare sia ‘sì sì’, ‘no no’; tutto il resto viene dal maligno”? E chissà perché, con questi sistemi, l’influenza della Chiesa al giorno d’oggi ha subito (purtroppo) un drastico declino?

Ma anche in passato non sono purtroppo mancati veri e propri disastri causati dai chierici della Chiesa, “depositaria, custode e maestra dell’unica Rivelazione”. Un esempio è quello del Papa Giovanni XXII (1316-1334), il quale “sui tempi di attuazione della ‘visione beatifica’ per i morti in grazia di Dio, dichiarò che essa sarebbe stata raggiunta non subito dopo la morte, ma alla resurrezione dei corpi…” (RENDINA C., I Papi, storia e segreti, Roma, Newton & Compton, 2005, p. 526). Era addirittura il Papa a parlare. E i “buoni cattolici” che dovevano fare? Credere al Papa? credere a quelli che lo accusavano di eresia? giocare a testa e croce?

Purtroppo i peccati dei chierici hanno contribuito non poco ad alimentare l’anticlericalismo. Per quanto mi riguarda, non ho esitato, dalla cattedra, a difendere la Chiesa più che ho potuto. Ho detto e scritto che la Chiesa, nel caso di Galileo, come in molti altri, aveva ragione: la teoria galileiana conteneva ancora molti errori, ad esempio riguardo alle maree, e venne usata per minare la tradizione cattolica; inoltre non fu tanto la Chiesa a pretendere di parlare di fisica quanto Galileo che pretese di pontificare di teologia.

Ho insegnato che il vero fondatore della fisica fu Robert Grosseteste (1175-1253), vescovo di Lincoln, il quale per primo utilizzò la geometria per comprendere i fenomeni ottici e lasciò una brillante scuola di studiosi nella quale si distinsero, fra gli altri, Nicola Oresme e Ruggero Bacone. Senza la Chiesa non avremmo la scienza (e quindi neppure Galileo), non avremmo gli ospedali, la dinamizzazione della società e dell’economia. I pensatori tardoscolastici, come Tomás de Mercado (1500-1575), esponente della scuola di Salamanca, evidenziarono le radici cattoliche dell’economia di mercato. Già nel 1631, le opinioni realmente illuminate dominanti nella Chiesa cattolica, in fatto di giustizia criminale, furono espresse in un libro dal titolo Cautio criminalis, del Padre gesuita Friederich Spee: gli illuministi non fecero che scopiazzarlo e accusare la Chiesa di colpe inesistenti.

Per aver difeso la Chiesa sotto questi ed altri punti di vista, incluso il problema dell’assalto pederastocratico alla morale e all’integrità dell’essere umano (vedi il mio testo Ambiente, conflitto e sviluppo, Genova, Edizioni Culturali Internazionali, 2a ed., 2007), sono stato perseguitato negli ultimi due anni e mezzo passati all’università prima della pensione. Un preside ultrasinistro voleva costringermi con urla, calunnie e minacce a ritirare il mio libro di testo e mi aveva scatenato contro giornali e radio, con articoli e interviste insultanti, ma il libro è rimasto al suo posto anche dopo il mio pensionamento. Il preside no: ha dovuto dimettersi dopo soli due anni di presidenza.

Se Lanzetta, Gherardini, ed eventuali altri detrattori della Valtorta che invito cordialmente ad unirsi alla diatriba per vivacizzarla almeno un po’ (dato che far polemica contro chi giudica i libri con “uno sguardo” è come sparare sulla Croce Rossa), se costoro, dicevo, faranno qualche ricerca su internet, troveranno i torrenti di insulti che mi sono stati scaricati addosso. Non ho mai cercato liti, ma se mi ci trovo sono pronto ad applicare l’ammonimento di Polonio al figlio Laerte nell’Amleto: “Beware the entrance to a quarrel; but being in it bear thy opponent may beware of thee.” Chi divora volumi con uno sguardo non avrà la minima difficoltà a tradurre la frase shakespeariana.

Confesso di amare la verità, e questo non è il miglior modo per evitare i contrasti. Amando la verità ho sempre difeso la Chiesa, della quale sine differentia discretionis accetto tutti i dogmi, e tutti quegli avvertimenti pastorali che appaiano fondati sui fatti e spiegati in modo persuasivo.

Pubblicando su Maria Valtorta, “Riscossa Cristiana” ha dato l’avvio ad una discussione che, come ha scritto la Redazione della rivista stessa, ha suscitato “un vivo interesse sull’argomento, unito però a una pluralità di giudizi, spesso discordanti”. La stessa Redazione ha successivamente creduto di rafforzare l’artiglieria anti-Valtorta interpellando Mons. Gherardini, il quale ha ritenuto opportuno rispondere nel modo persuasivo ed efficace che abbiamo visto.

Un particolare ringraziamento va al professor Piero Vassallo. È stato proprio lui a sollecitarmi insistentemente perché scrivessi sulla Valtorta. “Sarebbe un atto di carità scrivere un articolo del genere”, mi ha detto più di una volta, ed ha pure proposto di tenere “un congresso su Maria Valtorta”. L’idea del congresso è tutt’altro che cattiva: ad esso si potrebbero invitare specialmente i detrattori, per un franco ed aperto dibattito pubblico, magari con la televisione, al quale sarei lietissimo di partecipare.

Cedendo alle amichevoli insistenze di Vassallo, sul sito “Riscossa Cristiana” ho pubblicato “Mistica e misconosciuta: il caso di Maria Valtorta”: lo scritto che ha dato fuoco alle polveri.

Peccato però che, appena apparso il mio articolo, la Redazione (composta, come abbiamo visto, dall’esimio Dott. Paolo Deotto e dallo stesso chiarissimo Prof. Piero Vassallo) della sullodata “Riscossa Cristiana” abbia assunto un atteggiamento unilateralmente negativo e partigiano, tanto che, avendo rilevato la citata “pluralità di giudizi, spesso discordanti” sull’argomento, ha dato spazio solo alle voci contrarie alla Valtorta (e a me), guardandosi bene dal pubblicare il minimo parere favorevole (eppure la gente ben disposta verso la Valtorta non manca di certo), e tanto più guardandosi dall’invitare il sottoscritto a difendere il proprio punto di vista, anzi qualificando come “autorevoli” le asserzioni assolutamente non convincenti dei detrattori. E, chissà perché, dopo l’inizio della disputa, il Prof. Vassallo non ha più parlato di congresso o di altre iniziative valtortiane, ma ha più volte dichiarato di non sapere nulla della Valtorta.

(A dire il vero, successivamente, e con ogni probabilità pungolato dalla precedente versione di questo articolo, Vassallo ha scritto su internet proponendo “un congresso sulla Valtorta”, dichiarandosi in pari tempo del tutto ignorante sull’argomento. Abbiamo così il singolare fatto di uno che, ignorante per sua stessa confessione di un certo tema, propone un congresso sul medesimo tema: congresso che evidentemente non sarebbe in grado di gestire a causa della sua ignoranza. Siamo veramente alla comica finale.)

Tornando al vergognoso comportamento della redazione di “Riscossa cristiana”, è ben noto che, quando qualcuno viene pubblicamente attaccato su un giornale, la civiltà e l’etica professionale impongono che il giornale inviti la persona coinvolta a rispondere sul giornale stesso. A maggior ragione, questo avrebbe dovuto essere fatto vista la mia consolidata attività di collaboratore di “Riscossa Cristiana”. Collaboratore, si noti, non perché abbia mai chiesto di poter collaborare al prestigiosissimo foglio, ma perché espressamente e più volte invitato dai redattori a fornire “collaborazione” e altri appoggi alla “buona causa”.

Con una gestione meno bulgara e ottusa, la sullodata rivista online, grazie all’interesse suscitato da questa polemica, avrebbe potuto ospitare un dibattito equilibrato, attraendo lettori e aumentando un poco d’importanza.

Stando così le cose, mi servirò di altri canali per difendere la povera Valtorta, perseguitata da chierici superficiali e da laici incompetenti, in vita e in morte, non meno di Padre Pio. Chi me la fa fare? Perché lo faccio? Perché amo la verità, ad ogni costo.

EMILIO BIAGINI


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