IL VERO MOTIVO DELLA RIVELAZIONE PRIVATA A MARIA VALTORTA
Nel 1947, in una pagina (riportata nella corrispondenza tra Maria Valtorta e Mons. Carinci), e destinata al Santo Padre, il quale probabilmente non l’ebbe mai, Cristo esortava il Papa ad usare l'”Evangelo come mi è stato rivelato” per controbattere le ideologie atee dilaganti: l’Opera, “resa completa e gradevole, era pensata in modo da raggiungere quelle anime che non avrebbero in alcun altro modo letto i Vangeli”. In altre parole, si trattava di un prezioso strumento per avvicinare alla Verità evangelica coloro che ne sarebbero altrimenti rimasti per sempre lontani.
Una divina “astuzia” per salvare le anime, dunque, non un “quinto Vangelo”, non una “vita romanzata di Gesù”, come amano definire l’Opera gli assidui cultori della superficialità, ma un espediente pratico per salvare quante più anime possibile. Difficile immaginare uno progetto più santo e di più alta e divina intelligenza.
Questo santo progetto venne in ogni modo ostacolato, prima col blocco della pubblicazione nel 1949, poi con il diktat di non dover considerare l’Opera come ispirata, dando così implicitamente della bugiarda o dell’esaltata a Maria Valtorta.
Si tenga a mente che il Cremlino aveva infiltrato non pochi preti e prelati nella Curia romana, e si aggiunga che un numero imprecisato di prelati aderisce alla massoneria. Non mancava e non manca quindi il potere diabolico per ostacolare il piano divino.
Al malvolere dei giuda infiltrati nella Curia, si aggiungeva naturalmente (e tuttora si aggiunge) la superficialità di chierici i quali credono che basti avere “esimie” capacità letterarie per descrivere dettagliatamente quello che l’autrice non poteva umanamente sapere né vedere; e l’ancor più grave superficialità di chi ritiene di poter giudicare un libro con “uno sguardo” e in base alle proprie fisime estetiche, ed ha il coraggio di sostenere che la rivelazione “privata” riguarderebbe solo chi la riceve.
EMILIO BIAGINI
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