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Emilio Biagini

IL MONDO USURPATO:

BREVE STORIA DEGLI INGLESI

 (5a puntata)

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IL COLLASSO DELL’IMPERO

La prima guerra mondiale fu un immenso successo per la massoneria. L’Europa ne uscì scristianizzata e republicanizzata. L’Impero asburgico fu disintegrato lasciando nel bel mezzo del continente un vuoto di potere nel quale poterono fare i loro comodi prima i nazisti e poi i comunisti. Lo sforzo bellico alleato era stato finanziato dai banchieri usurai mondiali di Wall Street e i prestiti dovettero essere restituiti con gli interessi. Per pagare, Gran Bretagna e Francia saccheggiarono letteralmente la Germania sconfitta, imponendo riparazioni mostruose e appropriandosi dei preziosi brevetti tecnici tedeschi. Amputata di larghe fette di territorio, distrutta nell’economia e nel morale, la Germania finì per affidarsi a Hitler. Divenute d’improvviso accomodanti e remissive, le potenze massoniche Gran Bretagna e Francia concessero al pericolosissimo dittatore (e quanto fosse pericoloso non ci voleva molto a capirlo fin da principio) tutto quello che avevano negato alla repubblica di Weimar, la quale non chiedeva che di essere trattata umanamente e non come paria. Così il ventennio fra le due guerre non fu che la preparazione alla seconda guerra mondiale, di gran lunga peggiore della prima.

La Gran Bretagna era uscita dal primo conflitto provata e indebolita. Era ormai chiaro che l’India non avrebbe potuto essere restare indefinitamente nell’impero, dopo il tributo di sangue pagato dall’esercito indiano e dopo che la percezione dell’Inghilterra (o della Gran Bretagna, che nell’immaginazione popolare, e in fondo agli effetti pratici, è la stessa cosa) da parte dei popoli coloniali era cambiata: non più la potenza assoluta il cui verbo era legge, ma una delle varie potenze europee di forza pressappoco equivalente che si contendevano il dominio.

Peggio ancora, la guerra partigiana in Irlanda, conclusa, nel 1922, con il parziale distacco di ben cinque sesti dell’isola, sia pure in forma di Dominion (alla completa indipendenza si giunse solo nel 1949) dimostrò che gli inglesi potevano essere sconfitti, anche alla soglia di casa. Un altro colpo fu la crisi del 1929, causata in gran parte dalle menzogne degli usurai mondiali e dei loro portavoce politici, i “rappresentanti” (si fa per dire) del popolo. Forse memori del disastro provocato nel 1815 in Inghilterra dalla brusca smobilitazione delle industrie che avevano sostenuto lo sforzo delle guerre napoleoniche, i poteri forti si astennero dall’unica soluzione ragionevole, che sarebbe stata “raffreddare” gradualmente l’economia surriscaldata dalla guerra, ma preferirono la via demagogica del sostegno artificiale all’economia dilatando la massa monetaria così che l’inflazione non si rifletté sui prezzi ma sulla Borsa, gonfiando artificiosamente i prezzi delle azioni, fino al crollo finale, quando il bluff non poté più essere sostenuto. Le inevitabili scene di povertà devono aver intaccato a loro volta il prestigio delle potenze coloniali, viste sempre meno come le forti guide che volevano far credere di essere.

Se il colonialismo era in declino, l’Italia ancora cercava il suo “posto al sole”, e più concretamente cercava di procurarsi le materie prime di cui mancava e che invece abbondavano negli imperi coloniali altrui. Le frequenti provocazioni di bande etiopiche alle frontiere delle due povere colonie italiane, Eritrea e Somalia, spinsero l’Italia ad attaccare l’Etiopia (1935-1936), un paese estremamente arretrato, dove regnava ancora la schiavitù, che gli italiani abolirono. Ed ecco insorgere i soloni inglesi e francesi. Quello che essi avevano fatto per secoli in tutto il mondo non doveva essere permesso all’Italia. Di qui condanne dalla massonica Società delle Nazioni di Ginevra, e sanzioni economiche.

Per contro, forte con i deboli e debole coi forti, il governo inglese guidato da Chamberlain era molto accomodante e disponibile verso la formidabile Germania di Hitler che si andava riarmando grazie agli enormi finanziamenti concessi dai banchieri anglo-giudaici. Alla Conferenza di Monaco, cedendo su tutta la linea alle pretese del Führer sulla Cecoslovacchia, gli inglesi ottennero il brillante risultato di salvare il dittatore. Infatti il generale Halder, capo di stato maggiore tedesco, rivelò al processo di Norimberga che nel 1938 aveva già diramato disposizioni per l’arresto del dittatore insieme ai principali gerarchi, dato che in Germania si temeva la guerra come negli altri paesi europei, ed era evidente che con Hitler al potere essa era inevitabile. La miseranda capitolazione inglese e francese sulla vertenza dei Sudeti rialzò di colpo il prestigio di Hitler, che si mostrava all’opinione pubblica tedesca come lo statista che era stato capace di ottenere ciò che voleva senza sparare un colpo. Impossibile dunque arrestarlo, e il generale Halder dovette revocare gli ordini già diramati, così che la tragedia seguì il suo corso.

La seconda guerra mondiale, peggiore della prima sotto ogni punto di vista, rappresentò la pietra tombale del colonialismo classico – non certo di quello subdolo, erede del metodo di dominio indiretto. Gli Stati Uniti, usciti praticamente indenni dalla guerra, e unici veri vincitori, furono ovviamente quelli che maggiormente ne approfittarono (vedi articolo citato).

L’Inghilterra (come comunemente si dice) o Gran Bretagna (considerando i territori che l’Inghilterra si era mangiati vicino a casa) usciva dal grande conflitto con una vittoria che Pirro avrebbe riconosciuto subito. A parte le distruzioni materiali e le perdite di vite umane, l’estremo sforzo bellico e i pesanti sacrifici avevano minato la solidarietà sociale, portando ad una pesante avanzata delle sinistre che premettero l’acceleratore sulla decolonizzazione. Due anni dopo la fine della guerra, l’India ottenne l’indipendenza, e, a riprova del fatto che i colonizzati non sono affatto meglio dei colonizzatori, gli indiani cominciarono prontamente a scannarsi tra loro.

Ancora poco più di due decenni e l’impero cessò di esistere. Se n’erano andate le colonie di sfruttamento e quelle di popolamento come Canada, Australia e Nuova Zelanda. Il Sudafrica era divenuto repubblica. Alcune ex colonie rimasero nel Commonwealth, nostalgica ombra dell’impero, mentre altre voltarono del tutto le spalle alla cosiddetta “madrepatria”. Le colonie strategiche erano divenute inutili militarmente, ed anche dal lato economico perché non più necessarie per il rifornimento di carbone alle navi dopo l’affermarsi, fra le due guerre, del motore Diesel. Quelle piccole colonie, oltre a non rendere, costavano. Le loro popolazioni avrebbero preferito che gli inglesi restassero, ma ricevettero eleganti pedate democratiche. A Malta, ad esempio, il referendum sull’indipendenza aveva dato risultati negativi, ma il governo di Londra annullò la consultazione affermando che l’affluenza alle urne era stata troppo bassa e fece ripetere il referendum ottenendo finalmente il desiderato responso a favore dell’indipendenza, frettolosamente proclamata, sebbene l’affluenza alle urne fosse stata ancora più bassa.

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LO SFACELO INTERNO

Non solo l’Inghilterra perdette l’impero, ma iniziò una decisa parabola discendente in casa propria. Da tempo le femministe andavano tempestando per l’umiliazione della maternità con il “controllo delle nascite” e l’assassinio dei bambini non nati. Il movimento ambientalista, una costola del materialismo darwiniano, cominciò a vomitare ossessivamente il mantra “siamo troppi, siamo troppi, siamo troppi…”. Un esponente cerebralmente poco dotato della famiglia reale inglese, il cui nome non vale la pena di ricordare, affermò pubblicamente che avrebbe voluto essere un virus mortale per sterminare l’umanità. C’entravano naturalmente, come visto sopra, anche miserabili considerazioni di potere, dato che l’aumento degli altri popoli era considerato una minaccia al predominio dei superuomini anglosassoni. Intanto, però, la denatalità colpiva inevitabilmente gli stessi anglosassoni, e le popolazioni europee in genere.

Lo sfacelo non impedì occasionali ritorni di fiamma di marziale imperialismo, come l’attacco all’Egitto insieme alla Francia e a Israele nel 1956 per impadronirsi del canale di Suez che il governo egiziano aveva nazionalizzato: una mossa voluta dal primo ministro Anthony Eden il quale, da ministro degli esteri, era stato nemico implacabile dell’Italia e fustigatore dell’impresa di Abissinia; notoriamente solo i proiettili italiani sono malvagi e imperialisti, mentre quelli inglesi sono democraticamente santi e benefici. Altri guizzi militaristici furono la riconquista delle Falkland (nel qual caso non si può negare che l’Inghilterra avesse ragione, dato che la popolazione delle isole è tutta di origine britannica) e la partecipazione alle dubbie imprese dell’imperialismo americano in Oriente (vedi articolo citato).

Col dopoguerra e l’inevitabile decolonizzazione nacque il cosiddetto “terzo mondo” ed iniziarono, favorite dal suicidio demografico europeo, le migrazioni dal Sud al Nord del pianeta. L’Inghilterra ne fu investita in pieno, e l’apporto più significativo fu quello islamico, specie dal Pakistan. Gli islamici continuano ad arrivare nonostante le tarde restrizioni: basta un bel matrimonio combinato di una giovanissima di origine pakistana ma cittadina inglese con qualunque gagliardo maschio che si voglia far entrare; poi col gioco del ricongiungimento familiare si ottengono incrementi esponenziali. Inoltre gli islamici, sordi ai mantra ambientalisti, fanno più figli degli occidentali. Inutile parlare di invasione per non essere subito tacciati di razzismo e fascismo. Inutile pure agitare il feticcio dell’integrazione: i primi a rifiutarla con disprezzo sono gli immigrati che vanno occupando nelle città territori sempre più estesi. Aumentano quindi le “no-go areas”, dove la polizia ha paura di entrare e non si applica la legge inglese ma la sharìa islamica.

Come reagiscono le impavide autorità? Consigliando ai militari di non farsi vedere in divisa per non finire ammazzati, perseguitando il cristianesimo col vietare la citazione dei precetti che condannano il vizio contro natura, imponendo l’eutanasia ai bambini che la scienza medica inglese confessa di non esser capace di curare. Solo che se il bambino è islamico, può essere portato a curarsi in Italia dai genitori. Infatti degli islamici hanno paura. Ma i casi del genere non sono da considerarsi dei precedenti, ha sentenziato la magistratura albionica: ogni bambino malato sarà valutato a parte, così che se è cristiano possa impunemente venire assassinato. È pure degno di nota il fatto che la procedura inglese è più crudele di quella nazista, perché fa morire il bambino lentamente e atrocemente di fame e di sete, mentre i nazisti accorciavano le sofferenze della vittima con una teutonicamente efficiente iniezione di veleno.

Bello poi è stato il grandioso schieramento di settanta atletici poliziotti intorno all’ospedale Halder Hey di Liverpool per impedire che Baby Alfie, al quale era stata concessa la cittadinanza italiana, fosse portato in Italia a curarsi. Poliziotti il cui compito sarebbe stato quello di proteggere la gente, e in particolare le ragazze inglesi, che i pakistani stuprano e chiamano “spazzatura bianca”. Ovviamente la parola d’ordine del minculpop albionico è: minimizzare. E questa è la nemesi degli inglesi, iniziata usurpando terre altrui per farsi una “propria” terra, continuata usurpando terre altrui in tutto il mondo, e finita con la resa all’umiliante usurpazione di altri, ma che trova energia per imporre una morte orribile di fame e di sete a una povera creatura indifesa.

Ecco gli eroici difensori della legalità inglese (ne furono impiegati in tutto 666) che sbarrano l’ingresso dell’Alder Hey Hospital per impedire che l’elicottero, già pronto, porti Baby Alfie, cittadino italiano, a farsi curare in Italia.

Un paese che scende, anzi precipita, a questi livelli non fa che decretare la propria scomparsa nell’eterna infamia.


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