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PAROLE PER UN ANNO

Riuniti in un’aulica sala in quel di Roma, un nutrito gruppo di italianisti si apprestava a giocare un nuovo giochino di società. L’idea era stata lanciata dal geniale professor Supremo Serafini. Si trattava di scegliere una parola, abbinarla a un giorno dell’anno e comporvi una frase.

Grandissimo successo riscosse Efialte Buchetti, che abbinò al 1°marzo la parola “olezzo”, e compose la frase ispirata: “Il tuo olezzo virile, o caro, mi esalta e mi conquide”.

Si alzò allora uno strano figuro, che era entrato vestito da eschimese, così che non avevano potuto escluderlo, in omaggio alla par condicio e per non passare da “razzisti” in violazione del codice etilico che condanna l’“idea di supremazia o superiorità morale di un gruppo rispetto ad un altro”.

L’incolto lamentò che si fosse saltato il 29 febbraio. Si trattava, argomentò di un’intollerabile discriminazione che contrastava col codice etilico. Gli venne domandato allora che parola proponeva per quel giorno. Rispose che gli pareva particolarmente adatta la parola “marxismo”. Visti i risultati dei regimi marxisti, infatti, andava proprio bene per giorno che ricorreva solo ogni quattro anni. E la frase? L’incolto enunciò: “Il marxismo è morto, ma i marxisti, ormai trasformati in specialisti in rivendicazioni di alcova, non lo sanno”.

Enorme fu lo scandalo nella politicamente corretta assemblea. Solo allora si accorsero che il falso eschimese altri non era che il terribile Arcibaldo Elefante (residente in via delle Cristallerie Oscure 17, Roma, codice postale 00186), venuto a burlarsi, da vero incolto qual era, di una così utile e necessaria iniziativa.

L’ex preside che la presiedeva, e l’aveva pure ideata, l’illustre professor Supremo Serafini, che si era dato il sacro compito di difendere ad ogni costo l’“Istituzione” minacciata dalla barbarica sfacciataggine, urlò che si trattava di un “attacco personale”, che lui a quello avrebbe fatto “tremenda guerra, sia per mare che per terra”; che gli avrebbe “scatenato contro giornali e televisioni”, e anche tutti i graziosi omofili che col loro cinguettio allietano i meandri di internet.

Ma Arcibaldo Elefante, ritenendo la missione compiuta, gettò via la mascheratura da eschimese che gli teneva un caldo boia, rise allegramente e se ne andò, lasciandosi dietro un cimitero di cristallerie infrante.


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