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ORO O LATTA: QUESTO È IL PROBLEMA

Abbiamo deciso di premiare con opportuni segni del nostro apprezzamento le opere letterarie e cinematografiche che hanno attratto il nostro interesse. Questa rubrica viene aggiornata quando ci pare e il nostro giudizio è inappellabile.

I TRIGOTTI

And the winner is …….

Ecco il vincitore della nuova Aquila d’Oro:

il film “T34” di Aleksey Sidorov, con Aleksandr Petrov, prodotto da Mars Media Entertainment nel 2018.

Segue una recensione di Emilio Biagini.

Basato su un episodio autentico, il film racconta l’epica lotta di un gruppo di carristi russi contro i nazisti. Protagonista è il sottotenente Nikolaj Ivushkin, catturato di fronte a Mosca nel 1941, e che ritroviamo nel 1944 in un lager nazista, dove viene torturato per essersi sempre rifiutato di dichiarare il suo nome e il suo grado. Successivamente gli viene ordinato di riparare, insieme ad alcuni compagni di prigionia, un carro russo T34 catturato dai tedeschi. L’obiettivo del comandante tedesco è di usare il carro come bersaglio a scopo di esercitazione per i propri carristi. Ma i russi scoprono che il T34 ha ancora a bordo delle munizioni e invece di fare da bersaglio, sparano per aprirsi la strada e fuggono verso oriente invano inseguiti dai nazisti. Il film è pieno di episodi mozzafiato, dal primo che vede la singolare fuga di un camion russo con al traino una cucina da campo inseguito da un carro armato tedesco, alla battaglia nel villaggio di fronte a Mosca, dove un singolo T34 distrugge cinque carri tedeschi, alla grande fuga finale con relativa strage di tedeschi.

Senza che ciò detragga dal valore della pellicola, girata con somma maestria artistica non meno che tecnica, va detto che se i tedeschi fossero stati così ottusi come li rappresenta questo film, la guerra non sarebbe durata cinque anni ma nemmeno cinque mesi.

Va particolarmente lodata la precisione tecnica del film. Nelle pellicole americane che mettono in scena carri armati dei “crucchi” e i relativi eroi a stelle e strisce, si vede benissimo che il produttore si è limitato a recuperare carri di scarto americani e a far dipingere su di essi la svastica. In questo film, invece, la ricostruzione storica è assolutamente precisa. I carri tedeschi sono autentici Panzerkampfwagen IV con pezzo da 75 mm, e i T34 sono T34: il primo la versione iniziale con cannone da 76 mm e la seconda versione con pezzo da 85 mm.

In comune con le pellicole americane di guerra c’è in questo film russo la tendenza che si potrebbe chiamare “della vittima oppressa dal nemico”. Due dei più popolari film di guerra americani, “La battaglia di Midway” e “Bastogne”, rappresentano i nostri eroi alle prese con una schiacciante supremazia nemica, mentre è ben noto che la supremazia, per tutto il corso del conflitto, toccò alla superpotenza americana. Analogamente i russi godettero costantemente di una superiorità numerica spesso schiacciante. Ma per girare un bel film di guerra ad uso dei vincitori occorre che i “nostri” siano pochi, eroici, maltrattati e finalmente vittoriosi, come pretende il pubblico.

Per terminare con una nota decisamente favorevole, va sottolineata l’invincibile fede del popolo russo, che non si perdette neppure nelle ore più buie della mostruosa tirannide staliniana. I carristi russi di questo film, messi alle strette, e in barba al grottesco ateismo di Stato imposto dal regime, invocano Dio e pregano il “Pater noster”.


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