MISTICA E MISCONOSCIUTA: IL CASO DI MARIA VALTORTA
“Se un’immensa sconfinata rosa, fatta di una luce rispetto alla quale quella di tutti gli astri e i pianeti è scintilla di focolare, smuovendo ad un vento d’amore i suoi petali desse suono, ecco qualcosa che potrebbe assomigliare a quanto vedo e odo, e che è il Paradiso tuffato nella luce d’oro della Trinità Ss. coi suoi abitanti di luce diamantina”.
L’autrice di questo brano è una mistica contemporanea, che appena adesso (e non senza opposizione da parte di chierici progressisti, come già si era verificato per San Padre Pio) si comincia a conoscere e ad apprezzare: Maria Valtorta (Caserta 1897-Viareggio 1961) (vedi ), una persona di limitata cultura, che aveva compiuto solo studi tecnici, il cui unico pregio intellettuale era quella di avere un’eccellente memoria, che le permise di riportare nei minimi dettagli ciò che vedeva. La Valtorta fu paralitica per gran parte della sua vita. Inchiodata a letto senza avere la possibilità di compiere alcuna ricerca, senza conoscere alcuna lingua orientale, senza aver mai lasciato l’Italia, descrisse in modo dettagliatissimo la vita del Salvatore, dimostrando di conoscere perfino la conformazione del territorio, incluse descrizioni di peculiari formazioni rocciose (confermato da un geologo che aveva lavorato in Palestina) e le minute differenze di pronuncia della lingua ebraica tra la Galilea e la Giudea. Costei più volte ebbe la visione della rosa paradisiaca e più volte la descrisse, anche in assai maggior dettaglio rispetto alle poche righe riportate sopra. La visione corrisponde esattamente all’immagine del Paradiso nella Divina Commedia come “candida rosa” (Canto XXXI, 1-3), oggetto di una delle più impressionanti tavole disegnate dal Doré nella grande edizione illustrata del Poema.
Chi entra in contatto con le opere di Maria Valtorta difficilmente evita di venirne trasformato, tale è la suggestione delle parole da lei scritte. Scritte da lei sì, ma quasi maipensate da lei. Piuttosto, scritte sotto dettatura. Quando è lei stessa a scrivere pensieri propri, lo annuncia con le parole: “Ora parlo io”. La maggior parte dei brani sono dettati, preceduti da un: “Dice Gesù”, oppure “Dice Maria”. A volte a dettare è Dio Padre, o lo Spirito Santo. Una serie particolare di brani è risultato della dettatura del suo angelo custode, Azaria, al quale si deve una dettagliata spiegazione dei Vangeli domenicali. Di grande importanza sono le visioni, che riguardano l’intera vita pubblica di Gesù e della Santissima Vergine, oltre a scene della successiva vita della Chiesa, soprattutto riguardanti vite e passioni di martiri in epoca romana e sotto l’”illuminato” dominio islamico in Spagna.
Le opere di Maria Valtorta sono pubblicate dal Centro Editoriale Valtortiano, dal quale è possibile ottenerle all’indirizzo di Viale Piscicelli 89-91, 03036 Isola del Liri (Frosinone). Il suggerimento di rivolgersi direttamente all’editore è dettato dal fatto che le librerie cattoliche spesso si prestano mal volentieri a distribuire opere valtortiane, tuttora mal viste da una buona parte del clero e dell’episcopato, soprattutto se di idee postconciliar-progressiste. Anche di recente l’episcopato toscano ha ancora una volta rifiutato di iniziare una causa di beatificazione della grande mistica, che Cristo in persona chiamava “il mio piccolo Giovanni”.
Di tali opere, che occupano molti volumi, è possibile dare solamente un sintetico elenco. Anzitutto vi sono le oltre quattromila pagine, edite in dieci volumi, che raccontano in modo mirabile la storia della Redenzione, inizialmente sotto il titolo Il poema dell’Uomo-Dio, oggi sotto quello L’Evangelo come mi è stato rivelato. Vanno poi ricordati il Libro di Azaria (accennato sopra), i tre volumi dei Quaderni (scritti dal 1943 al 1950, che contengono visioni e rivelazioni di grande importanza, fra cui quelle veramente impressionanti sull’Apocalisse, che annunciano un’ultima terribile persecuzione capeggiata dal maligno in persona, dopo la quale Cristo in persona dirà “basta” ed avrà luogo il Giudizio Universale e la resurrezione della carne), le Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani, l’Autobiografia (scritta non per esibizionismo, ma controvoglia e su ordine preciso del direttore spirituale, intenzionato a documentare le origini delle straordinarie visioni e rivelazioni), I venti misteri del Rosario, Fior di parabole, e le Preghiere. Una parte degli scritti della Valtorta sono tuttora inediti.
Il Centro Editoriale Valtortiano ha pure pubblicato opere sulla Valtorta. Di particolare importanza il volume, a cura di Emilio Pisani, direttore del Centro, dal titolo Pro e contro Maria Valtorta, che documenta le molte e autorevoli prese di posizione a favore dell’autenticità delle visioni, fra cui quelle del Cardinale Siri e di Padre Rotondi, ed anche l’opposizione di chierici come un certo Gramaglia, un prete di quelli che non portano la tonaca e neppure il clergyman, apertamente ostile non solo alla Valtorta, ma a tutta la tradizione della Chiesa e al primato papale. Le testimonianze di Maria Diciotti, la donna che assistette la paralitica per molti anni, sono state raccolte da Albo Centoni in un volume dal titolo Una vita con Maria Valtorta. Il libro Padre Pio e Maria Valtorta è un’agile biografia del grande Santo, con importanti note sui suoi favorevoli rapporti con gli scritti valtortiani. Il Centro pubblica pure un interessante Bollettino Valtortiano semestrale.
La vita di Maria Valtorta fu segnata da atroci sofferenze offerte con virtù eroica a Dio. Paralizzata in gioventù a causa di un vile attacco alle spalle con una sbarra di ferro da parte di un teppista comunista che le aveva leso la colonna vertebrale, soffriva di numerose malattie che le avevano attaccato i principali organi, e alcune di esse erano il risultato di una libera offerta della Valtorta stessa per ottenere da Dio la guarigione di altri. Per i medici era un mistero come la donna potesse restare ancora in vita. Ma la sua peggiore fonte di sofferenza era la madre, essere duro e privo di comprendonio, che non faceva che tormentare la figlia con incomprensioni e severità del tutto fuori luogo, sentenziando che i suoi mali erano inventati, e costringendola ad ogni sorta di servizi, salvo poi allontanarsene quando finalmente si accorse che era davvero malata e bisognosa di assistenza.
Tragicamente insensibili si dimostrarono pure le autorità ecclesiastiche, dalle quali arrivò nel 1948 una secca messa all’Indice della grande opera valtortiana (poco dopo l’Index librorum prohibitorum stesso venne abolito). Al contrario, le visioni di Anna Caterina Emmerich (alle quali si è ispirato Mel Gibson per il film The Passion) sono state pubblicate con l’imprimatur ecclesiastico, sebbene assai meno attendibili. La Emmerich, infatti, era analfabeta e aveva rivelazioni puramente interiori, non nitide visioni come quelle valtortiane: non potendo scrivere, riferì queste rivelazioni al poeta Clemens Brentano, il quale, da vero poeta, non mancò di abbellirle alquanto. Non c’è quindi confronto con la completezza e la precisione dell’opera valtortiana.
Ma l’impopolarità della Valtorta presso una gran parte delle alte gerarchie ecclesiastiche, avviate sulla strada del Concilio Vaticano Secondo e dell’infausto postconcilio, ha una sua ben precisa spiegazione. Infatti, in molti dettati, sia Cristo sia la Santa Vergine non mancano di bollare con parole di fuoco il male oscuro della Chiesa e il tradimento dei chierici. Qualsiasi imprimatur o causa di beatificazione, o altra presa di posizione ufficiale in favore dell’autenticità delle rivelazioni alla Valtorta sarebbe quindi un’implicita confessione di colpa, sarebbe come ammettere che — come afferma la Valtorta — Cristo ha veramente chiamato i preti “Giuda” e “Caino” (perché assassini delle anime), sarebbe come ammettere che il Signore ha davvero affermato che i preti saranno “i primi a rotolare per la china dell’anticristo”.
E l’apparizione della Vergine alle Tre Fontane nel 1947, non viene forse passata il più possibile sotto silenzio, perché ha denunciato le lacerazioni all’interno della Chiesa causate dagli stessi preti? E Sant’Agostino, riferendosi all’ovile della Chiesa, non ebbe forse ad esclamare: “Quante pecore fuori, quanti lupi dentro!”? Ai lupi travestiti da pecore le rivelazioni alla Valtorta non possono che causare irritazione.
E poi ci sono le prevedibili reazioni dei “fratelli maggiori” (si far dire) ebrei. Cristo, che non è legato da alcun timore umano, non ha paura di nulla e di nessuno perché Egli è l’Unico Vero Dio, nei suoi dettati alla Valtorta rivela fatti che agli ebrei non possono fare molto piacere. Solo alcuni esempi, tanto per rendersi conto del livello di decibel degli urli politicamente corretti che ci possono aspettare. Subito dopo la Passione e morte di Gesù, il Sabato è morto. A Masada, intoccabile icona della resistenza ebraica, Cristo non fu neppure lasciato entrare dagli zeloti ivi asserragliati, e lì lo spazio tra le mura e il precipizio era tanto ristretto che chiudere fuori una persona equivaleva a tutti gli effetti a metterla a serio rischio di precipitare e sfracellarsi. Il vecchio Zaccaria che, all’atto della Presentazione di Gesù al Tempio profetizza che quel Bambino è in realtà il Messia atteso non era affatto un sacerdote come, fantasiosamente, si è voluto credere (benché il Vangelo non dica nulla della sua identità), ma un povero vecchietto qualunque che frequentava il Tempio; e mentre questo vecchietto, ispirato dallo Spirito Santo, pronunciava il più solenne e importante vaticinio di tutta la storia dell’umanità, che facevano i grandi sacerdoti? Erano tutti lì intorno a schernire il vecchietto, e quale tormento sia stato questo per la Madonna e per San Giuseppe si può solo immaginarlo: quale accoglienza avrebbe riservato al Messia quella crudele e ottusa casta sacerdotale si comprendeva dunque fin dall’inizio. E come vivevano questi grandi sacerdoti? A parte le offerte al Tempio, che incameravano, erano anche grandi proprietari terrieri, sfruttatori dei poveri pastori, che spremevano senza pietà. Non ci vuole molto a capire quanto impopolari siano queste verità, e ad immaginarsi non solo la reazione furibonda e incredula degli ebrei, ma anche dei preti progressisti, che hanno sostituito la verità col mito del “dialogo”, che fornisce un’ottima cortina di nebbia relativista dove può nascondersi chi ama fornicare col nemico.
A tutto questo si aggiunga la prevedibile reazione di molte donne quando, già agli inizi del primo volume de L’Evangelo come mi è stato rivelato, trovano il racconto della caduta nel peccato originale come si è realmente verificata, e non celata sotto il simbolo del “frutto proibito”. Eva vi fa una figura veramente miseranda, molto peggiore di Adamo, ciò che giustifica pienamente la condanna più pesante da lei meritata. Dio aveva celato, inizialmente, ai progenitori il segreto della generazione, per metterli alla prova. Non era affatto una diminuzione. Bastava attendere un poco e avrebbero saputo anche quello, e il parto della donna sarebbe stato indolore. Ma Eva commise non uno ma tre peccati: prima si lasciò titillare dal serpente, e fin lì si trattava del male minore: sarebbe bastato che la sciagurata avesse confessato il peccato al Padre Eterno, il quale l’avrebbe perdonata e purificata; tutto si sarebbe risolto. Invece Eva, volendo riprovare quel piacere, andò lei stessa a cercare il serpente e ripeté il peccato. Infine, cercò Adamo e lo “istruì”. Figuriamoci i sorrisetti ironici, gli scherni, gli sberleffi, i cachinni diabolici, le risate sgangherate delle femministe di fronte ad una rivelazione del genere. Come sempre, non si crede a quello che non fa comodo.
Tuttavia, le recenti prese di posizione del Santo Padre e dell’episcopato in difesa dell’ortodossia e della morale, e in particolare il commento dell’ancora cardinale Ratzinger alla Via Crucis del Venerdì Santo di quest’anno al Colosseo, denunciante il malcostume penetrato nella Chiesa (nonché le relative reazioni isteriche degli avversari) fanno sperare che il diabolico secolo ventesimo abbia finalmente ceduto il passo a tempi migliori (almeno all’interno della Chiesa, perché fuori di essa il demonio è scatenato). Frattanto, l’opera ispirata della grande mistica e santa Maria Valtorta (poiché santa è, ci sia o meno un riconoscimento ufficiale) continua lenta e sicura a diffondersi, edificando e confortando il popolo cristiano.
“Se ciò viene dagli uomini finirà da sé, ma se viene da Dio non potrete spegnerlo”, come disse il grande Gamaliele ai farisei e ai sadducei del suo tempo che si apprestavano a perseguitare Gesù, e questo vale anche per i farisei e i sadducei del tempo nostro, ossia per gli ipocriti che si fingono cristiani per convenienza (magari a caccia di voti cattolici) e per i materialisti che si vantano della loro cieca e disperata miscredenza.
EMILIO BIAGINI
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