Questa intervista con una delle personalità che più sono state vicine al Cardinale, costituisce un insostituibile documento spirituale e storico. E’ corredata da un’introduzione di Maria Antonietta Novara e, in appendice, da una scelta di omelie del grande Arcivescovo.

INTRODUZIONE
Quest’anno, esattamente il 20 maggio, ricorre il centenario della nascita di Sua Eminenza il Cardinale Giuseppe Siri, indimenticato e indimenticabile Arcivescovo di Genova per quarantun’anni, nato appunto a Genova nel 1906.
Egli fu un autentico genovese. Amò la sua città, il suo popolo e il suo clero, dimostrando quest’amore negli anni terribili della guerra. Trattando personalmente la resa dei tedeschi, evitò che questi distruggessero il porto, arrecando danni ancor più gravi alle infrastrutture e all’economia della città. Intervenne spesso a dirimere le controversie fra i diversi gruppi della società, cercando di mediare sempre per il benessere e la pace sociale del gregge a Lui affidato.
Quando nel 1987 dovette dare le dimissioni da Arcivescovo, per “raggiunti limiti di età” (secondo quanto prescrive il nuovo Codex Juris Canonicis postconciliare), nessuno in città era più conosciuto di Lui. Aveva impartito la Cresima a migliaia di ragazzi e ragazze, tra cui la sottoscritta, aveva visitato tutte le Parrocchie, recandosi, durante le visite pastorali, presso le famiglie bisognose, mai dimenticando gli anziani ed i malati. Durante la visita pastorale alla nostra Parrocchia venne tra l’altro presso la nostra famiglia ad impartire la sua Benedizione a mia nonna, allora novantanovenne. Quasi tutti i sacerdoti della città erano stati da Lui ordinati. Ricordo che, nel 1987, nel periodo di agosto e settembre, partecipai ai funerali di Mons. Michele Gaggero, presidente del Tribunale Ecclesiastico e di Don Vincenzo Barbera, già curato di Castelletto, divenuto poi parroco di Geo di Ceranesi. Il Cardinale celebrò personalmente la Messa delle esequie, pur non essendo in perfette condizioni di salute, ed esclamò piangendo: “Mi si spezza il cuore a dover celebrare, io già così anziano, i funerali di tanti miei sacerdoti”.
In un’altra città, l’aver avuto un simile Cardinale, grande per umanità, grande per rigore dottrinale, grande per cultura, grande per virtù personali, sarebbe stato motivo di orgoglio. Purtroppo Genova non ama i suoi figli migliori, e quando non li costringe ad andare altrove a raccogliere i frutti dei loro meriti e delle loro capacità, li guarda con sufficienza. Ed ecco che, soprattutto da parte della classe cosiddetta intellettuale e politica, cominciò una campagna, dapprima sottile, poi sempre più grossolana e volgare, di calunnie d’ogni genere, che richiama i metodi così ben descritti da Orwell nel suo magistrale romanzo “1984”.
Questa subdola e vile campagna nei confronti del Cardinale ebbe inizio negli anni Sessanta. Quelle che erano le sue virtù vennero additate come difetti. La sua riservatezza e il suo carattere schivo, tipico poi dei vecchi genovesi, venne considerato orgoglio, il suo amore per Dio, che lo portava a rendergli gloria con la bellezza e lo sfarzo dei riti e dei paramenti venne considerato vanagloria e prodigalità che offendeva i poveri — poveri che fra l’altro furono i suoi più affezionati sostenitori, perché ben sapevano quanto egli nel silenzio facesse per loro.
Lo stesso trattamento calunnioso fu del resto riservato anche a Sua Santità Pio XII, che era un grande estimatore di S.Em. Giuseppe Siri, da Lui personalmente nominato vescovo, senza passare per la Congregazione dei Vescovi, e poi creato Cardinale. Il Santo Padre, durante la seconda guerra mondiale, diede asilo e salvò decine di migliaia di ebrei, ricevendo, subito dopo la guerra, quando ben viva era la memoria dei fatti, numerosi attestati di stima anche dallo Stato d’Israele. Dopo la pubblicazione dell’infame pièce “Il Vicario” di Rolf Hochhuth, Pio XII fu accusato di antisemitismo, ed ancor oggi, perfino da parte di religiosi, si sente dire che non si sarebbe prodigato a sufficienza per la salvezza degli ebrei.
Tornando al nostro grande e santo Cardinale, non va dimenticato che egli fu persino accusato di essere “nemico delle innovazioni” introdotte dal Concilio Vaticano II, e proprio da coloro che, stravolgendone lo spirito, piegavano la dottrina alle loro malsane deviazioni, causa della grave crisi della Chiesa e delle vocazioni, come di recente riconosciuto da Sua Santità Benedetto XVI, che ha ripreso le osservazioni di S.Em. il Cardinale Siri in merito allo stretto legame fra degrado della liturgia e crisi della Fede.
Con queste povere pagine, insieme a Padre Candido Capponi, che fu Suo confessore negli ultimi anni della Sua vita, e lo assistette nella lunga malattia prima della rinascita al Cielo, vogliamo ricordarLo a quanti gli vollero bene e speriamo che coloro che Lo avversarono, sopiti gli interessi e le invidie con cui Lo afflissero, si pentano del dolore che gli provocarono e invochino il Suo perdono e la Sua benedizione.
MARIA ANTONIETTA NOVARA
Genova, 2 maggio 2006

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