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IL CRIMINE COVID DEGLI

USURAI SADICI ASSASSINI

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Un libro a sei mani (PAOLO BARNARD, giornalista; STEVEN QUAY, farmacologo e ANGUS DALGLEISH, professore di oncologia alla St. George’s University di Londra) dal titolo L’origine del virus. Le verità tenute nascoste che hanno ucciso milioni di persone (Milano, Chiare Lettere, 2021) svela verità scandalose e orrende che i mentecatti teledipendenti pronti a gridare “dalli al no-vax” non sapranno e non capiranno mai, e. se qualcuno gliele spiegasse, non capirebbero.

Il virus SARS-CoV-2 è il risultato di esperimenti estremi che il regime comunista cinese ha permesso, cercando poi di nascondere la verità, perdendo tempo, depistando e facendo scomparire testimoni e scienziati scomodi. I virus SARS sono relativamente poco pericolosi in sé, ma criminali esperimenti di laboratorio hanno mirato ad aumentarne la pericolosità mediante il cosiddetto Gain of Function (aumento della funzionalità virale critica), consistente nell’anticiparne le mutazioni più aggressive in modo che il virus possa infettare con virulenza ancora maggiore. Il tutto in un’atmosfera di intimidazione contro qualunque scienziato che osasse mettere in dubbio la pretesa origine naturale del virus.

L’intervento sui virus per aumentarne la funzionalità si compie mediante la tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction), che permette di ricostruire un intero genoma partendo da piccoli frammenti di esso, una tecnica messa a punto da Kary Banks Mullis (1944-2019), benemerito biochimico statunitense, grazie al quale sono stati “risuscitati” virus pericolosissimi che erano ormai estinti, come quello della “spagnola”, partendo da frammenti virali recuperati a cadaveri congelati nelle Spitzbergen e in Alaska. Nel 2014 Yoshihuro Kawaoka e collaboratori (Università del Wisconsin a Madison) pubblicò, in Cell & Microbe, i risultati di una ricerca sui diversi genomi dell’influenza “aviaria”, per cercare quanto vi era di più simile alla “spagnola”, poi li avevano mescolati, ottenendo un patogeno quasi identico a quello del 1918. Poiché le cavie non ne erano abbastanza infettate, lo bombardarono di mutazioni per ottenere una versione potenzialmente devastante per l’uomo, perché trasmissibile per via aerea. È stato così generato un virus pandemico pericolosissimo per simulare la potenzialità puramente teorica che un virus simile nasca in natura. Eccoli soddisfatti di aver dimostrato che tale possibilità esiste, ma intanto hanno generato un mostro che potrebbe fuggire da un laboratorio, specie se questo ha un basso livello di sicurezza. I virologi dell’aumento della funzionalità virale critica di Wuhan hanno spesso lavorato in condizioni precarie con livelli di sicurezza discutibili.

Gli USA, grazie a questi alti successi scientifici, possono vantarsi di essere all’avanguardia nelle armi biologiche: infatti hanno riattivato germi di malattie mortali ormai scomparse, non solo la “spagnola”, ma anche l’Ebola, la morva e il vaiolo. Finanziano inoltre analoghe ricerche in altri paesi. I laboratori di Pechino, di Wuhan e altrove in Asia sono appunto finanziati dagli USA, specie dal NIAID (National Institute of Allergy and Infectious Diseases), diretto da Anthony Fauci. Simili laboratori sono sparsi in tutto il mondo e non in luoghi isolati, ma nel bel mezzo di grandi città formicolanti di gente, dove una disattenzione può scatenare una catastrofe, o meglio una riduzione del numero di abitanti, che è proprio quanto gli usurai mondiali desiderano.

Dopo l’esplosione del COVID cominciò nelle riviste scientifiche una feroce censura. Una muraglia impenetrabile ha sempre tenuto fuori i lavori scientifici scomodi sull’origine del COVID. La tesi ufficiale era quella della zoonosi (trasmissione del virus da animali all’uomo), intralciando ogni tentativo di seria analisi scientifica sul Gain of Function. Anthony Fauci, “un megalomane narcisista con troppo potere”, gestisce una dittatura perché ha potere su centinaia di milioni di dollari in finanziamenti agli scienziati di tutto il mondo; costui è al centro delle manovre di insabbiamento, salvo poi rilasciare valutazioni terroristiche sulle proiezioni della mortalità dopo che la desiderata pandemia ha preso  avvio. Un altro principale finanziatore delle ricerche di Wuhan sul Coronavirus è Peter Daszak, del NIH (National Institute of Health) statunitense, ed ha orchestrato l’affannoso tentativo degli “scienziati” anglosassoni di accreditare la tesi zoonotica. Le principali testate mediche (Lancet, Plos Pathogens, Nature) si resero ben presto ridicole pubblicando testi raffazzonati che cercavano di tirare in ballo, come veicoli del contagio, pangolini e pipistrelli.

Le pubblicazioni scientifiche, prima di essere accettate, devono passare per la cosiddetta peer review (valutazione dei colleghi). Davanti alla domanda sull’origine del COVID-19, i referenti scientifici delle riviste si sono comportati in modo imbarazzante, avvallando la tesi della trasmissione zoonotica per paura della Cina. Sarebbe inaudita la mole delle ripercussioni legali e finanziarie su Pechino se fosse permesso all’opinione pubblica mondiale di rendersi conto delle colpevoli omissioni della Cina dopo la clamorosa fuga dell’agente virale dai suoi laboratori. Ma chi ha interesse a mettere con le spalle al muro fino a questo punto la seconda potenza mondiale? Non sarebbe bene né per i politici né per gli affari, perché affonderebbe ancor più la disastrata economia post-COVID. Per aver incautamente parlato di “virus cinese”, il presidente USA Donald Trump è stato messo in croce dai media “democratici” politicamente corretti e censurato su internet.

Nel novembre 2020 l’associazione U.S. Right to know pubblicò email ottenute attraverso il Freedom of Information Act, Questi documenti dimostrano che un editoriale pubblicato da The Lancet, a firma di ventisette eminenti esperti di salute pubblica, nel quale venivano condannate le “teorie del complotto che suggeriscono che il COVID-19 non ha origini naturali”, in realtà “è stato orchestrato dallo staff dell’EcoHealth alliance, una società non-profit che ha ricevuto milioni di dollari dai contribuenti americani per manipolare geneticamente i coronavirus assieme a scienziati del Wuhan Institute of Virology.” EcoHealth Alliance è controllata da Peter Daszak, il quale è impegnato a sostenere in ogni modo i suoi compari comunisti cinesi.

I comunisti cinesi di fatto controllano l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tramite il presidente Adhanom Ghebreyesus comunista, etiope, loro uomo di paglia. Ed ecco che l’OMS ha fatto condurre un’indagine farsa sotto la soffocante supervisione del regime comunista cinese (gennaio-febbraio 2021). I comunisti cinesi rifiutarono l’accesso ai dati grezzi su cui i loro scienziati avevano costruito gli studi richiesti dalla comunità internazionale e che presentarono alla missione dell’OMS. Senza i dati grezzi non è possibile accertare la solidità di una ricerca. Inoltre il regime di Pechino rifiutò di consegnare i campioni prelevati dal tratto respiratorio dei pazienti ricoverati prima del dicembre 2019, e rifiutò pure i liquidi fognari, il cui esame è fondamentale per rintracciare eventuali frammenti virali. Ancora, niente analisi dei database degli istituti di ricerca cinesi che contenevano migliaia di sequenze virali, i quali avrebbero permesso di verificarne il grado di somiglianza genomica con gli acidi nucleici del COVID, dati che avrebbero potuto confermare l’origine zoonotica della pandemia o l’esatto contrario, ecc.

Non si trova traccia di passaggi evolutivi del virus che sarebbero indispensabili se il virus stesso si fosse adattato ad infettare un ospite intermedio prima di attaccare l’uomo. Il virus, quindi, salta fuori già perfettamente attrezzato e deve quindi essere stato ingegnerizzato per infettare l’uomo. Vi è una “serratura” alla superficie delle cellule umane, il ricettore ACE2, che permette a una particolare “chiave” del coronavirus, la proteina Spike, di aprire la via per infettare la cellula. Il Furin Cleavage Site è il punto dove l’enzima Furin incide la chiave-proteina Spike del SARS-CoV-2 per farla funzionare dentro la serratura della cellula umana, l’ACE2. Il SARS-CoV-2 è l’unico coronavirus della sua classe ad essere dotato di questa incisione su misura, localizzata in uno specifico punto della Spike chiamato giunzione S1/S2: fenomeno non naturale, ma che può solo essere stato ingegnerizzato in laboratorio, e senza questo Furin Cleavage il virus pandemico perderebbe gran parte del suo potere. Il coronavirus del COVID-19 appare quindi improvvisamente dal nulla e infetta le cellule umane molto più facilmente di qualsiasi cellula animale, usandola chiave della proteina Spike abilitata dal Furin Cleavage Site, che solo esso possiede e che è un marchio di fabbrica delle manipolazioni genetiche compiute in laboratorio per amplificare l’aggressività del virus.

Uno studio dell’Università del Minnesota del maggio 2020, pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences degli USA dimostra che l’attivazione del Furin permette al virus anche di evadere il sistema immunitario, ciò che rappresenta un ulteriore drammatico guadagno di funzione del virus ingegnerizzato. La chiave Spike del SARS-CoV-2 è una proteina, ossia una catena di amminoacidi, dotata di una forte e anomala carica elettrica positiva, unica rispetto ad ogni altro virus SARS. Cariche del genere formano dei “ponti” che si agganciano alla membrana della cellula sotto assedio, che ha carica negativa, permettendo al COVID-19 di far danni maggiori del previsto, penetrando la membrana anche in assenza delle serrature ricettori ACE-2. Questo superpotere elettrico non può essere naturale, ma è dovuto alle inserzioni inusuali di gruppi di amminoacidi. La parte finale della Spike termina con due regioni di attacco: il Receptor Binding Domain e il Receptor Binding Motive. Siamo di fronte a troppe capacità rarissime, e tutte in un posto solo e sempre mirate ad infettare la cellule umane assai più di qualsiasi specie animale studiata: proprio le doti che gli esperimenti di Gain of Function condotti al Wuhan Institute of Virology miravano ad aggiungere ai coronavirus innocui per l’uomo. Gli amminoacidi d’attacco si trovano tutti lungo la superficie esterna della Spike, dove possono recare maggior danno, mentre non avrebbero uguale effetto se fossero all’interno della Spike. Questo spiega le innumerevoli patologie di questo coronavirus: trombosi venose, ischemia, cardiopatie, disfunzioni renali depressione, fatica cronica, diarree, perdita del gusto e dell’olfatto, neuropatie, in aggiunta alla sindrome respiratoria acuta d’inizio infezione.

Larga parte della comunità scientifica internazionale accetta come origine del SARS-CoV-2 il coronavirus RAT13. Eppure su questo presunto progenitore, e perfino sulla sua esistenza, incombe la più fitta nebbia: se ne conosce solo la ricostruzione al computer. La presunta somiglianza molecolare tra “padre” e “figlio” è del 96,2%, ma la differenza del 3,8% nella struttura dei due virus si traduce in 1200 nucleotidi, che in virologia evolutiva si traduce in circa 50 anni di distanza generazionale, ben più dei sette anni dalla presunta prima infezione in una miniera dello Yunnan al “paziente zero” rilevato a Wuhan, nel 2019, ad una distanza di 1860 km. Inoltre, il pipistrello Rinopholus affinis, indicato come colpevole non vola affatto, perché è in letargo proprio nel periodo dell’anno in cui si presume che il virus abbia compiuto la trasformazione in SARS-CoV-2.

Il RAT13 non è mai stato isolato e nessuno né ha mai visto traccia. Il campione biologico da cui sarebbe stato ricostruito è scomparso, impedendo una sua analisi da esperti internazionali super partes. Solo nel gennaio 2020, quando le autorità cinesi erano nel panico per spiegare al mondo l’origine della calamità, la virologa cinese Zheng-Li Shi informò i colleghi internazionali sul RAT13 con articolo pubblicato su Nature. Di dati grezzi nessuna traccia. Data la stretta continuità fra l’esercito cinese e il Wuhan Institute of Virology, riccamente finanziato dagli americani, la parentela tra il RAT13 e il SARS-CoV-2 diviene plausibile, ma tutto quadra se si ammette che si tratti non di una filiazione “naturale”, ma di una ingegnerizzazione mirante a devastare diverse classi di cellule umane mediante gli infami esperimenti della Gain of Function.

I colpevoli silenzi, i depistaggi e gli insabbiamenti dei virologi e dei burocrati sotto il tallone del regime comunista cinese sono stati scandalosamente favoriti da larga parte dell’establishment scientifico occidentale, come i ridicoli telefantavirologi blateranti dal piccolo schermo. Le loro blaterazioni sono costate innumerevoli morti che potevano essere evitate.

EMILIO BIAGINI


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