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UN ARTICOLO FAVOREVOLE ALLA VALTORTA

È apparso su La Verità del 18 giugno 2017 un articolo favorevole a Maria Valtorta, scritto dal teologo Fabrizio Cannone. Questo è senz’altro un bene, e ancor più lo sarebbe se non contenesse alcune inesattezze che è bene rettificare. Anzitutto il titolo La donna che riscrisse il Vangelo non è appropriato. Sappiamo bene che i titoli sui giornali sono messi redazionalmente un po’ a capocchia, per cui non se ne può incolpare l’autore. È bene comunque rettificare come segue.

Nessuno può “riscrivere il Vangelo”. La veggente si limitò a descrivere le sue visioni e ad annotare i dettati celesti che riceveva, da cui è stato tratto, fra l’altro un coerente racconto della vita di Gesù che ha permesso di datare esattamente l’intera vita del Salvatore, in base a descrizioni del cielo stellato verificate in base a effemeridi computerizzate, descrizioni introdotte dalla veggente in modo del tutto inconscio, semplicemente descrivendo ciò che vedeva, mentre non era assolutamente in grado di compiere calcoli astronomici di alcun tipo. La sua opera quindi conferma i Vangeli, ma certo non li “riscrive” perché sono testi canonici intoccabili.

 

Quello che segue è il testo dell’articolo, fedelmente ricopiato, poiché merita senz’altro di essere conosciuto, ma con qualche rettifica in parentesi quadra.

 

Costretta a letto dopo il pestaggio di un comunista, compilò in pochi anni 122 quaderni con la storia di Gesù, Maria e gli apostoli [Correzione: ne sono state tratte anche molte altre opere: Il Libro di Azaria, Le lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani, i Quaderni, ecc.], ma il Vaticano la inserì nell’“Indice dei libri proibiti”. La lotta contro le teorie di Darwin. Visse trent’anni sepolta in casa. Riempiva pagine in stato di trance [Correzione: ma quale trance! Non era affatto una medium; Maria Valtorta detestava lo spiritismo che è sempre satanico; quando scriveva era perfettamente lucida; solo occasionalmente andava in estasi e non certo in trance.]. Tra i suoi estimatori Pio XII, padre Pio e il teologo Gabriele Allegra.

Poche figure della mistica cattolica novecentesca godono della notorietà internazionale e della devozione popolare quanto la scrittrice italiana Maria Valtorta (Caserta 1897-Viareggio 1961), la quale, cosa poco nota, parlò di creazionismo e di evoluzionismo. [Correzione: non è esattamente una semplice scrittrice, perché rinunciò ad esserlo per porsi esclusivamente al servizio di Dio, tanto che, su ordine di Gesù, distrusse il manoscritto di un suo romanzo, Il cuore di una donna, che pare fosse bellissimo, per essere ricordata solo come “il portavoce”. Gli Scritti di lei, infatti, secondo le istruzioni impartite da Gesù, avrebbero dovuto essere pubblicati anonimi, per farne risaltare l’origine divina: ciò fu reso impossibile dall’opposizione dei Serviti, i quali, per avidità, volevano saltare l’esame canonico e pubblicare il tutto come esimia opera letteraria e trarne lauti guadagni; pensavano perfino di trarne un film, e tenevano sedute spiritiche in convento, dicendosi convinti che fossero “ricerche scientifiche”, e volevano far passare la veggente per una medium. Dopo anni perduti inutilmente per questo motivo, Gesù ordinò infine alla veggente di valersi del diritto d’autore per far pubblicare l’Opera da un editore laico, perché in qualche modo il messaggio divino potesse arrivare alle anime, che Egli vedeva essere in gravissimo pericolo per le insufficienze del clero.]

La vita mistica o il misticismo delle anime elette “consiste in un atto di conoscenza altissima di Dio, che sta tra la fede e la visione beatifica” (così il cardinal Pietro Parente, nel suo Dizionario di teologia dogmatica, edizioni Studium, 1952). In tal senso furono certamente dei mistici tutta una serie di figure di primo piano del cattolicesimo italiano come Francesco d’Assisi (1181-1226), Filippo Neri (1515-1595), la recente beata Itala Mela (1904-1957) e Padre Pio da Pietrelcina (1887-1968). Maria Valtorta rientra a pieno titolo in questa categoria, sebbene la sua vicenda abbia qualcosa di unico e forse inimitabile, come si evince dalla più recente biografia in lingua francese (François-Michel Debroise, Maria Valtorta, visionnaire et mystique pour notre temps, Parigi, 2016).

La giovane Maria nasce in una famiglia benestante e a causa del fatto che il padre era un ufficiale di cavalleria [Correzione: il padre di Maria Valtorta, Giuseppe Valtorta, non era ufficiale ma semplice sottufficiale, e precisamente maresciallo capo armaiolo del 19° Reggimento Cavalleggeri Guide] dovette cambiare domicilio più volte durante l’infanzia (Faenza, Milano, Monza). Nel 1905 ricevette la cresima a Milano dalle mani del cardinal Ferrari (1850-1921, beato nel 1987). A Firenze nel 1917 si prodigò nei confronti dei feriti di guerra negli ospedali militari della città. Poi nel 1920 il fatto tragico che cambiò definitivamente la sua esistenza. Lo racconta lei stessa anni dopo. “Il 17 marzo uscì con mamma per andare a ringraziare una nostra amica molto vecchia che mi voleva bene e che mi aveva fatto un regalo per il mio ventitreesimo compleanno, avvenuto il 14 marzo. Al ritorno, nei pressi di casa mia, mentre camminavo dando braccio a mamma, fui colpita alle reni da un piccolo delinquente, figlio di un comunista e della nostra modista. Con una sbarra di ferro, levata ad un letto, mi venne dietro a tutta forza, gridando: “Abbasso i signori e i militari”, mi dette una mazzata. Sentii un così forte dolore che mi inginocchiai per terra. Le gambe non mi reggevano. A fatica potei poi rialzarmi e trascinarmi fino a casa” (Maria Valtorta, Autobiografia, Centro editoriale valtortiano, 1997).

Maria Valtorta, a causa della violenza ideologica tipica di quegli anni, il cosiddetto biennio rosso in Italia e in Europa, tra la fine della prima guerra mondiale e l’avvento del fascismo (Nives Banin, Il biennio rosso 1919-1920, Helicon, 2013) non poté più avere una vita normale e trascorse, dopo periodi di guarigione e ricadute, trent’anni dentro la sua casa di Viareggio e senza più uscire da casa (dalla Pasqua del 1933 alla morte). Ma nel dolore della semiparalisi degli arti inferiori, tutto sembrava finito per lei che negli anni precedenti aveva pensato sia al matrimonio, avversato dalla madre, sia alla vocazione religiosa [Correzione: non ebbe mai una vera vocazione religiosa in senso tradizionale, perché si sentì precocemente chiamata e vivere e combattere nel mondo].

Dal 23 aprile del 1943, in piena seconda guerra mondiale, al 1951 Maria Valtorta, sepolta viva nella casetta di Viareggio e assistita dalla fedele aiutante e discepola Marta Diciotti, iniziò a scrivere di getto, come un fiume in piena, come se si trattasse di una mistica dettatura, e riempì in pochi anni 122 quaderni [Correzione: altri 7 quaderni contengono invece l’Autobiografia, scritta non certo per vanità, ma per ordine del confessore Padre Romualdo Migliorini, dei Servi di Maria, che si era reso subito conto di avere di fronte un’anima eletta e voleva avere un documento per l’eventuale futura causa di beatificazione.], per circa 15.000 pagine manoscritte. “Scriveva stando seduta nel letto, tenendo sulle ginocchia il quaderno, poggiato a un cartolare fatto con le sue mani, e usando la penna stilografica. Non preparava schemi, non sapeva neppure cosa avrebbe scritto giorno per giorno, non afferrava a volte il senso profondo di certe pagine mentre le scriveva, non rileggeva per correggere. Poteva essere interrotta anche per delle banalità e riprendere senza perdere il filo [Correzione: questo succedeva solo per i dettati, mentre le visioni potevano essere rovinate da inopportuni interventi esterni; una delle visioni dell’Evangelo, infatti, è incompleta proprio per questo; in casi simili lei si asteneva da aggiustare il testo, perché diceva: “Sarebbero parole mie e non quelle della visione”.], ma non la fermavano le fasi acute del suo soffrire quotidiano o il bisogno impellente di riposare” (Autobiografia).

Da questi quaderni è uscita una vita di Cristo, di Maria e degli apostoli, pubblicata oggi in dieci volumi cartonati con il titolo di L’Evangelo come mi è stato rivelato. Si tratta di una delle opere mistiche più lette e più tradotte nell’intero XX secolo, e le traduzioni non sembrano cessare (oltre alla lingue occidentali, in ungherese, greco, russo, swahili). Sotto Giovanni XXIII (1958-1963), oltre a essere censurato Padre Pio, l’opera principale della Valtorta, di cui erano usciti i primi quattro volumi [Correzione: non erano i primi quattro volumi, era l’intera opera concentrata in quei quattro volumi, che erano enormi, ed era diversamente intitolata: Il poema dell’Uomo Dio], fu inserita nell’ultimo Indice dei libri proibiti (1959) e nel 1960 un articolo dell’Osservatore Romano ribadiva la condanna con il titolo eloquente Una vita di Gesù malamente romanzata. Se fino al Concilio Vaticano II (1962-1965) Maria Valtorta ebbe più critici che estimatori oggi, nel mondo e nella stessa Chiesa, la situazione appare capovolta. Tra gli innumerevoli estimatori spiccano i teologi Gabriele Allegra e il mariologo padre Gabriel Roschini, oltre che Pio XII e padre Pio da Pietrelcina.

Tra le visioni che la Valtorta avrebbe avuto, una riguarda le teorie darwiniane. Gesù, il 20 dicembre 1943, le confida: “Uno dei punti in cui la vostra superbia naufraga nell’errore (…) è quello della teoria darviniana. Per non ammettere Dio, che nella sua potenza può aver creato l’universo dal nulla e l’uomo dal fango già creato, prendete per vostra paternità quella di una bestia. Non vi accorgete di sminuirvi perché una bestia, per quanto perfetta, selezionata, migliorata, sarà sempre una bestia.”

 

Nonostante la necessità di alcune correzioni, l’articolo è senz’altro un buon segno della crescente consapevolezza del fatto che non si può ignorare Maria Valtorta e soprattutto il suo Divino Maestro.


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