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Emilio Biagini

LE FEDI ALLA ROVESCIA

Squadra e compasso perfetto gradasso

 

I miti negativi dell’anticristianesimo

“Razionalismo” e “scientismo”, materialismo e “ateismo”: quattro concetti diversi, ma profondamente collegati tra loro. È istruttivo proporre comparativamente la definizione di ciascuno di essi. Il razionalismo è la dottrina filosofica che non accetta alcuna verità se non quella che appare alla ragione umana senza il sostegno di alcuna Rivelazione. Lo scientismo non riconosce altra verità se non quella scientifica. Il materialismo non ammette l’esistenza di null’altro che della materia e dell’energia che vi è strettamente collegata. L’ateismo non accetta l’esistenza di Dio. Tutti questi concetti hanno un elemento in comune: la negazione. Essi corrispondono ad altrettante mutilazioni dell’esperienza umana e del pensiero umano: nulla vi aggiungono, solamente tagliano e lacerano.

Per gli adepti di tali fedi alla rovescia, compito della ragione sarebbe far giustizia delle “superstizioni”, cioè di qualsiasi nozione di soprannaturale. Noi ci troveremmo dunque al vertice di uno sviluppo intellettuale continuo, che ci ha portato dalle caverne allo spazio. La nostra visione “scientifica” del mondo costituirebbe un pinnacolo mai raggiunto prima, dal quale sarebbe possibile al “razionalista” contemplare le altre epoche, le altre culture, il vile popolo, chiunque la pensi diversamente da lui, e in modo particolare l’aborrito “medievale” Cristianesimo, con superiore distacco, disprezzo e odio.

Ben lungi dall’essere cosa moderna, atteggiamenti simili esistono da tempo lunghissimo. Basti pensare alla setta ebraica materialista dei Sadducei che dominava il Sinedrio al tempo di Gesù e fu la principale responsabile della sua condanna alla croce. Altri esempi ci vengono dalle profonde correnti di materialismo che dominano il paganesimo politeista dell’Occidente antico e dell’Asia orientale: portatrici di vita comoda, libera da idee di peccato (il male consisteva solo nel commettere errori nel rituale), dove il prepotente poteva fare tutto quello che gli aggradava e non vi era alcuna protezione per le donne (in particolare le vedove), gli orfani e i bambini non nati (ai quali si poteva tranquillamente negare il diritto di nascere).

Una tempesta dopo l’altra

La tempesta del protestantesimo preparò pure la strada alla secolarizzazione e all’ateismo, mentre mani avide si stendevano sulle terre della Chiesa, che erano servite per secoli a sfamare i poveri, a edificare cattedrali e monasteri, a mantenere coloro che pregavano e cantavano le lodi del Signore. Al tempo stesso si scatenava la propaganda e si inventavano leggende nere di corruzione del clero: in qualche caso fondate, purtroppo. Ma proprio le pecore nere del clero cattolico furono quelle che passarono in massa alla “riforma”, abbracciando il “libero esame”, ossia i propri comodi.

Con analoga violenza, si abbatté la tempesta della ”rivoluzione francese”, preparata dalla massoneria con un lungo lavoro di scavo sotto le fondamenta della Chiesa. Nella Francia del sec. XVIII le fedi alla rovescia cercarono appoggio nel crescente successo della scienza, cui si voleva conferire una colorazione marcatamente razionalista (“illuminismo”). Da Parigi la moda si propagò rapidamente presso le corti e i circoli “intellettuali” dell’Europa occidentale. Nel secolo successivo, funestato dal dilagare dei nazionalismi che avevano radice nella divisione protestante, l’accento si spostava sempre più in senso materialista (“positivismo”), ed emergeva lo scientismo, cieca fiducia nelle possibilità della scienza (europea) e sorda, per giunta, al fatto che la sua proposizione fondante (“la scienza è l’unica fonte di conoscenza”) non è essa stessa dimostrabile scientificamente, da cui una totale, insanabile e ridicola contraddittorietà.

L’uomo europeo, al vertice della “scala evolutiva”, era portatore di una “superiore” cultura tecnico-scientifica, e aveva quindi una missione civilizzatrice da svolgere (etnocentrismo). D’altronde, il “progresso inarrestabile” portava inevitabilmente le masse sfruttate alla “rivoluzione liberatrice” e al sole radioso del “socialismo scientifico”. Entrambe le vie sfociavano negli amari frutti dell’imperialismo: l’impero britannico, persecutore della Chiesa, al quale dobbiamo se il sacrosanto movimento per l’unità d’Italia si trasformò in una ripugnante persecuzione contro la Chiesa; l’impero sovietico, votato alla cancellazione di Dio dal mondo. Come sempre il rifiuto di Dio prese la forma della menzogna e dell’omicidio.

I limiti del metodo scientifico

Oggi la marea è in pieno riflusso, al punto che si contesta l’utilità stessa della scienza, mentre una diffusa corrente di pensiero che attribuisce ad essa un valore puramente strumentale, in funzione della sua evidente efficacia nell’operare sulla realtà pratica. Si rinfaccia alla scienza e alla sua “compagna di viaggio”, la tecnologia, di costituire un pericolo per l’ambiente e per la specie umana. Si assiste quindi ad un fervido rinascere di atteggiamenti mistici, talora occultistici e dichiaratamente contrari alla scienza ufficiale. Né è privo di significato il fatto che gli stessi scienziati dichiarino di trovarsi di fronte a problemi insolubili, nella matematica come nella fisica.

Nonostante ciò, sarebbe assurdo negare che la scienza abbia validità nel proprio ambito metodologico. Essa si caratterizza, infatti, soprattutto nel metodo, definito come interazione sistematica tra ipotesi e risultati sperimentali riguardanti la realtà sensibile, nel caso delle scienze sperimentali (fisica, chimica, scienze della terra e scienze biologiche), e contrassegnato invece da definizioni differenti e talora controverse per altre aree disciplinari (matematica, scienze economiche, politiche, sociali, storiche). Parlare di “bancarotta della scienza” sarebbe quindi del tutto gratuito, mentre è al tempo stesso necessario riconoscere che il metodo scientifico non permette di risolvere tutti i problemi, né fornisce sempre risultati attendibili.

Ciò dipende anzitutto da una fondamentale mancanza di obiettività. La scienza non è distaccata dall’oggetto del proprio studio, ma vi è immersa e vi prende parte, trasformandolo. Le particelle atomiche vengono deviate dagli strumenti usati per studiarle, per cui la determinazione del loro reale comportamento diviene impossibile (principio di indeterminazione di Heisenberg). Analogamente, ed a maggior ragione, ciò si applica alle scienze sociali ed economiche: i sistemi socio-culturali ed economici vengono modificati dagli studi che se ne fanno, dalla raccolta, elaborazione e diffusione di informazioni che li riguardano. Ciò è inevitabile, per quanto lo scienziato faccia per mantenersi distaccato, cosa che quasi mai riesce.

Ogni trionfalismo razionalistico e scientista, inoltre, è reso aleatorio dal fatto che, col progredire delle conoscenze, l’orizzonte si allarga costantemente invece di restringersi. Le tessere del mosaico non tendono ad andare al loro posto come desiderato, facendo luce su ciò che non si riusciva a comprendere. Al contrario, ogni nuovo passo avanti rivela sempre maggiori abissi di ignoranza. Come appaiono lontani i tempi in cui Newton affermava che, disponendo di sufficienti dati, sarebbe stato possibile descrivere il moto di ogni atomo dell’universo.

Di fronte agli interrogativi ultimi dell’esistenza, poi, il metodo scientifico è disarmato. C’è sopravvivenza oltre la morte? che può dircene la scienza? nulla. È logica, è accettabile l’idea che tutto ciò che l’uomo è stato e ha conosciuto dilegui senza traccia? Perché proprio di questo si tratta, anche se taluno parla di sopravvivenza nei cambiamenti lasciati sulla terra dal morto. Supponiamo pure che un individuo lasci una traccia tanto indelebile da essere ricordato finché esista l’umanità: e quando l’umanità intera sarà estinta? quando questo piccolo pianeta sarà distrutto? Supponiamo che la scienza riesca a dar forma alla società perfetta, dove non esistano più miseria, sfruttamento, campi di “rieducazione” e violazioni dei diritti umani. È un’ipotesi che la scienza non è affatto attrezzata a realizzare, e che invece si potrebbe creare solo applicando il Vangelo, ma non è questo il punto. Comunque realizzato, questo impossibile paradiso in terra non potrebbe durare. Ogni specie biologica si estingue, prima o poi. Perché la nostra dovrebbe fare eccezione? Ogni pianeta viene presto o tardi reso inabitabile o distrutto quanto il sole intorno al quale gravita esaurisce la sua energia potenziale. Forse che alla terra sarà riservato un trattamento speciale? Se esiste soltanto la materia, il nostro destino è quello della materia e le nostre individualità, come persone singole e come specie, sono destinate a perire.

Viviamo attualmente in una società che nega la morte, che non vuol sentirne parlare. Un sorriso di scherno spesso nasconde malamente il disagio. È una società che, più o meno in nome della “ragione” e della “scienza”, ha demolito tutte le certezze. Ebbene, ecco una certezza. Si proclama che “tutto è relativo” (comodo il relativismo nelle mani dei “razionalisti” per demolire le credenze altrui, arma comoda, sebbene a doppio taglio). Ed ecco qualcosa che non è relativo. Noi moriremo, sia individualmente sia come specie. “Poiché tutta la carne è come erba, e tutto lo splendore dell’uomo è simile ai fiori dell’erba”.

Di fronte alla morte e ai destini ultimi (chi siamo? dove andiamo? perché esistiamo?), la scienza tace. Non restano che due vie: negare che porsi tali problemi abbia senso, o riconoscere che, oltre alla scienza, esistono altre legittime fonti di conoscenza. Nel primo caso,l’adepto delle fedi alla rovescia, come il serpente che si morde la coda, dopo aver mutilato l’ambito delle esperienze e delle potenzialità umane, ecco la resa di fronte ai problemi essenziali della vita. Si tratta di un atteggiamento assai diffuso, che in larga misura si mantiene grazie all’accecamento delle coscienze arrecato dalla presunzione e dai vizi.

Se invece si ammette che esistano altre forme di conoscenza, tali problemi possono essere affrontati e, inoltre, il corso della storia umana diviene considerevolmente più comprensibile. Il metodo scientifico sperimentale, infatti, esiste soltanto dal sec. XVII, e non è certo sostenibile che prima di tale epoca l’umanità fosse del tutto sprovveduta. Altre culture, sviluppatesi in epoca prescientifica, hanno creato vastissimi sistemi di conoscenze e conseguito risultati eccezionali in campi pratici come la misura del tempo, l’agronomia e l’architettura. Basti pensare all’antica Cina, all’India, alle civiltà precolombiane, alla stessa civiltà europea fino al sec. XVII.

Ma il metodo scientifico viene sempre ben applicato?

La diffusione del metodo scientifico sperimentale, del resto, fu lenta. Ancor oggi si può dire che la sua adozione sia tutt’altro che universale. Molti gruppi umani vivono tuttora in una realtà prescientifica, mentre non c’è popolo, per quanto avanzato nelle scienze e nella tecnologia, in cui larghi strati della popolazione non si comportino come se la scienza non esistesse. Persino gli stessi scienziati, quando sono “fuori servizio”, si regolano in modo empirico e per nulla scientifico. La componente scientifica ha, nella vita quotidiana dell’Occidente industriale, un peso rilevante ma non dominante. Gli scienziati vi costituiscono una subcultura con propri riti, codici di comportamento, stratificazioni sociali, rivalità, lotte di potere, sistemi repressivi contro gli “eretici”. Emblematico a questo proposito il caso del biologo Benôit, colpevole di scoperte sulla trasmissione dei caratteri ereditari in contrasto con la scienza ufficiale degli anni Cinquanta, e costretto infine a ritrattare le proprie idee.

La montatura sull’AIDS è un altro caso sconcertante. Non è una minaccia nuova: probabilmente esiste da lunghissimo tempo, è solo stato scoperto da poco. Neppure si può dire che si diffonda. Ne sono minacciate, in Europa e nel Nord America, solo determinate categorie a rischio: omosessuali (ma pochissimo le lesbiche), tossicodipendenti, gente soggetta a trasfusioni, emofiliaci. Negli USA il 75% di questa categoria di malati è sieropositivo: la sopravvivenza media di un emofiliaco, da quando è stata “scoperta” la “pericolosità” dell’AIDS, è aumentata da 11 a 20 anni, ma se un emofiliaco muore si dice comunque che è morto di AIDS. La definizione di AIDS viene sempre più estesa fino a comprendere decine di malattie diverse. Si vuole dimostrare che tutta la popolazione ne è minacciata, inclusa la maggioranza eterosessuale normale. Un altro trucco per gonfiare le statistiche è quello di fare riferimento non alle percentuali sul totale della popolazione ma ai numeri assoluti: su cifre piccolissime di partenza si possono facilmente avere aumenti consistenti. I Centri per il controllo della malattia degli Stati Uniti annunciarono che in un solo anno l’AIDS nel gruppo di età al di sotto dei vent’anni era aumentato del 100%: ma la consultazione delle cifre reali mostrò che l’aumento era stato da 9 a 17 casi in tutti gli USA che hanno oltre 250 milioni di abitanti.

L’epidemia viene presentata come disastrosa in Africa, ma i dati per quel continente sono inaffidabili, e vi si muore di moltissime malattie impropriamente classificate come AIDS. Dietro la montatura giornalistica stanno pressioni politiche per assicurarsi enormi finanziamenti per la ricerca. Chi, fra gli scienziati, avanza dubbi non trova né finanziamenti né riviste scientifiche disposte a pubblicare i suoi studi, né pubblicità sui giornali e in televisione. In realtà nessuno sa di preciso cosa sia l’AIDS e cosa lo provochi. La correlazione tra la malattia e il famoso virus Hiv è quanto mai incerta. Vi sono moltissimi individui sieropositivi, ossia che hanno l’Hiv, ma del tutto sani. Altri hanno l’AIDS senza avere l’Hiv. Non potendo spiegare la stranezza, che rischia di far saltare il legame tra il virus e la malattia, la difficoltà è stata accantonata cambiando nome alla malattia: se manca l’Hiv non si parla di AIDS ma di ITL. Nell’insorgenza dell’AIDS possono esservi numerose concause, nessuna delle quali, però, individuata con precisione. Pazienti morti di AIDS che avessero l’Hiv ma nessun’altra causa di depressione immunitaria (altri virus, droghe, rapporti sessuali particolari, denutrizione) non sono stati mai dimostrati con certezza. Questo può significare che l’Hiv non è in grado di infettare gente sana, ma uccide solo se ci sono altre forme di immunodeficienza e di infezione, e dunque è solo una delle cause, oppure che è solo un segnalatore secondario di immunodeficienza. Invece, in tutte le altre malattie infettive, dal morbillo al vaiolo, il paziente ha solo quella malattia ed è attaccato solo dall’agente patogeno corrispondente.

Assai istruttiva è la storia della scoperta dell’Hiv. Essa è strettamente connessa alla vicenda dei retrovirologi: i biologi che studiano i retrovirus. I retrovirologi avevano conosciuto negli anni Settanta del sec. XX un periodo di grande prestigio e ricchissimi finanziamenti. All’inizio degli anni Ottanta erano ancora sulla cresta dell’onda, ma la loro posizione stava facendosi precaria. Non erano riusciti a dimostrare una connessione certa e sistematica fra retrovirus e cancro. Le loro carriere rischiavano di fermarsi. Se i retrovirus erano inerti, niente più finanziamenti, niente più premi Nobel. L’AIDS poteva salvare carriere tanto preziose solo se si fosse potuto dimostrare che era causato da un retrovirus, o persuadere di ciò l’opinione pubblica, ciò che dal punto di vista della carriera e della cattura dei finanziamenti era la stessa cosa. Nacque così la campagna per terrorizzare la gente, con l’Hiv decretato causa dell’AIDS, e con l’AIDS promosso a “peste del secolo”, attribuendogli morti provocate dalle malattie più diverse. Nel mondo anglosassone, i grandi capiscuola delle facoltà di medicina sono soprattutto esperti di pubbliche relazioni, con buoni agganci politici, ed hanno come compito principale non la ricerca scientifica ma il rastrellamento di finanziamenti. Presentare le ricerche del proprio gruppo come la salvezza per l’umanità è quanto di meglio per lucrare un buon bottino. Se le previsioni formulate dai medici si rivelano errate, ciò che nel caso dell’AIDS avviene regolarmente, dato che la cosiddetta epidemia “cresce” solo grazie ad acrobazie statistiche, gli scienziati non dicono “abbiamo sbagliato” ma “c’è un problema imprevisto, dateci più soldi per studiarlo”.

Edificante è poi la saga dei tentativi “eretici” di sconfiggere il cancro. I malati sono una vera miniera d’oro, ai quali propinare i costosissimi farmaci chemioterapici, con favolosi guadagni sia per le case farmaceutiche sia per i baroni della medicina. Una cura economica infliggerebbe un colpo mortale a giganteschi interessi costituiti. Recente è il caso della cura Di Bella, sperimentata in condizioni altamente sfavorevoli, e sulla quale per lungo tempo sono proseguite le polemiche. In precedenza si erano avute le interessanti osservazioni sull’immunità delle capre alla malattia, segnalata dal Dott. Bonifacio: una pista che poteva rivelarsi utile, ma che venne soffocata dalla medicina ufficiale; come si permetteva un semplice veterinario, quale Bonifacio appunto era, di insegnare ai medici?

Motivi parzialmente analoghi stavano dietro le violente polemiche contro la deriva dei continenti (poi trionfalmente affermatasi con la scoperta dei processi di formazione di nuova crosta oceanica) proposta da Wegener. Era “solo” un meteorologo: come si permetteva si ficcare il naso nella geologia?

E come non ricordare le incomprensioni incontrate da J. Harlen Bretz per la sua interpretazione delle tracce dell’alluvione di Spokane, stimata ad oltre 21 milioni di metri cubi d’acqua il secondo, con velocità fino a 30 metri il secondo. Il cataclisma fu causato dal collasso dell’immane diga di ghiaccio del lago Missoula, sul fiume Clark Fork, al termine dell’ultima glaciazione. Le gigantesche forme di erosione e di deposito fluviale, costituivano la prova del colossale flusso d’acqua. Non si voleva tuttavia prestar fede all’interpretazione data da Bretz alla geomorfologia della zona, poiché l’attualismo dominante nelle scienze della terra portava ad escludere fenomeni catastrofici e a sostenere invece che ogni forma della superficie terrestre fosse il risultato di un graduale operare delle stesse cause “attuali” tuttora operanti: un punto di vista valido in molti casi, ma che si voleva estendere in forma dogmatica, escludendo qualunque evento eccezionale e catastrofico. Occorsero esattamente trent’anni, infinite polemiche e contestazioni, che segnarono tutta la carriera di Bretz, prima che alle sue idee venisse resa giustizia. Il valido ed entusiasta studioso quarantenne era ormai uno stanco settantenne. Eppure il modello interpretativo formulato da Bretz era valido ed anticipatore a tal punto che, quando le sonde spaziali resero disponibili foto ravvicinate della superficie di Marte, si trovarono sul pianeta rosso significative tracce di alluvioni catastrofiche assai simili a quelle da lui studiate ed interpretate presso Spokane.

Come nacque l’attualismo? Era sorto in Scozia ad opera degli scozzesi James Hutton (1726-1797) e Charles Lyell (1797-1875). E perché nacque? Sia Hutton che Lyell erano atei, e i loro studi furono costantemente impostati in diretta polemica contro l’interpretazione letterale della Bibbia adottata dai protestanti. Come tutte le posizioni ideologiche atee, trovò pronto sostegno nei circoli politicamente corretti del tempo, fino a diventare dogma rigido e indiscutibile, che servì di appoggio concettuale anche alla mistificazione evoluzionistica darwiniana.

Dapprima il protestantesimo aveva fatto una caricatura del Cristianesimo, riducendolo alla sola Scrittura interpretata in modo letterale e arbitrario, poi contro questa caricatura si accanirono i laicisti di matrice protestante. È la classica strategia di tutti i propagandisti e di tutti gli agit-prop, ma ciò che è straordinaria è la continuità nei secoli di questa diabolica aggressione alla Verità cristiana. È il caso di ricordare l’etimologia della parola “diavolo”? Derivante, dal greco diabolos, significa “colui che divide”.

Altre vie alla conoscenza:

Se il metodo scientifico non è sempre ben impiegato, neppure è l’unica via alla conoscenza. Ciò non significa che altre vie siano in alcun modo alternative o sostitutive rispetto al sapere scientifico. Esse al contrario si pongono nei confronti della scienza in un rapporto di interazione e di reciproca integrazione.

a) prima via: empirismo, intuizione, buon senso

La prima di tali vie — prima sia cronologicamente sia per immediatezza e diffusione — è un misto di empirismo, intuizione e buon senso, cui si devono i più antichi e fondamentali passi avanti compiuti dall’umanità: la scoperta del fuoco, la domesticazione degli animali e delle piante, la ruota e la leva, la ceramica e la tessitura, la fusione dei metalli, il vino, la birra, il pane. Questa prima via, che costituisce tuttora la base della vita pratica d’ogni giorno, trova generalmente poco spazio nei programmi scolastici, se non forse nei corsi di economia domestica e nell’addestramento dei Boy Scouts.

Gli umili ma indispensabili saperi di questo tipo sono strettamente alleati alla scienza, perché non tendono all’assoluto, ma alla soluzione di problemi concreti. Al contrario, lettere e arti, filosofia, teologia, tendono per loro natura all’assoluto: bellezza suprema o verità suprema. Se poi tali vertici vengono raggiunti o meno, è argomento aperto, caso per caso, alla discussione. Anche la scienza, quando degenera in scientismo, tende all’assoluto, ma non si tratta allora che di una contraddizione in termini nata dalla presunzione umana.

Empirismo, intuizione e buon senso stanno pure alla base di qualsiasi sistema legale, da quelli apparentemente più “semplici” come quelli tribali, fino allo sviluppo dei diritti più avanzati, come il diritto romano e i suoi derivati, sostenuti dalla logica e dalla filosofia del diritto.

b) seconda via: lettere e arti

Lettere e arti (inclusa la musica) si fondano ovviamente su intuizione e sentimento, senso estetico e potere dell’immaginazione. Ruoli spesso dominanti hanno in esse i simboli e le corrispondenze nascoste. Le espressioni artistiche di ogni cultura rivelano tensioni verso l’universale e l’inesprimibile, mostrano l’esistenza di una forza spirituale che trascende interamente la materia e che si esterna in forma simbolica, che trascende la materia stessa (suono fonetico o musicale, marmo, bronzo, colore o altro) come semplice veicolo espressivo.

È ormai dimostrato, ad esempio, che la città a maglie quadrate del mondo classico, lungi dall’avere una funzione puramente utilitaristica, rispondeva a profonde analogie cosmologiche, ad un tentativo cioè di ricreare il macrocosmo esterno nel microcosmo urbano. Analoghe rispondenze si ritrovano nella basilica paleocristiana e in genere negli edifici di culto di ogni civiltà. Nessuno nega che la cattedrale gotica sia nata in ben precise circostanze socio-economiche e nel quadro di un determinato sviluppo storico, ma si condanna a non capirne nulla chi, legato ad una visione materialista, non veda come essa è animata da un profondo simbolismo, vivificata da uno slancio verso il Divino che si ritrova del resto in modo analogo e coerente nella pittura, nella scultura, nella musica e nella letteratura della stessa epoca gotica, alla quale appartiene, fra l’altro, la Divina Commedia — un’opera di cui faremo bene a tesaurizzare le copie disponibili prima che l’attacco concentrico di islamici e omosessuali la mettano fuori legge e ne decretino il bruciamento sulla pubblica piazza per la duplice offesa di aver collocato il falso profeta Maometto e i sodomiti nel posto che loro compete all’inferno.

c) terza via: filosofia

La filosofia è, per l’adepto delle “fedi alla rovescia”, un semplice accessorio della scienza. Si tratta di una visione gravemente riduttiva e tale da mutilarne gravemente le potenzialità. Ad abbassare il prestigio della filosofia contribuisce l’impressione che, diversamente dalla scienza, essa non faccia che distruggere se stessa, ogni sistema filosofico tendendo ad escludere tutti gli altri. Ciò non è meno errato dell’analoga accusa che talora viene rivolta alla scienza. In ambedue i campi del sapere, invece, solidi fondamenti di metodo sono stati posti: i filosofi, ad esempio, hanno creato la logica, vera e propria metodologia del ragionamento, sulla quale si basa la matematica, sostegno vitale a quasi ogni altra branca scientifica. Interessante è poi il fatto che la speculazione filosofica abbia in molti casi precorso e anticipato la scienza, e come il pensiero di numerosi scienziati si sia plasmato su letture filosofiche: Werner Heisenberg fa testo a questo proposito.

La filosofia fornisce inoltre l’insostituibile base razionale all’attività pratica (filosofia morale, filosofia del diritto). L’originalità e la rilevanza dei sistemi filosofici prodotti da una determinata civiltà sono elementi essenziali nella valutazione del livello della civiltà stessa. Anche tribù prive di scrittura, d’altronde, hanno rivelato di possedere sofisticati sistemi filosofici tramandati oralmente e denuncianti una spiccata spiritualità.

Infine la metafisica, una essenziale branca filosofica quanto mai invisa ai settari, dimostra in molteplici modi, del tutto indipendenti dalla Rivelazione, l’esistenza di Dio, come esaurientemente dimostrato da San Tommaso D’Aquino nella Summa contra gentiles. Ed qui che il sedicente “razionalista”, abituato a contrapporre la sua fantomatica Dea Ragione alle pretese “superstizioni” della religione, subisce la sua più cocente sconfitta. Al contrario, la razionalità cristiana medievale ha in più di un aspetto precorso e anticipato la scienza sperimentale, oltre a creare le condizioni per autentici progressi tecnologici ed economici.

Non avremmo avuto la rivoluzione industriale senza la valorizzazione cristiana del lavoro manuale e la promozione del senso del tempo da parte degli ordini monastici. Se poi tale importante rivoluzione economica ha assunto anche aspetti negativi, ciò si deve solo al cattivo uso fatto delle invenzioni e del benessere che ne scaturirono.

d) quarta via: teologia

La teologia ha due pilastri — Rivelazione e ragione — a differenza della filosofia che ha il solo sostegno del raziocinio. È contro la Rivelazione, e quindi contro la teologia, che più violenta si è appuntata la critica “razionalista”, ossia quella degli idolatri, non della ragione umana, ma della propria ragione, assumendo posizioni estreme e ascientifiche, spesso in aperta contraddizione fra loro e con l’evidenza storica. Il Vangelo è stato dichiarato, in tutto o in parte, “storicamente innattendibile”, Cristo una “figura leggendaria”.

In epoca recente tale grossolanità positivista ha ceduto il posto ad un attacco più sottile, e quindi più insidioso. Si tende ad ammettere la storicità di Cristo (le prove sono troppo schiaccianti), ma al tempo stesso si “ridimensiona”, si “interpreta”, si “approfondisce”, alla vacillante luce dei propri pregiudizi personali. Alla base di tale atteggiamento stanno molteplici storture, prima fra tutte la presuntuosa idea secondo cui le conoscenze umane oggi avrebbero raggiunto livelli ineguagliati: da tali vette lo spirito dei nostri tempi — ossia lo spirito di lorsignori — potrebbe permettersi di contemplare con sufficienza tutto ciò che è stato pensato e fatto in epoche passate. Gli odierni punti di vista e gli odierni pregiudizi costituirebbero dunque un termine di riferimento assoluto rispetto a tutto il resto. È tempo di capovolgere questa moda e di relativizzare coloro che pretendono di relativizzare gli altri.

Chi ci garantisce, infatti, che preziose conoscenze antiche non siano andate perdute? o che le nostre capacità di riflessione e di concentrazione non sianmo soffocate dalla babilonia di oggi? o che i nostri poteri di percezione non si siano ottusi? Perché il boscimano nel Kalahari, trincerato nella sua cultura paleolitica, trova l’acqua sotterranea dove l’uomo “civile”, giunto in aereo da New York o da Tokyo, muore di sete? Chi ci assicura che quegli ebrei del primo secolo non sapessero distinguere un vivo da un morto (“Signore, è di quattro giorni e già puzza”) o non fossero in grado di rendersi conto se stavano bevendo acqua o vino? E come mai, i sofisticati calcoli degli odierni ingegneri riescono a produrre teatri acusticamente opachi, mentre le chiese romaniche progettate da umili maestri d’ascia hanno un’acustica perfetta?

Nessun testo dell’antichità è sostenuto da un apparato critico e filologico paragonabile a quello dei Vangeli. Oltre 2500 sono i codici completi, più di 1500 quelli incompleti (inclusi frammenti databili senza alcun dubbio a pochissimi anni di distanza dai fatti raccontati), senza contare circa 30.000 codici di versioni, e trascurando le citazioni di autori sia cristiani che eretici e pagani, dalle quali si può ricostruire l’intero testo evangelico. È bene non dimenticare che nessuno dubita dell’autenticità di Sofocle, ad esempilo, del quale ci è rimasto un solo codice. E parimenti nessuno dubita della realtà storica di personaggi remoti e nebulosi come il faraone Echnaton o il re babilonese Hammurabi, sui quali la documentazione è, sì, assai tenue, ma che hanno in compenso l’inestimabile vantaggio di non turbare i sonni della nostra coscienza di peccatori.

Che quattropersone diverse, quali erano gli evangelisti, con diversa personalità e ineguale base culturale, raccontino sostanzialmente la medesima storia — con la conferma diretta o indiretta di vari altri autori, non tutti cristiani — che questa storia sia stata profetizzata nei minimi dettagli molti secoli avanti (tutto l’Antico Testamento è preparazione e profezia del Nuovo), che fatti soprannaturali continuino a ripetersi anche oggi (Lourdes, Fatima, miracoli analoghi alla moltiplicazione dei pani da parte di S. Francesca Romana, S. Chiara d’Assisi, S. Giovanni Bosco, che di tali fatti non esista e non possa esistere alcuna spiegazione materialistica, tutto ciò avrà pure un significato.

Gesù Cristo è unico non confrontabile con alcun altro fondatore di religioni. Per i primi tre secoli dell’era cristiana, testimoniare della Sua Divinità a Roma e in tutto il mondo di allora ha comportato persecuzione e morte. Né le persecuzioni sono mai cessate: per mano di estremisti d’ogni fede o mancanza di fede esse continuano, cruente o meno, in tutto il mondo. Ma la catena della testimonianza non si è mai spezzata. Non hanno potuto spezzarla le eresie, gli scismi, i tradimenti dei chierici, le “fedi alla rovescia”.

Una scala di valori

Empirismo, intuizione, buon senso, lettere e arti, filosofia, teologia: tutte forme di conoscenza non “scientifiche”, ma non per questo meno valide. Dal fatto che esse esistano la scienza non patisce alcun danno, ma anzi viene opportunamente inquadrata e sostenuta, così da poter meglio adempiere ai propri importanti compiti conoscitivi e pratici.

Né la scienza né la tecnologia, infatti, sono in grado di stabilire in modo autonomo una scala di valori, mentre la loro stessa potenza di modificare — in bene o in male — la vita umana richiede che esse operino secondo un positivo orientamento morale, il quale non può venire che dalla filosofia e dalla teologia. È appena il caso di rilevare che non un solo problema rimarrebbe senza soluzione, in questo come in qualsiasi altro campo, se ci si decidesse finalmente ad applicare il Vangelo.


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