Era finalmente spuntato il gran giorno, il giorno del giudizio papale per il grande progetto dell’affresco del Giudizio universale nella Cappella Sistina. Clemente VII, al secolo Giulio De’ Medici, rivolse al grande artista uno sguardo stanco, in cui si avvertiva il peso delle innumerevoli delusioni e sconfitte subite, non senza una buona parte di colpa da parte dello stesso Papa. Il sacco di Roma e i sette mesi di prigionia in Castel Sant’Angelo, l’umiliazione della fuga travestito da venditore ambulante, le beffe di Pasquino, non erano ricordi facili da dimenticare. Ma come committente d’arte appariva sicuro di sé, forte del potere delle chiavi, perché a lui competeva guidare l’artista nella difficile impresa di esprimere i misteri della Fede. E così, con grave cipiglio, apostrofò subito Michelangelo Buonarroti:
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Era finalmente spuntato il gran giorno, il giorno del giudizio papale per il grande progetto dell’affresco del Giudizio universale nella Cappella Sistina. Clemente VII, al secolo Giulio De’ Medici, rivolse al grande artista uno sguardo stanco, in cui si avvertiva il peso delle innumerevoli delusioni e sconfitte subite, non senza una buona parte di colpa da parte dello stesso Papa. Il sacco di Roma e i sette mesi di prigionia in Castel Sant’Angelo, l’umiliazione della fuga travestito da venditore ambulante, le beffe di Pasquino, non erano ricordi facili da dimenticare. Ma come committente d’arte appariva sicuro di sé, forte del potere delle chiavi, perché a lui competeva guidare l’artista nella difficile impresa di esprimere i misteri della Fede. E così, con grave cipiglio, apostrofò subito Michelangelo Buonarroti: