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Con il titolo originale “The day the Earth stood still”, prodotto dalla Twentieth Century Fox e interpretato da Michael Rennie in veste di alieno e diretto da Robert Wise (che dirigerà poi il buonista e pacifista Star Trek), questo film del 1951 propone l’edificante storia ultrapacifista del disco volante che un bel giorno atterra a Washington. Ne esce l’alieno Klaatu (Michael Rennie), pieno di buone intenzioni, ma subito uno dei militari mandati a circondare l’astronave gli spara, ferendolo. Esce allora dal velivolo alieno un gigantesco robot che dirige un raggio su tutte le armi presenti, distruggendole. Il ferito viene portato all’ospedale, dove in brevissimo tempo guarisce, grazie non alle cure dei medici terrestri ma per le sue straordinarie conoscenze mediche extraterrestri.

 Rennie chiede di parlare a tutti i governanti dell’umanità, avendo cose importantissime da comunicare, ma ciò non è possibile in un mondo diviso dalla guerra fredda (e anche un po’ calda: era infatti in corso la guerra di Corea). Allora evade, con estrema facilità, naturalmente, dall’ospedale e si mescola con la gente. Grande agitazione nelle alte sfere e anche in quelle medie e basse: che avrà in mente quello spaventoso alieno? Rennie trova alloggio in una pensione e fa amicizia con un bambino decenne, grazie al quale entra in contatto con il professor Barnhardt, un grande scienziato che assomiglia molto ad Einstein: non riuscendo a parlare con i politici, pensa di comunicare con l’umanità attraverso gli scienziati.

Barnhardt, che intuisce l’importanza della missione di Rennie, acconsente ad organizzare una grande conferenza di scienziati, ai quali l’extraterrestre potrà parlare, dopo aver dato una dimostrazione di forza per ammorbidire le resistenze. Ma le faccende si complicano perché la madre del bambino (che è vedova di guerra) comincia a preoccuparsi, e più si preoccupa il corteggiatore di lei che vede in Rennie un potenziale rivale. Nella notte Rennie esce dalla pensione, raggiunge il disco volante e comunica mediante segnali luminosi con il robot, il quale mette fuori combattimento, senza ucciderli, i due soldati di guardia. Così l’alieno può entrare nell’astronave e predisporre la dimostrazione di forza, che consisterà nel togliere la luce elettrica all’intero pianeta per una mezz’ora, con significative eccezioni (ospedali e aerei in volo).

Ma il bambino lo ha seguito e ha così scoperto la sua identità, e ne informa la madre e il corteggiatore di lei. Rennie e la madre del bambino restano bloccati in ascensore dal black out, e l’alieno ha la possibilità di spiegarle la sua missione. Ma il corteggiatore, fra la gelosia e il miraggio di una ricompensa, lo denuncia alle autorità. Si apre così la caccia a Rennie, che viene abbattuto dai soldati. Prima però egli ha avuto il tempo di avvertire la vedovella dell’estrema pericolosità del robot, che nel frattempo, per neutralizzarlo, è stato incapsulato in un parallelepipedo di resistentissima resina. Manco a dirlo, non appena Rennie è  fuori combattimento, il robot si libera con estrema facilità della plastica e comincia la sua opera di distruzione. Fortunatamente la vedova riesce a fermarlo pronunciando una formula di comando che Rennie le aveva insegnato.

Il robot rapisce la donna, chiudendola nell’astronave parcheggiata e va poi a prendere il cadavere di Rennie, porta anche questo nel disco volante e lo risuscita (ovviamente piccole magie facilissime per gli extraterrestri).

Ma sono poi tanto extraterrestri? Le poche parole pronunciate dall’alieno sono esattamente otto (anzi, sei, perché una è ripetuta due volte).

“Gort, glet dobrosko”, dice Rennie per fermare il robot che sta distruggendo le armi dei terrestri. (Gort, va bene.)

“Gort, barada nikto”, è la frase magica per fermare il robot quando comincia ad a far fuori, oltre alle armi, anche gli esseri umani. (Gort, non far male a nessuno.)

“Gort, morrìngher”, sembra essere l’ordine al robot di imbarcarsi sul disco volante per ripartire (Gort, andiamo).

Otto parole, delle quali ben due sono evidentemente copiate dal russo. Infatti, “dobro” significa “bene”, e “nikto” vuol dire “nessuno”. Evidente il messaggio politico. E poiché il film è del 1951 occorre tener presente che russo voleva dire sovietico, e ancora in epoca staliniana: Stalin sarebbe morto due anni dopo.

Intorno all’astronave si è radunata la conferenza degli scienziati, dalla quale esce il risorto Rennie che arringa la folla spiegando che gli extraterrestri (sovietici?) sono preoccupati della crescente potenza distruttiva delle armi terrestri, che potrebbe finire per fare la bua anche agli altri pianeti. Loro, gli extraterrestri hanno escogitato un metodo per mantenere la pace: hanno costruito una sorta di “polizia” formata da robot dalla potenza praticamente illimitata che annientano chiunque intraprenda un’azione offensiva. In questo modo, liberati dalle guerre, gli extraterrestri (sovietici?) vivono come popoli amanti della pace, sviluppando scienze ed arti. Attenti terrestri (americani), se continuerete a fare i cattivi, finirete distrutti, perché i nostri robot non perdonano.

Terminata l’arringa, Rennie se ne riparte col suo disco volante lasciando gli allibiti terrestri a meditare. Mentre quelli meditano, è il caso di fare un po’ di meditazione anche noi, rispondendo a qualche probabile domandina dei lettori che eventualmente fossero arrivati fin qui invece di passare, sbadigliando, ad un’altra schermata.

Perché ripescare una pellicola vecchissima, che appartiene ormai alla preistoria del genere cinematografico di fantascienza?

Perché, come spesso avviene con la fantascienza, non si tratta di una semplice storia fantastica. Contiene infatti un messaggio sociologico ben preciso.

Chiaro. Si tratta di un messaggio pacifista dettato dalla paura di una possibile guerra atomica. Non è così?

Questa è solo una parte del problema, e probabilmente non la più importante.

E allora qual è la parte più importante del messaggio?

È una sottile esortazione al mondialismo che promana, e non da ieri, dai circoli megafinanziari e petroliferi di Wall Street, e in generale dall’imperialismo americano, perché il mondo nuovo sognato da Rockefeller, Rotschild, Morgan, Soros, e compagnia cantante, deve naturalmente recare lo stampino a stelle e striscie ed è amico fraterno del peggior comunismo, più o meno metamorfosato in ambientalismo per conclamato disastro del modello comunista.

Ma Rockefeller e gli altri non sono ebrei?

Esatto. La finanza di Wall Street è in gran parte in mano a grandi famiglie ebree. Si aggiunga l’aspetto palesemente ebraico nonché einsteiniano del grande scienziato, l’unico in tutto il pianeta che capisce Rennie e lo aiuta. Si aggiunga pure un altro piccolo particolare: il nome del tremendo robot che potrebbe distruggere tutta la terra ma non lo farà se sarete buoni.

E come si chiama?

Si chiama Gort.

Ebbene?

Gort richiama immediatamente Golem, non solo nel nome, ma anche nei suoi straordinari poteri. Ecco un estratto dalla voce “Golem”, da Wikipedia, che chiarisce molte cose.

Secondo la leggenda chi viene a conoscenza della Qabbalah, e in particolare dei poteri legati ai nomi di Dio, può fabbricare un golem, un gigante di argilla forte e ubbidiente, che può essere usato come servo, impiegato per svolgere lavori pesanti e come difensore del popolo ebraico dai suoi persecutori. Può essere evocato pronunciando una combinazione di lettere alfabetiche.

Si dice che il Golem sia stato formato attraverso il testo Sefer Yetzirah: esso risale alla sapienza di Avraham e si distingue per l’esegesi sui segreti dell’alfabeto ebraico, delle Sefirot nel legame con l’anatomia del corpo umano, con i pianeti e con mesi, giorni e segni zodiacali: queste tre figure – l’uomo, il mondo e l’anno – rappresentano tre testimoni completi. Il maestro che voleva formare un Golem, così si racconta, si serviva delle lettere ebraiche.

Il Golem era dotato di una straordinaria forza e resistenza ed eseguiva alla lettera gli ordini del suo creatore di cui diventava una specie di schiavo, tuttavia era incapace di pensare, di parlare e di provare qualsiasi tipo di emozione perché era privo di un’anima e nessuna magia fatta dall’uomo sarebbe stata in grado di fornirgliela.

Nell’opera di Ahimaaz ben Paltiel, cronista medievale del XII secolo, si narra che nel IX secolo un rabbino, Ahron di Bagdad, scopre un golem a Benevento, un ragazzo a cui era stata donata la vita eterna per mezzo di una pergamena. Sempre alla fine del IX secolo, secondo la cronaca di Ahimaaz, nella città di Oria risiedevano dei sapienti ebrei capaci di creare golem, i quali smisero di praticare questa attività dopo una divina ammonizione.

Si narra che nel XVI secolo un sapiente europeo, il rabbino Jehuda Löw ben Bezalel di Praga, cominciò a creare golem per sfruttarli come suoi servi, plasmandoli nell’argilla e risvegliandoli scrivendo sulla loro fronte la parola “verità” (in ebraico אמת [emet]). C’era però un inconveniente: i golem così creati diventavano sempre più grandi, finché era impossibile servirsene: il mago decideva di tanto in tanto di disfarsi dei golem più grandi, trasformando la parola sulla loro fronte in “morto” (in ebraico מת [met]); ma un giorno perse il controllo di un gigante, che cominciò a distruggere tutto ciò che incontrava. Il Golem, non come deità ma come una sorta di angelo, la cui natura nella Qabbalah è segreta, però creato dal maestro in grado di unirne il potere spirituale alla Volontà di Dio, si racconta operasse anche per la difesa di alcune comunità ebraiche dell’Europa orientale. Ripreso il controllo della situazione, il mago decise di smettere di servirsi dei golem che nascose nella soffitta della Sinagoga Vecchia-Nuova, nel cuore del vecchio quartiere ebraico, dove, secondo la leggenda, si troverebbero ancora oggi.

E questo Golem (in arte Gort) ha addirittura il potere di resuscitare i morti?

Evidentemente sì, anche se, per tranquillizzare i cristiani (una minoranza ancora non troppo perseguitata negli USA di sessantacinque anni fa), l’alieno si affretta ad assicurare che il padrone della vita è pur sempre Dio, mentre il Golem riesce a ridare la vita solo per un certo tempo. Resta comunque un’impressionante scimmiottatura della Resurrezione, quando il Golem di ebraica ascendenza mette in azione l’infernale marchingegno installato sul disco volante, parcheggiato in una piazza di Washington, e l’alieno morto ricomincia a respirare e si alza, fresco come una rosa al mattino.

La bufala mondialista, come pure la sottile scimmiottatura derisiva di uno dei più venerabili misteri della storia sacra, addirittura la Resurrezione di Nostro Signore, ha dunque radici antiche e si nasconde perfino nella più innocua fantascienza, destinata a platee dai gusti facili e facilmente suggestionabili.

Meditate, gente, meditate.

EMILIO BIAGINI


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