ORO O O LATTA: QUESTO È IL PROBLEMA
Abbiamo deciso di premiare con opportuni segni del nostro apprezzamento le opere letterarie e cinematografiche che hanno attratto il nostro interesse. Questa rubrica viene aggiornata quando ci pare e il nostro giudizio è inappellabile.
I TRIGOTTI
And the winner is …….
FRANCESCO MAJ (2015) Carmi, Torino, Opera Diocesana Preservazione Fede
Siccome non siamo del tutto convinti, per ragioni che illustriamo qui di seguito, si tratta di un’Aquila dimezzata.
Segue una critica dell’opera a firma di Emilio Biagini:
Questi carmi, assai meno compiuti delle altre opere, si discostano dalla produzione precedente anche per l’impostazione teologica, che sembra inclinare verso un panteismo non proprio conciliabile con la retta dottrina della Santa Madre Chiesa. E infatti, sono diretti a quelli che in qualche modo avvertono la “funzione essenziale dell’universo”, che sarebbe “una macchina destinata a creare divinità” (sic). La divinità sarebbe dunque “creata” dall’evoluzione della materia? Che ne è del Dio trascendente, onnipotente ed eterno, creatore del Cielo e della terra?
Trovo assai inquietante questa espressione bergsoniana premessa al volume. Bergson non era certo cattolico, anche se si dice che, col tempo, si sarebbe in qualche modo avvicinato al cattolicesimo. Le sue tesi, però, hanno ispirato i “cattolici” modernisti, ossia eretici che devastavano (e tuttora devastano) la Chiesa dall’interno, e ciò non stupisce affatto, date le strampalate idee di una creazione continua senza una teleologia espresse dal filosofo francese. La sua “evoluzione creatrice” e il suo “slancio vitale” conducono al panteismo, e in definitiva all’ateismo (perché se Dio è il mondo, che bisogno c’è più di Dio? basta il mondo), e queste non sono assolutamente idee conciliabili col Magistero.
Una nota a margine: cos’è il “lungopeolo”? (p. 39). Forse un refuso per “lungopeplo”?
In conclusione, fermo restando il giudizio positivo sulla qualità poetica di Francesco Maj (in genere, al suo meglio però non qui ma soprattutto in composizioni intimistiche come, ad esempio, “Il giorno dei morti”), direi che questo volume non aggiunge gran che al riconosciuto valore dell’opera del Maj.
Piuttosto, questo volune richiederebbe un accurato ripensamento sul piano dottrinale, per non portare acqua al mulino dell’eterodossia, che ne riceve già fin troppa dall’infelice mondo laicista.
EMILIO BIAGINI
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