ORO O LATTA: QUESTO È IL PROBLEMA
Abbiamo deciso di premiare con opportuni segni del nostro apprezzamento le opere letterarie e cinematografiche che hanno attratto il nostro interesse. Questa rubrica viene aggiornata quando ci pare e il nostro giudizio è inappellabile.
I TRIGOTTI
Abbiamo il piacere di conferire l’aquila d’oro a questo importantissimo saggio del coraggioso giornalista e scrittore MARIO GIORDANO:
MARIO GIORDANO, Profugopoli, Milano, Mondadori, 2016, € 18,50.
Questo interessante e documentatissimo libro si potrebbe pure intitolare “Gli apprendisti stregoni”, perché dipinge una realtà di degrado nazionale della quale dovremo pagare le amare conseguenze. È uno studio sull’immane scandalo dell’immigrazione selvaggia, un affare sul quale in Italia si sono buttati i personaggi più strani e inquietanti: operatori improvvisati allo sbaraglio, affaristi, colossi dell’“accoglienza” ai cosiddetti “profughi”, albergatori con poca voglia di lavorare, multinazionali, opportunisti, crimine organizzato, farabutti e sfruttatori vari, preti col vizietto che abusano di minori. In gran parte si tratta di figuri provenienti dalla sinistra laica o sedicente cattolica, ma tutte le tendenze politiche sono rappresentate. I profughi rendono più della droga e possono pure essere usati come manodopera gratuita, togliendo lavoro agli italiani.
Perché tanta gente si è buttata a pesce sull’affare dei “profughi”? Per lucrare sui finanziamenti statali, cioè sul denaro che il regime ci succhia con le tasse. Invece di darsi da fare per produrre reddito autentico, è meglio evidentemente attaccarsi alle mammelle statali. Società che faticavano a tirare avanti sono riuscite, grazie alle poppate da Mamma Stato, a raddoppiare, triplicare, decuplicare il fatturato; in molti casi sono diventate veri e propri colossi economici. I “profughi” sono oggetto di gare d’appalto, oppure assegnati “in trattativa privata” da prefetture o comuni.
E i poveretti sono contenti? Come no? Spesso e volentieri stipati all’inverosimile in strutture inadatte e fatiscenti, in condizioni indescrivibili di puzza e sudiciume, dove corrono coltellate e droga, e da cui talvolta partono incursioni criminali in case vicine e lontane. Non di rado i “profughi” vengono alloggiati in località turistiche di grande valore artistico, culturale e paesaggistico. Non mancano le proteste e i blocchi stradali, ogni tanto ci scappa la rissa e i feriti. I turisti scappano, i residenti si spaventano per l’invasione. Se qualcuno protesta, si fa presto: lo si taccia di “populismo” o “razzismo” (l’epiteto “fascista” è in declino e ha perso molto del suo potere deterrente).
Poi, perché questi “profughi” sono quasi tutti maschi giovani? In caso di guerra, non sarebbe più opportuno mettere al sicuro piuttosto le donne e i bambini? E “profughi” da che cosa? Se si va a vedere, quasi tutti vengono da paesi che non sono affatto in guerra. Non a caso, scarseggiando le giustificazioni valide, si comincia a parlare di “profughi climatici”, come se i (presunti) cambiamenti del clima fossero colpa del bieco capitalismo che deve porvi rimedio. Nel libro non si accenna a questo aspetto, ma può essere un buon spunto per una seconda edizione.
Il problema più grave, poi, è l’infiltrazione di terroristi islamici, di fronte alla quale il regime volta coscientemente la testa (o quanto ne rimane) dall’altra parte. Cosa devono ancora fare gli islamici per persuaderci che mirano apertamente a conquistarci? L’hanno affermato apertamente più di una volta che conquisteranno l’Occidente grazie ai ventri delle loro donne (mentre noi facciamo sempre meno figli), hanno proclamato che si impadroniranno di Roma e faranno di San Pietro una moschea, hanno perpetrato sanguinosi attentati, e i beoti che ci malgovernano si affrettano a chiudere gli occhi, così come li chiudevano di fronte al terrorismo comunista (sempre “sedicente”).
Pretendiamo di far convivere sullo stesso territorio tutto e il contrario di tutto: femminismo, omosessualismo, laicità estrema e islam, tutto insieme. Gli islamici ci disprezzano due volte: perché siamo cristiani e perché non lo siamo neppure più, e per loro l’uomo senza Dio è al di sotto del maiale (del resto, come dare loro torto?).
Frattanto andiamo perdendo il controllo del suddetto territorio: nel Centro-Nord d’Europa, a Londra, a Bruxelles, a Parigi, a Francoforte, già interi quartieri sono governati con la sharìa e la polizia dei vari regimi laicisti non vi entra; fra poco accadrà anche da noi. I poteri forti si affannano a distruggere la famiglia e le nostre radici cristiane, e così non abbiamo altro da opporre all’islam che una cultura tanatofila, una cultura della morte, una cultura del niente, pronta a disintegrarsi al primo urto perché già praticamente disintegrata.
Come ben sottolinea l’autore, questo aiutare gli altri a distruggerci è proprio delle civiltà giunte all’estrema decadenza. E non ci si venga a dire che è un’esagerazione. Non ci si venga a dire che è un discorso degno di Cassandra. Se i troiani avessero ascoltato la loro profetessa “verace sempre e non creduta mai”, Troia non sarebbe caduta.
EMILIO BIAGINI
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