•  
  •  
  •  

POVERA EUROPA

Che aria tira nelle auliche stanze dell’euroburocrazia?

 

Nelle stanze euroburocratiche, insieme ai lauti stipendi e all’aria condizionata, circolano i miasmi cimiteriali dell’inno europeo, il prestigioso quarto movimento della Nona Sinfonia in re minore op. 125, “Corale”, di Ludwig van Beethoven, su testo dell’“Ode alla gioia” di Friedrich Schiller. La “gioia” cantata dal poeta è naturalmente quella massonica, radicata nella cimiteriale filosofia della gnosi, in diretta opposizione alla presunta “tristezza” della Fede cattolica. È un folle “salto in avanti”, quello che Schiller propone in quell’ode: una tabula rasa che, ignorando la realtà, dipinge un mondo “magico” di inesistente e impossibile bontà, da ottenersi abbracciando questa generica e impalpabile “gioia”.

L’Europa unita era cominciata, nel dopoguerra, con quello che sembrava un indirizzo cristiano impresso da Adenauer, Schumann e De Gasperi. Il massone Richard Nikolaus, conte di Coudenhove-Kalergi, e il Paneuropa-Bewegung (Movimento Paneuropa), da lui fondato, si incaricarono di imprimere al processo di unione europea un’impronta decisamente laicista e cristianofobica, di pretto stile massonico, ottenendo davvero un brillante successo. Fin dal 1955, il Coudenhove-Kalergi cominciò ad agitarsi perché l’ode di Schiller, modificata e musicata da Beethoven, divenisse il nuovo inno europeo. Dal 1972 venne adottata dal Consiglio d’Europa, e nel 1985 divenne inno ufficiale dell’Unione Europea.

Un esame del testo schilleriano rivela agghiaccianti caratteristiche di poesia satanica e un’assoluta incompatibilità col Cristianesimo: la “gioia” massonica farebbe diffondere una mitica “simpatia” che “eleva alle stelle”, dove “in trono siede l’ignoto” (Zu den Sternen leitet sie, wo der Unbekannte thronet). Tutti gli esseri “bevono gioia ai seni della natura, tutti i buoni, tutti i cattivi seguono la sua traccia rosata” (Freude trinken alle Wesen an den Brüsten der Natur; alle Gute, alle Bösen folgen ihrer Rosenspur). Non è chiaro come la “simpatia” possa far ascendere alle stelle, non è chiaro come questa mescolanza di buoni e cattivi possa conciliarsi con la giustizia, ma soprattutto disturba quella parola “l’ignoto” (il Dio infinitamente misericordioso, che si è fatto crocifiggere per salvarci, sarebbe “ignoto”?), come pure il fatto che si parli alternativamente di “dei” (Götter) e di “un Dio più grande” (großer Gott): confusione gnostica e superficiale politeismo sono qui mescolati in modo grottesco.

Peggio, vi è l’autoassoluzione dell’umanità (unser Schuldbuch sei vernichtet / ausgesöhnt die ganze Welt!, “il libro del giudizio sia annientato, riconciliato sia il mondo intero”), come se toccasse all’uomo giudicare se stesso e autoassolversi. Evidente l’inganno insito nell’intero discorso: delinea un’umanità redenta di forza propria, non bacata dal peccato originale e da tutti i peccati successivi, affogata in un mare di buonismo che è asfissiante utopia, del tutto irraggiungibile e priva di senso. Il massone Schiller propone il perdono universale, anche a chi non si pente: è appunto il perdono diabolico, che assicura la stabilizzazione del disordine e dell’ingiustizia. Subdolamente, tale perdono diabolico viene mascherato da una superficiale somiglianza alla dottrina cristiana del perdono: “rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” diventa richtet Gott, wie wir gerichtet, “Dio giudica come noi giudichiamo”, in altre parole saremmo noi ad “insegnare” a Dio cosa fare.

Scopertamente satanici, poi, sono i riferimenti al Wurm, il “drago” (da sempre simbolo diabolico) che “gode voluttà” (Wollust ward dem Wurm gegeben), e al “cherubino” (Lucifero) che, in atto di ribellione, sta in piedi davanti a Dio, invece di inginocchiarsi. Altri traducono Wurm con “verme”, invece che “drago”, ma questa parola era usatissima, ancora nell’Ottocento avanzato, per indicare appunto il drago (vedi Wagner nella Tetralogia, dove Fafner, che custodisce il tesoro dei Nibelunghi, è chiamato “Wurm”), e il drago si accorda meglio con il concetto, che immediatamente segue, del cherubino ribelle che pretende di non inginocchiarsi di fronte a Dio (und der Cherub steht vor Gott).

Sotto lo strato superficiale di melassa buonista e pacifista dell’Ode alla gioia, magnificata da tutti i critici che “contano” e resa celebre dall’enfatica e sovraccarica musica di Beethoven, si nasconde un mare di assoluta confusione intellettuale e di veleno morale quale difficilmente è dato incontrare in poesia. Sull’onda dell’entusiasmo per il crollo del comunismo, si è tentato di sostituire, nell’inno europeo, alla “gioia” la “libertà”, così che An die Freude sarebbe diventato An die Freiheit: certo un’espressione più sana, ma i boss della massoneria hanno preteso che il testo restasse invariato.

Così, questa è l’aria che tira nelle auliche stanze euroburocratiche: l’aria della decrepita filosofia gnostica, del ripiegamento verso i lidi avvelenati del primitivismo neopagano e del puro e semplice satanismo, imposti con tutti i mezzi, tappando la bocca a qualsiasi voce cristiana. La costituzione dell’Ungheria, approvata nel 2011, ha preteso di indicare le radici cristiane come fondamento della nazione magiara. I soliti laicisti sono immediatamente insorti: orrore! una costituzione “iperconservatrice” che ignora le meraviglie della “gioia” massonica. Un eurodeputato magiaro si è permesso di segnalare in rete ai colleghi eurodeputati che in una vicina chiesa sarebbe stata celebrata una Messa: orrore! la segreteria del europarlamento ha dovuto chiedere che i cari eurodeputati smettessero di commentare quella semplice e innocua segnalazione perché i loro insulti avevano intasato la rete; il commento più benevolo era “che razza di spazzatura è questa?”

Questa è l’euroburocrazia che rinnega le radici cristiane, che adotta come inno un’ode satanica, che reagisce istericamente, da ossessa posseduta, all’idea di una Messa, che pontifica di scienza di cui non capisce nulla, che blatera di tutela dell’insegnamento scolastico “minacciato” (orrore!) dall’intervento divino nel mondo. Un’euroburocrazia cui forse gioverebbe una seduta dall’esorcista.


  •  
  •  
  •