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IL MISTERO DELL’INCREDULITÀ

 

Il mistero dell’incredulità è parte non piccola del mistero dell’iniquità. Non si crede in Dio perché non fa comodo.

La rivelazione del Divino Maestro alla Valtorta non fa comodo, perché urta con certe derive postconciliari ipertradizionaliste, le quali credono di difendere quello che essi pensano sia la “tradizione”, e in questo modo respingono preziose grazie e aiuti dal Cielo, cercando di imporre silenzio a Chi cerca di soccorrerci nel disastro. “State perendo”, dice il Divino Maestro a Maria Valtorta. Se le cose andassero bene, cioè se le anime si salvassero, non ci sarebbe bisogno di aiuti speciali come Medjugorje, Santa Faustina Kowalska e la devozione al Divino Amore, e come la stessa Maria Valtorta.

Tanqueray, nel Compendio di teologia ascetica definisce le visioni: “Percezioni soprannaturali di un oggetto naturalmente invisibile all’uomo”.

Sant’Agostino dice che le visioni possono essere di tre tipi: (1) corporali, (2) spirituali (o immaginarie, ossia rappresentazioni sensibili totalmente circoscritte all’immaginazione), (3) intellettuali (conoscenza soprannaturale prodotta da una semplice visione dell’intelligenza senza impressione o immagine sensibile). Questa divisione è accettata da San Tommaso d’Aquino (Gnerre 2008).

Mentre il demonio non può insinuarsi nelle visioni intellettuali, può invece contraffare quelle immaginarie e quelle corporali. Come discernere le visioni? Ci sono quattro criteri.

$11.         Lo stato interiore del veggente al momento della visione. Le visioni di Dio producono all’inizio grande timore, poi l’anima si riempie di amore, umiltà, pace, e riprende con maggiore energia la pratica delle virtù eroiche. Quelle causate dal demonio incominciano con soavità, ma poi l’anima si turba e diventa presuntuosa e superba.

$12.         L’ortodossia. Se nelle visioni vi sono dei messaggi, essi devono essere conformi al Magistero.

$13.         Lo stato morale del veggente. La visione autentica è gratia gratis data, per il bene della Chiesa, non del veggente; si differenzia dalla gratia gratum faciens che è il dono di Dio a un cristiano per conformarlo a Sé. La visione non implica la santità del veggente, ma questi deve avere almeno una virtù: l’umiltà, la quale fa sì che il veggente non cerchi favori straordinari da Dio, non se ne compiaccia, cerchi la discrezione e il nascondimento, accetti l’esame dell’autorità ecclesiastica e degli esperti.

$14.         I frutti delle visioni: queste devono suscitare conversioni durature; eventuali miracoli sono importanti solo se strettamente legati alla visione in questione.

Per il problema della distinzione delle visioni vere dalle false è bene fare riferimento a Gerson (De distinctione verarum visionum a falsis, De probatione Spirituum) e a Tanqueray (Compendio di teologia ascetica), che sono i teologi che maggiormente hanno approfondito il problema.

 

NOTA BIBLIOGRAFICA

GERSON J. (1484) Opera omnia, 4 voll. incunaboli, Köln, Johann Koelhoff der Älteste (scaricato da <http://digital.ub.uni-duesseldorf.de>, in particolare Vol. 2, trattati “De distinctione verarum visionum a falsis” e “De probatione spirituum”, del 1405 circa).

GNERRE C. (2008) “Il discernimento delle visioni”, Radici Cristiane, 4, 36, pp. 22-23.

TANQUEREY A. (1928) Compendio di Teologia Ascetica e Mistica, Paris, Desclée & Co.


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