CORSI DI LINGUA RUSSA A CONFRONTO
Esaminare i corsi di lingue straniere permette di rilevare interessanti implicazioni sociali. Ad esempio, recenti corsi di lingua olandese esprimono in modo sconcio il digrignare femminista che insulta il sesso maschile ad ogni piè sospinto, mentre corsi di afrikaans dell’epoca dell’apartheid sprizzano disprezzo per tutto il resto del mondo. Di grande interesse è il mutare delle prospettive sociali evidente nei corsi di lingua russa col passare del tempo.
Del 1971 è il Corso Linguaphone, con base inglese, formulato da un gruppo di insigni linguisti guidati dal professor I. G. Miloslavskij dell’Università Statale di Mosca. Del 2010 è invece il Corso completo Giunti, con base italiana, di Ludmilla Kutchera Bosi. Del 2011 è il breve corso “Moy russki drug” (Il mo amico russo), di Marja Zagrebrelnaja, con base inglese.
Un breve cenno merita inoltre la Guida di conversazione italiano-russa, di A. Canestri, pubblicata a Mosca nel 1989, che si limita ad introdurre l’italiano interessato ad una conoscenza elementare non solo della lingua parlata nei dialoghi delle diverse situazioni, ma anche della realtà multietnica dell’URSS, allora sul punto di disintegrarsi.
Il corso Linguaphone del 1971, pubblicato in piena epoca sovietica è molto metodico e rivela un’alta capacità professionale. Articolato in trenta lezioni, racconta con coerenza la storia di un giovane ingegnere di nome Valodija e della fidanzata di lui, Vikija, studentessa del quarto anno di chimica. Egli è moscovita, lei viene da un paesino dell’Ucraina ma è perfettamente a suo agio nella capitale, al punto di sentirsi a sua volta moscovita. I due fidanzati sono assolutamente ligi ai valori tradizionali, hanno genitori e nonni che ci vengono presentati e sono parte integrante della storia. La solidità della famiglia è fuori discussione ed il comportamento dei personaggi irreprensibile sotto ogni punto di vista.
Una quarantina d’anni dopo, il corso Giunti, in ventun lezioni, presenta un quadro del tutto diverso. C’è un’evidente spinta verso l’occidentalizzazione. La famiglia ha un ruolo molto subordinato, il protagonista è un uomo d’affari di Milano, divorziato con due bambini (lasciati a casa e accuditi non si sa da chi), ma con un’amica russa molto giovane, simpatica e servizievole. È venuto a Mosca per trattare il trasferimento di tecnologia da una grande azienda italiana alla Russia. I personaggi non sono tranquilli e rilassati, sicuri della loro posizione nel mondo, come nel corso precedente, ma sembrano immersi in un alone di precarietà e di fretta. Per il protagonista italiano l’essenziale è concludere un buon affare e ripartire, dopo aver visitato qualche monumento e comprato qualche ricordino, sia pure con la promessa di un ritorno a visitare l’amica russa che promette di aspettarlo e chiede che lui le scriva. Egli replica che agli italiani non piace scrivere lettere ma promette di tenersi in contatto tramite la posta elettronica.
Il sintetico corso “Moj russki drug”, pubblicato a San Pietroburgo, in dieci lezioni, con la grammatica ridotta al minimo, di Marija Zagrebelnaija, non ha un protagonista, ma una serie di personaggi che di volta in volta appaiono solo per poche righe. È una velocissima galleria di giovani russi volonterosi, pienamente integrati e soddisfatti, che studiano e lavorano in Occidente.
Ecco l’espressione del secolare sogno russo di essere accettato come uguale ed amico da parte degli occidentali. Un sogno ancora una volta infranto dalla secolare, isterica, furiosa, digrignante russofobia occidentale, specialmente anglosassone, che nasce dal sogno imperialista di saccheggiare le immense risorse russe. La continua ostilità occidentale ha tragicamente ed irreparabilmente estraniato la Russia da un Occidente che, per giunta, si rivela sempre più corrotto senza speranza fino al midollo, e perciò è disprezzato non solo in Russia, ma in tutto il resto del mondo (Cina, India, Africa, mondo islamico, ecc.). Può sembrare strano, ma l’espressione di una società più sana e ordinata ci viene offerta proprio nel corso esaminato per primo, vecchio ormai di oltre un cinquantennio e prodotto sotto la tirannide comunista. Ma sotto quella tirannide, e malgrado essa, la società restava ordinata e sostanzialmente sana perché sostenuta dai principi chiave dell’esistenza umana, a cominciare dalla famiglia naturale (NATURALE, non semplicemente “tradizionale”; le tradizioni possono cambiare, la natura no). Ogni allontanamento da questo faro di civiltà e di grazia, come ogni tentativo di avvicinarsi all’Occidente putrefatto, non può che comportare un degrado, dal quale i Russi faranno bene a guardarsi.
EMILIO BIAGINI
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