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MALVEZZI V. (2002) Le mostruose bugie dell’economia, dette perché l’ignorante rimanga schiavo, Edizioni il Punto d’Incontro (ebook).

Recensione:

Dalla televisione scaturisce flusso continuo di menzogne, e si sa che una menzogna ripetuta abbastanza volte diventa la verità, come insegna Goebbels. L’unico rimedio di fronte al fiume di menzogne che quotidianamente ci assale è gettare via la televisione. Un grande inganno televisivo è: “Siamo in ripresa”. Su cosa si basa questa bufala? Il piccolo schermo la propaga con immagini di supermercati pieni e di gente che compra. Ma non dice che il 60% di quanto da noi consumato viene dall’Asia, e i nostri consumi aumentano la ricchezza orientale.

Ci si preoccupa del consumo ma non del risparmio, che è accumulo di reddito. Il tasso di risparmio è sceso perché il differenziale tra reddito e costo della vita si è ridotto sempre più. La gente non risparmia perché non ha più soldi da poterlo fare. Milioni di famiglie, perché non c’è più lavoro e il reddito non consente più di risparmiare, tendono a non fare figli. Costrette all’indebitamento privato, per sopravvivere devono prendere a prestito dai pochissimi che hanno soldi. In questo modello alcuni già ricchi sono diventati ricchissimi. Non esiste nessuna crisi, ma un deliberato e pianificato cambiamento del sistema economico: la creazione di un’economia di sussistenza e di sudditanza, in pratica di schiavitù.

La scelta iniziale dell’economia consumistica a trazione statunitense risale alla decisione di Nixon del 1971 di sganciare il dollaro dalla convertibilità in oro. Verso la metà degli anni ’70, l’Ordine Mondiale ideato da Henry Kissinger, tedesco di origine ebraica, ha cambiato per sempre lo sviluppo dell’Occidente, col crollo pianificato della natalità (complice il delirio ambientalista propalato dai mass media, che l’autore non menziona).

Come si può alimentare il PIL se si riduce la popolazione? È impossibile, perché si riduce la domanda interna. In Occidente è stato scardinato un sistema economico basato sulla produzione, il reddito e il risparmio. Almeno fino al 1975 circa il sistema economico europeo, e italiano in particolare, non aveva niente a che fare col modello statunitense. Poi si è affermato anche qui il consumismo, mentre la globalizzazione ha portato al depauperamento della nostra capacità produttiva. Attratte dal minor costo del lavoro e dalla minore tassazione, le nostre aziende si sono spostate in altri continenti; con loro se ne sono andate non solo le persone ma anche le conoscenze. Il 60% della nostra capacità produttiva è stata delocalizzata in Asia. I tassi di crescita di quei paesi sono semplicemente i nostri perduti. I paesi asiatici hanno aumentato di molto gli investimenti in ricerca e formazione universitaria mentre da noi c’è il taglio della spesa pubblica e sempre meno risorse per la ricerca.

L’Italia era una grande potenza industriale, ma dava fastidio ai concorrenti. Ecco quindi la riunione sullo yacht regale Britannia nel 1992 (che l’autore, stranamente, non menziona), quando gli zerbini del capitale finanziario messi a capo dell’Italia con l’espresso compito di rovinarla, andarono a prendere ordini dai padroni del mondo. Un passo successivo nel delirio fu l’imposizione dell’euro, moneta senza Stato che, di fatto, è il marco tedesco col nome cambiato.

Quando vi raccontano che non si trova lavoro perché “c’è la crisi”, è un’enorme fandonia. In un’economia che non produce ma consuma prendendo a prestito dal monopolista della moneta ciò che serve al reddito di sussistenza, non si trova lavoro perché non vogliono che si ritorni ad un’economia di produzione. Una popolazione che ha lavoro ha una grande forza: meglio per il regime tenerla a stecchetto e in dipendenza da sussidi come il reddito di cittadinanza: è più facile controllare una popolazione invecchiata e una società scardinata, debole, schiava del debito monetario. Alla riduzione delle nascite nei paesi sviluppati segue l’importazione di gente da altri continenti in condizione di schiavitù.

Calata la capacità produttiva, tuttavia, i servizi devono essere in qualche modo (malamente) mantenuti (sanità, pensioni, ecc.) quindi bisogna aumentare le tasse. Nel 1975 la pressione fiscale media sulle imprese italiane era del 25%, oggi del 53%, che sale a 68% con le imposte locali. Di conseguenza, fallimenti e crollo degli investimenti. Naturalmente le pensioni sono sempre più a rischio e la sanità soggetta a tagli sempre più gravi, mentre i poteri forti minacciano pandemie.

Unico ad avvantaggiarsi in questa situazione è il banchiere, monopolista dell’indebito arricchimento, al quale si pagano interessi non dovuti per denaro creato dal nulla premendo un pulsante. Alla gente si fa credere che il problema sia il debito pubblico, ma questo non esisterebbe neppure se si dicesse che tale debito è di proprietà dello Stato, ossia del popolo. Se la moneta fosse ancora sovrana, e cioè di proprietà del popolo, ripagarlo sarebbe un fatto naturale.

Questo saggio espone fatti che tutti dovrebbero conoscere e che dovrebbero spingere la gente a scendere in piazza contro il regime. Ma ci pensa la televisione a tenere tutti tranquilli sul lato economico, mentre da altri punti di vista sparge terrore pandemico e bellico, che contribuiscono potentemente all’asservimento del popolo. Mentre la diagnosi economica è impeccabile, questo saggio non tocca gli aspetti guerrafondai, ambientalisti, terroristico-pandemici, i quali hanno pure un ruolo fondamentale nell’asservimento dell’Italia e del mondo, che i poteri forti spingono incessantemente verso la rovina. Riusciranno? No, perché i piani satanici sono sempre destinati al fallimento.

EMILIO BIAGINI


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