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— In questo locale, posto al di sotto della nostra grande vasca degli squali, possiamo ammirare questi magnifici animali che nuotano sulle nostre teste. —
La voce della guida era suadente e carezzevole, come si conveniva ad un ambientalista di provata fede, laureato in ecologia abissale al prestigioso ateneo di Mezastrassa e specializzato in ecologia idolatra all’ancor più prestigioso ateneo di Scheissford, nello stato di Colofonia.
I visitatori formavano un gruppo misto: una classe delle scuole medie, guidata da una insegnante di scienze naturali progressista e ghiotta di ambientalismo, molti anzianotti, molte anzianotte, qualche turista straniero, un vu’ cumpra’ che cercava di vendere non si sapeva bene cosa e un paio di bambini borseggiatori zingari (pardon, “rom”, ma ladruncoli lo stesso). Tutti, eccetto il vu’ cumpra’ e i piccoli borseggiatori, stavano col naso all’insù, guardando gli squali che nuotavano appena al di sopra del fondo trasparente della vasca. Gli animali si muovevano eleganti, come perfette macchine per uccidere.
La guida ambientalista non mancava di ammirarli moltissimo, e cercava di comunicare il suo entusiasmo alla variopinta comitiva:
— Gli squali sono belli, gli squali sono utili, gli squali sono intelligenti, gli squali sono innocui. Sono molti di più gli squali uccisi dagli uomini che gli uomini mangiati dagli squali — proclamava l’esperto, il quale non sembrava notare molta differenza tra il valore di un essere umano, ad esempio suo padre o sua moglie (ma forse era scapolo, avendo altri interessi), e uno squalo dai denti affilati, lo stomaco insaziabile, gli occhi neri e vuoti.
In quel momento accadde qualcosa che nessuno aveva previsto, meno che mai l’ingegnere che aveva progettato la vasca dell’acquario. Costui, diplomato in epoca “democratica”, di assemblee di base, di tazebao, di attività scolastiche “alternative”, di sei politico, e successivamente laureato dopo che le porte degli atenei erano state democraticamente spalancate ad “oves et boves et universa pecura”, a base di okkupazioni, tazebao, assemblee di base e ventisette politico, era diventato più conservatore dei conservatori, una volta conquistata la poltrona, ma in compenso aveva qualche problemino con l’analisi infinitesimale e la fisica dei materiali.
E siccome l’ingegnere incaricato di compiere le verifiche sul progetto e sulla costruzione completata era un compagno (di studi, cosa mai andate a pensare?), non esercitò una critica molto serrata, anche perché la sua preparazione era perfettamente conforme a quella del suo compagno (sempre di studi, naturalmente). La vasca era stata quindi approvata dai compagni (di studi e di merende) che scaldavano poltrone in Comune, senza alcuna difficoltà.
La bella vasca trasparente era, senza sua colpa né peccato, destinata a cedere sotto il peso dell’acqua, prima o poi, e quindi ad allagare inevitabilmente il locale sottostante. Quando l’incidente si verificò ebbe luogo l’inchiesta giudiziaria di legge, che stabilì senza ombra di dubbio che non era colpa di nessuno, per cui non ci resta che inchinarci, come sempre, al verdetto della magistratura, sostenuto da tutta la maestà della legge, e da multe fulminanti per chi osa criticarne l’operato.
L’interessante cedimento strutturale poteva verificarsi a qualunque ora del giorno o della notte, a scelta. Non c’era nessun particolare motivo per crollare proprio nelle ore di visita, quando il locale era pieno di gente. Una vasca ben educata avrebbe inscenato il proprio suicidio a mezzanotte o pressappoco, in modo da recare meno disturbo possibile.
Quella particolare vasca, purtroppo, non era ben educata, e scelse di sfasciarsi proprio sulla testa del numeroso gruppo di visitatori che stava ascoltando l’ambientalista innamorato degli squali. Era un momento particolarmente pregnante (come direbbe qualche critico a corto di argomenti), così che squali e visitatori più o meno umani si trovarono tutti a sguazzare nella medesima bagna.
— Niente panico, — gridò l’ambientalista — gli squali sono belli, gli squali sono buoni, gli squali sono innocui. Sono gli uomini l’unica minaccia per l’ecosistema ……. Ahiiiiiiiiiiii. —
Quest’ultima esternazione gli uscì di bocca quando uno dei suoi cari e dolcissimi squali lo azzannò, con denti lunghi cinque centimetri, al cavallo dei pantaloni.
Ci vollero ore per ripescare i vari frammenti umani che gli squali, ormai sazi, avevano giudiziosamente evitato di mangiare, per non buscarsi un’indigestione. Ci volle del bello e del buono per rimettere insieme i pezzi a seconda dell’età, del sesso (pardon, del “genere”) e dell’appartenenza ai legittimi proprietari. Dell’ambientalista fu ritrovata solo la testa, che neppure gli squali avevano voluto. Era vuota.

EMILIO BIAGINI


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