COME FU CHE L’AGIT-PROP
UNA TRAPPOLA SCAVÒ
E POI DENTRO CI CASCÒ
GONG!
PRIMA RIPRESA
Sii propizia a noi, o Musa,
canta, balla e fai le fusa:
celebrar devi la guerra
che sconvolse l’Inghilterra
(l’Inghilterra forse no,
è un’altr’isola, non so)
dell’eroico agit-prop
per salvare il minculpop
dall’influsso svergognato
di Tommaso Indelicato,
che osa dir: “La Terra è tonda”.
Arroganza proprio immonda.
Relativo è tutto quanto,
si rivolta come un guanto.
Che la Terra sia di latta?
forse quadra o forse piatta?
Conformismo relativo:
l’agit-prop gode giulivo.
Ecco eletto l’agit-prop
a presieder cul e pop
dell’austera facoltà
che la bava affogherà,
la qual cola senza posa
sulla scala misteriosa:
sia liquame fuoruscito
da cervello scimunito,
o sia secrezione matta,
repellente e putrefatta,
vomitata in piena vista
da cervel relativista,
fatto sta che sempre perde
l’edificio “Bava Verde”,
dove i prof sono impegnati
a sfornar disoccupati,
bellamente addottrinati,
coi cervelli omologati,
tutti quanti poveretti,
politikamentkorretti;
per lo più senza lavoro,
ma cantare sanno in coro.
Come inizio di gestione
della grande Istituzione,
veramente non c’è male,
un’idea davver geniale,
un’idea da mucca pazza:
portar gli studenti in piazza.
“Ma a-politica è la cosa,
a-partitica e mielosa”,
si autoassolve l’agit-prop
“io difendo il minculpop,
è una gaia, allegra ola
in difesa della scuola.
Di lasciar parlare il Papa
non mi passa per la capa,
difendiam l’Istituzione
con dolcezza e decisione.”
Ma la pelle dell’agnello
mal nasconde lo sfracello:
dalla maschera serena
spunta il ringhio della iena.
La masnada variegata
fiuta l’aria avvelenata;
ecco parte a lancia in resta
scatenando la protesta:
“Quel libron controcorrente,
vergognoso ed indecente
presto all’indice sia messo
e gettato giù nel cesso.”
L’agit-prop è contentone
(detto sia senza allusione,
con profonda compunzione)
se invertita è la funzione …….
se funzione di docente
se la piglia lo studente,
e, gasato, arringa i suoi:
“Che ne sappian più di noi?
che sian fatti dell’antica
pasta laica a noi amica,
che a plasmarla par sia stato
qualche ‘dio’ un po’ avventato,
un po’ complice e avveduto,
e magari un po’ cornuto?”
Digrignando avea iniziato:
“Sessantotto scatenato,
e vietato sia vietare,
perché bello è contestare”.
Ma quand’ebbe il caregone
ribaltò la persuasione.
Or toccava a lui vietare,
divertente era l’affare:
“obbedienza ed umiltà”,
era lui l’autorità.
Eccellenti paraventi
sono i radikalstudenti,
dopo che li ha sobillati
e con chiacchiere leccati,
finché, gonfi d’importanza,
condur credono la danza:
grossolan demagogia
per cervelli nella stia.
Oh, progresso trionfale
di chi affoga nel pitale!
Digrignando l’agit-prop
or comanda al minculpop:
“Mettiam presto il catenaccio
al malefico libraccio,
e radiucce e giornaletti
presto sparino confetti;
al marran facciamo guerra,
che scompaia dalla terra.
Io le leggi me le sogno
come e quando ne ho bisogno,
e son proprio arcicontento
se un parer legale invento
di una e-mail mai arrivata,
perché mai mi fu inviata.
E chi mai può dubitare?
chi oserà mai controllare?
E, se sarò smascherato,
tengo il muso ben blindato,
con un bronzo più tenace
dei guerrieri di Riace.
Io, dall’alto del mio soglio,
dò ad intender quel che voglio.
Il telefon riservato
del nemico designato
presto sia comunicato
al giornale scatenato.
Della pràivasi che importa?
È una legge nata morta.
Sono io quello che becca,
sono il gallo della checca.
Gli studenti sobillati
a far coro sian chiamati,
in rinforzo al minculpop,
tutto cul e niente pop.”
Minculpop: ecco il consiglio
che il coraggio ha di un coniglio.
Sempre mogi ed impegnati
a formar disoccupati
sono i tristi pappagalli,
tutti rossi e un poco gialli.
Gli sia dato finalmente
un comando divertente:
dar la caccia col bastone
all’eretico librone
che disturba e che contrista
il liquam relativista.
Alla scure dà di piglio
dei tuttologi il consiglio
per stroncare quel librone
privo d’autorizzazione
che il maligno Indelicato
nel suo corso s’è adottato.
Sotto la regia sapiente
del tuttologo imponente
cui risplende la pelata
con gran cura lucidata,
i tuttologi giulivi
scoprono i preservativi,
e che l’anglo Isacco Niuto
mai nel vizio era caduto,
e che il gran Giordano Bruno
di malizia era digiuno:
quel che ha scritto il temerario
vero è tutto al contrario.
Loro sì che sanno tutto
su quel libro proprio brutto.
Il maligno Indelicato
Garibaldi ha calunniato,
scarsa stima ha dell’aborto:
è davvero un collo torto,
è davvero un impudente
che danneggia gravemente
i rapporti culturali
internazional-vitali
con quegli atenei fiorenti
di scoperte travolgenti:
Sodomina e Gomorretta,
e chi più ne ha ne metta.
Per seguire un agit-prop
tutto cul e niente pop,
quante splendide occasioni
di frenare quei linguoni,
di turare i bocchettoni
han perduto quei fresconi,
di tacere, di star zitti
come tanti pesci fritti.
Di riunione in riunioncina,
quasi fosse una pallina,
senza alcuna conclusione
rimbalzava la questione:
non potean decider niente
ma, benché fosse impotente,
continuava l’altalena
e faceva proprio pena.
Gloria sia al minculpop,
specie al cul e poco al pop.
Ma il ribelle delinquente
ride allegro e non si pente.
L’agit-prop avea promesso:
“Lo sistemo io quel fesso;
la mia alta autorità
tremar tutto lo farà”.
Dannazione, non c’è verso.
Si fa beffe quel perverso,
e ti dà pan per focaccia,
ti fa perdere la faccia.
Se la lotta è dura e incerta
sembra che ci si diverta.
Ma che prova d’impotenza,
che spettacol di scemenza
che dà il povero agit-prop
con l’annesso minculpop.
“Mi dimetto, mi dimetto,
e la spugna, triste, getto.
Ho fallito malamente
contro il grosso delinquente,
e il suo libro, ch’io aborro,
mi tormenta come un porro
che si attacchi al minculpop,
forte al cul e un poco al pop.
Per non dar soddisfazione
a quel brutto sporcaccione,
l’ufficial motivazione
della strana dimissione
sia ‘mancata approvazione
della gran regolazione’.”
Ma perché non fu approvato,
ma perché fu trascurato
il vital regolamento,
suscitando malcontento?
Perché il tempo andò sprecato
insultando a perdifiato
il librone contestato
e il collega Indelicato.
“Non lasciarci, o nostro duce,
dacci ancora la tua luce”,
frigna il gregge e il pecorume,
e di firme arriva un fiume,
per l’astuta petizione
che darà soddisfazione
a chi mai ebbe intenzione
di mollare il seggiolone:
l’imbottito minculpop,
lieve al cul e pure al pop.
Nulla costa una firmetta:
per lo scambio essa è perfetta,
per il merito acquisito
un vantaggio è garantito:
prima o poi un posticino
od un altro favorino
restituisce l’agit-prop,
grazie al cul e grazie al pop:
così almen speran gli allocchi,
vedi quanto sono sciocchi.
“Mi dimetto, ed anzi no”
è una tattica, lo so,
è un’astuzia grossolana
che già fu democristiana.
Or la usa l’agit-prop,
tutto cul e niente pop.
E il librone contestato
non fu certo eliminato,
così offrendo allo studente
opinion controcorrente
e un antidoto efficace
a conformità mendace.
GONG!
SECONDA RIPRESA
L’agit-prop molto è depresso
e si sente un poco fesso.
Dopo il primo fallimento
si domanda con sgomento:
“Come faccio, come faccio?
sono proprio preso al laccio;
da una grossa figuraccia
Non la salvo, no, la faccia.”
In soccorso all’agit-prop,
tutto cul e niente pop,
venne l’alta rimembranza
dell’amico Sancio Panza,
il Magnifico Reattore
che per lui fu consigliore:
“Con il C.U.N. prova un pochino.
Veramente è un po’ cretino
fare sforzi forsennati,
dal principio condannati,
contro la costituzione
che protegge il programmone;
c’è l’articol trentatré,
e il librone resta in pié,
libertà d’insegnamento
non si può gettare al vento.
Ma col C.U.N. tu prova un po’,
altro dirti io non so.”
“Grazie, grazie del consiglio,”
gli rispose quel coniglio
“per la via ‘stituzionale
posso fare molto male
all’autor che io aborro
e mi brucia più di un porro
infiammato con gran pena
proprio lì, nel fondo schiena.”
Detto fatto, l’agit-prop,
tutto cul e niente pop,
a studiar si diede il modo
di schiodar quel duro chiodo.
Coi giornali avea fallito;
occorreva un fronte unito.
Ma ai colleghi in facoltà
la lettura non la dà
dell’autentica missiva
che insaccava, ahimé, la piva,
predicendo il fallimento,
perché mai lo sbarramento
costituzional dettato
potrebb’essere aggirato,
ma in consiglio, in facoltà,
il trionfante annuncio dà:
“Il Magnifico Reattore
ci sostiene con fervore,
e così, siccome voglio,
lancio bombe dal mio soglio.”
Era la menzogna pura
la seconda sua natura,
tanto che non s’accorgeva
se una grossa ne diceva.
Cristofobica mania,
pregiudizio ed isteria
dominavan già l’ambiente
dove insegnasi un bel niente,
nella dotta Istituzione
che ha per scopo le poltrone.
Come già nel primo canto,
poco c’è da menar vanto:
tutti son molto impegnati
a laurear disoccupati,
coi cervelli ben lavati
e nel nulla addottorati.
Così fu mobilitato
l’ateismo paludato,
per sfornar il codic’etico
più potente di un emetico:
basta leggerlo, e d’incanto
vomitar fa tutto quanto.
Più che etico è un po’ etilico
e della pazzia sul bilico.
Ecco l’etica laicista
velocetta entrare in pista:
l’ateneo promuoverà
tutti i “generi” che sa,
e, perbacco, ancor non basta,
ma si impegna ancor la casta
a istituire un nuovo corso
di laicismo sinistrorso:
“gener-antropologia”:
disciplina molto pia
per docent-non-marginale
affogato nel pitale.
“Generi? Che mai saranno?
Cos’è mai questo malanno?”
Si domanda, stralunato,
contribuente prosciugato
“semplice grammatichetta
la risposta già ci detta:
c’è il maschile innanzitutto,
femminile, e questo è tutto.”
Eh no, caro, non sai niente
della scienza travolgente,
delle splendide scoperte
d’antropologia solerte:
c’è la lesbica e il finocchio,
ed il trans che strizza l’occhio.
Ecco i generi trionfanti
che s’avanzan tutti quanti.
E la scienza ecco si avanza,
grande, forte e con burbanza:
altri “generi” prepara?
il pedofilo, e la bara
che il necrofilo rallegra,
e la pecorella negra,
e maial, rinoceronti,
cani, gatti, tutti pronti
la libido a soddisfare
di chi bestie vuol scopare,
e l’incesto e il sadomaso,
e chi chiava in giro a caso.
Ecco, caro contribuente,
non ci puoi far proprio far niente:
i risparmi tuoi sudati
saran presto destinati
a promuover certa scienza
che fa rima con scemenza.
Ecco dunque il prestigioso
ateneo Pratomelmoso
impegnato, poveretto,
a promuovere ‘o vizietto.
E su questa nobil base
formulato fu l’ukase
(o eticuccia poveretta
a che cosa t’han costretta!)
della bieca commissione
a condanna del fellone
che disturba il carrozzone
conformista e chiacchierone:
“Deontologikregolone
ha violato quel frescone
che pretende d’insegnare
senza farsi omologare.”
“Bene,” disse trionfante
l’agit-proppo lestofante
“è il momento del senato:
presto sia interpellato.”
Al sinedrio radunato
l’agit-prop parlò d’un fiato,
con l’accento più suadente,
(parea pure intelligente),
e la sua requisitoria
sciorinò tutta a memoria,
contro Indelikatt che “impone”
che i cristiani hanno ragione.
E la banda dei tromboni
prestò fede ai suoi sfondoni;
facilissima la cosa,
e per nulla misteriosa;
lì non c’era l’accusato,
niun l’aveva convocato
per sentir la sua versione.
Ma già scritto era il copione.
Nei processi stalinisti
di bavosi “progressisti”
non sta scritto nelle carte
che “si ascolti l’altra parte”.
Nel consesso repellente
ci fu solo uno studente
che osò dar voto contrario
con coraggio leggendario.
Per fortuna alla burbanza
non si unisce la possanza:
e così la vomitoria
chiacchierata senatoria
sol poté passar la palla,
col trucchetto che non falla
dello scaricabarile,
e, schiattando dalla bile,
l’agit-prop, eccolo qua,
arringar la facoltà:
“Quel marrano senza uguali
dei dover ‘stituzionali
si fa beffe, e allor mandato
di far “buh” a Indelicato
mi abbisogna, ché altrimenti
noi perdiam la faccia e i denti.
Al Magnifico Reattore,
con ringhioso mio furore,
manderò la relazione
che ci metta in condizione
di mollare la patata
strabollente e avvelenata
finalmente al C.U.N. di Roma,
che si carichi la soma
di fornir contro il frescone
una sua scaltra opinione,
con la qual questo giocoso
ateneo Pratomelmoso
possa poi ben valutare
cosa resta ancor da fare
per poter presto lanciare
fulminon disciplinare
sulla testa indelicata
ch’è tutt’altro che domata.
Anzi, lui e i suoi amici
di noi ridono felici.”
Un tortuoso itinerario,
pur costoso per l’erario:
tentativo disperato
di far “buh” a quel malnato,
e salvar da figuraccia
quel che resta della faccia.
L’agit-prop mai non si stanca
perché in zucca il sal gli manca:
fino all’ultimo egli spera
che quadrata sia la sfera.
GONG!
TERZA RIPRESA
Sogna, sogna l’agit-prop
di trionfar col cul e il pop.
Sogna, sogna la vittoria,
e si gonfia la sua boria.
È Magnifico Reattore,
tutto il mondo gli fa onore.
Quanti belli impiegatini
(guarda quanto son carini)
stanno lì nel reattorato:
proprio un sogno zuccherato.
E il maligno Indelicato,
a bidello degradato,
lustrascarpe improvvisato,
la pelata gli ha lustrato.
Or ministro è diventato,
e da tutti egli è ammirato.
Quanti belli impiegatucci
(guarda quanto son carucci)
stanno lì nel ministero:
quasi non gli sembra vero.
E il maligno Indelicato,
a bidello degradato,
lustrascarpe improvvisato,
la pelata gli ha lustrato.
Divenuto è presidente
di repubblica splendente:
non “repubblica” giornale,
ma di quella senza uguale
ch’è fondata sul lavoro,
e sulle mazzette d’oro.
Quanti belli corazzieri
(guarda come sono fieri)
stanno intorno al presidente,
che si bea fra maschia gente.
E il maligno Indelicato,
a bidello degradato,
lustrascarpe improvvisato,
la pelata gli ha lustrato.
Ora lui è un gran scrittore,
i suoi libri fan furore:
milion copie ha lui vendute,
tutte quante son piaciute;
a migliaia, ammiratori
lo ricoprono di onori,
e son tutti giovincelli,
affettuosi e molto belli.
E il maligno Indelicato,
a bidello degradato,
lustrascarpe improvvisato,
la pelata gli ha lustrato.
Or del Nobel egl’è insignito,
e lo segnan tutti a dito,
come genio inarrivato
d’universo letterato.
E la Svezia è un godimento
di bei biondi a cento a cento.
E il maligno Indelicato,
a bidello degradato,
lustrascarpe improvvisato,
la pelata gli ha lustrato.
Ma dei sogni crolla il muro,
il risveglio è molto duro.
Era un sogno così vivo,
ma se tutto è relativo,
relativa non è già
la durissima realtà.
Lo consola l’amichetto
e lo tiene stretto stretto:
“Se non altro, finalmente
l’hai cacciato quel fetente.”
“Ma che dici? Quel frescone
or si gode la pensione.
Questi sono grami tempi
e trionfan solo gli empi,
mentre il dolce conformismo,
il laicismo e il correttismo
mesti arrancan qua e là
in balìa della realtà.
Chissà quanto avrà ghignato
il malvagio Indelicato
quando della temeraria
fuga della segretaria
avrà appreso su internone,
e poi della ribellione
dello Zero patentato
che mi ha in pubblico accusato
d’esser prepotente e duro
e di oppormi come un muro,
alla libera espressione
d’un contrasto d’opinione.
Così il perfido avversario,
all’Istituzion contrario,
ha ottenuto munizioni
pei malvagi suoi cannoni.
Per contrasti, malvolenza
e totale incompetenza,
il didattico progetto
sbriciolato è, poveretto,
e al suicidio pronta è già
la sciancata facoltà.
L’agitarsi senza frutto
allegria dà al farabutto;
con lui ride in voluttà
la sua tossica metà.”
E un lamento eleva il saggio,
importante personaggio:
“È sconfitta la kul-tura,
torna la barbarie dura,
ed i templi del sapere
uno ad un vedo cadere.
Ecco gli atri son muscosi
ed i fori tenebrosi,
pullulanti di serpenti
e libracci irriverenti.
Oh, negletta Istituzione,
stan sparendo le poltrone.
Oh, quel bel relativismo,
quel soave conformismo.
Oh, maestri di sapienza:
se n’è persa la semenza.
Appassiscon le parole
come fosser vecchie viole.
E, sfacciata, la realtà
sempre più s’avanzerà.”
E singhiozza il poverino:
si disintegra il teatrino.
La gloriosa Istituzione
già s’affloscia qual pallone.
C’è chi vince e c’è chi perde
nel palazzo “Bava Verde”.
Or la facoltà è bollita
e la festa è già finita.
Seggiolin presidenziale
trasformato è in un pitale.
Corri, grosso personaggio,
va a cercarti un altro ingaggio.
La carriera avrai sicura
nella vetero-kul-tura.
EMILIO BIAGINI
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