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UN TUFFO IMPREVISTO

I coniugi Lorenzi, nati e residenti nella repubblicana, resistente e denuclearizzata città di Mezastrassa, avevano acquistato (per quattro soldi, grazie al crollo del mercato immobiliare legato alla “decrescita felice”) una nuova casa, perché in quella vecchia, che era un po’ meno grande, si erano trovati nella scomoda alternativa di dover gettar via qualche quintale dei loro preziosi libri o uscire di casa per far posto agli stessi. Naturalmente ci volle tempo per mettere in ordine la nuova magione e sistemare gli scaffali, freschissima opera di un valente mobiliere, per le diverse tonnellate di libri (tutti accuratamente letti e studiati) di cui erano fortunati possessori. Poi, esplorando meglio la cantina, dietro un cumulo di fiaschi vuoti, scoprirono una strana cosa rotonda a forma di carrozza a due posti. Non avevano idea di come fosse finita lì ma, siccome era coperta di polvere e loro non amavano la polvere, cominciarono a ripulirla e la esaminarono con cura. All’interno, sotto quello che sembrava un cruscotto con leve, pulsanti e quadranti vari, c’era uno scomparto che recava l’etichetta “Libretto istruzioni. Leggere attentamente prima di mettere in moto”. Purtroppo lo scomparto era vuoto.

“E ora che ne facciamo?” domandò lei.

“Cominciamo a dare un’occhiata all’interno”, propose lui, accomodandosi su uno dei sedili.

“Non toccare niente, per carità,” raccomandò lei “è capace di saltare tutto in aria.”

“Macché, sarà una specie di videogioco. Entra.”

“Io ho paura.”

Ma lui aveva già cominciato ad armeggiare con leve e pulsanti.

“Smettila, non abbiamo nemmeno le istruzioni.”

“Macché, si impara per intuizione toccando qua e là, come con tutti i computer. Piuttosto sarà scarico, dopo tutto questo tempo.”

“Macché scarico, non vedi che si è illuminato il cruscotto?

“Già, c’è una scritta: dice ‘2019’.”

“È quest’anno, e con ciò?”

“Be’, entra e chiudi lo sportello.”

Scuotendo la testa e convinta che, in fondo, si trattasse solo di una specie di videogioco, lei fece come le aveva detto il marito. Appena lo sportello fu chiuso, il curioso veicolo prese a vibrare e la scritta sul cruscotto cominciò a cambiare rapidamente, mentre un segnalatore di posizione mostrava un veloce spostamento verso nord-est.

“Sembra una macchina del tempo”, osservò allegramente lui.

“Fermalo, fermalo, chissà cosa va a succedere.”

“Ma sarà un gioco strategico di ruolo. Vediamo dove va a finire.”

La data si fermò sul 1725 e il localizzatore indicava un punto sul golfo di Finlandia. I Lorenzi aprirono gli sportelli e videro un’enorme folla che si assiepava lungo un braccio di mare. Nessuno badava a loro, ma tutti avevano gli occhi fissi sulla scena di un naufragio avvenuto a una certa distanza dalla riva. Per essere un videogioco sembrava molto realistico.

Vedendo gente in difficoltà nell’acqua gelida, lui non esitò a tuffarsi in acqua a soccorrere i pericolanti, mentre sua moglie, con amorosa sollecitudine, gli gridava: “Torna indietro, cretino”. Ma lui non le badò e riuscì a ripescare un uomo altissimo, con una testa stranamente molto piccola e piedi piccoli, che tremava da capo a piedi. Essendo ben informato sulla storia e parlando correntemente diverse lingue, non tardò ad accorgersi di aver salvato un personaggio che stranamente somigliava molto allo zar Pietro il Grande.

A gran voce ordinò a mugiki, guardie e marinai presenti di fare largo e intimò di condurre immediatamente lo zar nella più vicina sauna, o comunque di allestirne una di corsa, prima che l’illustre monarca venisse colpito da una polmonite. Sia per il suo aspetto imponente ed autorevole, sia per la sua perfetta padronanza della lingua russa, venne prontamente obbedito e la vita dello zar, che altrimenti sarebbe finita di lì a pochi giorni, si prolungò di parecchi anni.

Naturalmente Pietro il Grande non mancò di ricompensare con somma generosità l’eroico salvataggio. In breve i coniugi Lorenzi si trovarono in possesso, nel retroterra della nuova splendida capitale russa, di una tenuta estesa molte migliaia di desiatine, con decine di migliaia di servi della gleba. Nel palazzo della tenuta nascosero lo strano videogioco che li aveva portati fin lì e, dato che sembrava una specie di carrozza, non aveva attratto troppa attenzione.

Divenuti principi Laurentzkij (e precisamente lui Karl Georgevic Laurentzkij, lei Maria Manliova Laurentzkij, secondo il sano sistema russo di nome, patronimico e cognome, come si conviene ad un popolo che giustamente onora la famiglia), soggiornarono molti anni nella loro grande tenuta, parteciparono alla vita mondana della nuova capitale, compirono battute di caccia, raccolsero funghi che Maria Manliova cucinava in modo sublime come contorno alla cacciagione, scandalizzando le serve, secondo le quali una principessa non doveva abbassarsi alle faccende di cucina, ma lei aveva sempre fatto di testa sua e non ci fu verso di farle cambiare idea.

I principi Laurentzkij ebbero un figlio, di nome Michail Karlovic Laurentzkij, che crebbe forte e ardimentoso come il padre e si distinse nella caccia all’orso e alla tigre siberiana. Quando il figlio ebbe ventidue anni, sposò una principessa dell’alta nobiltà, e dimostrò di essere pienamente in grado di badare a se stesso, Karl e Maria furono presi dalla nostalgia e cominciarono a pensare al ritorno a casa. Quello non era il loro mondo, e anche se Mezastrassa era repubblicana, resistente e denuclearizzata, nonché in preda alla “decrescita felice”, desideravano rivederla.

Nel frattempo, sotto un sedile dello strano veicolo avevano trovato un libretto, consunto ma ancora leggibile, scritto in italiano ottocentesco. Era finalmente il libretto delle istruzioni. Preso congedo dal figlio, che del resto era tutto occupato per l’imminente nascita del suo primo rampollo, salirono a bordo del “videogioco” e partirono per Mezastrassa 2019. Il veicolo ritornò esattamente dov’era partito, nella cantina di casa loro. Fuori si sentiva gridare.

“Che succede mai?” domandò lei spaventata.

“Non ti agitare così,” ribatté lui “sei sempre quella che si preoccupa di tutto.”

“E non ho ragione di preoccuparmi?”

“Usciamo a vedere. E poi non mi sembra niente di grave, queste sono piuttosto grida di benvenuto e di gioia.”

“Ma gioia per cosa?”

“Chissà? Forse abbiamo cambiato un po’ di faccende, col nostro viaggio nel tempo.”

Sul tavolo del soggiorno c’era il giornale, ma non il solito. Questo si chiamava “L’Araldo”, e aveva in prima pagina un articolo che lessero avidamente per cercare di capire qualcosa del mondo a cui avevano fatto ritorno.

“MEZASTRASSA IN FESTA PER UN’AUGUSTA VISITA

“La felice visita dello Zar Nicola V Romanov a Mezastrassa è il culmine di un viaggio della Serenissima Maestà Imperiale in Italia, iniziata a Roma, dove lo Zar è stato solennemente ricevuto da Sua Santità Papa Gregorio XXI, al quale ha donato una meravigliosa, antica icona della Madonna di Kazan.

“Gli Zar onorano di particolare affezione la superba città di Mezastrassa, per il felice salvataggio del trono del glorioso antenato Nicola II Romanov. La storia maestra di vita ci insegna infatti che, allo scoppio del vile tradimento dell’ottobre 1917, quando tutto sembrava ormai perduto, sopraggiungeva a cavallo il reggimento Laurentzkij, guidato da Sua Eccellenza il principe Dimitrij Arkadic Laurentzkij, discendente da una mitica coppia nativa di Mezastrassa, che per caso, al tempo dello Zar Pietro il Grande di venerata memoria, si trovava allora in quel di San Pietroburgo. Il marito della coppia eroicamente salvò la sacra persona dello Zar e fondò la gloriosa dinastia principesca Laurentzkij, in un vasto feudo nel nord della Santa Madre Russia, largitogli dalla riconoscente munificenza del grande sovrano.

“Fu così che, in quel fatale ottobre di quasi un secolo dopo, gli eroici cavalleggeri del reggimento Laurentzkij sopraffecero i facinorosi assetati di sangue, e ben presto ogni albero e ogni lampione di San Pietroburgo fu adorno del suo bravo bolscevico appeso per il collo. Quello fu il momento catartico che prestamente risollevò la causa della verità e del bene. Da allora il sole dell’avvenire splendette sulle sorti della casa imperiale Romanov e sul sacro istituto monarchico. Umiliata e sconfitta per sempre fu la bieca cospirazione repubblicana massonica, che da tempo tramava contro la pace e la prosperità dell’Europa e del mondo intero.

“Domani lo Zar (che in precedenza è stato in visita a Vienna all’augusta maestà di Francesco Giuseppe IV, Imperatore d’Austria, Ungheria e Serbia) si recherà nel Regno di Francia, in visita a suo cugino Luigi XXV, dove sicuramente sarà ricevuto con lo stesso fervente entusiasmo con cui è stato accolto nella superba metropoli di Mezastrassa. Crediamo di interpretare il sentimento dell’intera popolazione del Regno d’Italia nel dirci esultanti per la presenza sul sacro suolo della patria dell’augusta persona dello Zar di tutte le Russie.

“Firmato: Eugenio Scalfari.”


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