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L’episodio di Abramo a Sodoma – dice la Galantina – va riconsiderato nella sua valenza dogmatica. Non è affatto detto che Sodoma non si sia salvata: nel dubbio, anzi, noi dobbiamo ritenere e sperare che il Signore l’abbia accolta nella sua infinita misericordia.

Poiché nostro obiettivo è andare sempre e comunque incontro al mondo, non si può certo proibire ai trecentoventisette generi riconosciuti dalle lobby Lttbttgttt di essere generi – insegna la Galantina –, e tanto meno vogliamo spaventare i teneri kuletti che popolano i nostri seminari, e che sono purtroppo già fin troppo pochi e tendono a diminuire.

Perché condannare i kulattoni – argomenta la Galantina – se seguono le loro naturali inclinazioni? Non vogliamo mica confonderci con quel disgraziato Tommaso Indelicato, le cui rigide posizioni omofobe tanto hanno turbato i teneri culetti e le racchie sognatrici saffiche della nobile istituzione accademica rappresentata dall’insulare ateneo di Pratomerdoso?

Occorre – spiega la Galantina – anche guardarsi dal miracolismo che ci estranea dalla sana kul-tura laica. Ad esempio la moltiplicazione dei pani e dei pesci non va pensata come una gerla che trabocca e trabocca. Sarebbe ridicolo, sarebbe contro la legge della conservazione della massa, perbacco. No, senza bisogno di stregonerie, il Signore semplicemente fece un segno di benedizione sulle poche vivande che aveva davanti e questo fece scattare il “miracolo” della condivisione, e tutti apersero gli zainetti per condividere col vicino affamato.

Questo significa anche – insinua la Galantina – il nostro dovere di opporci alla fiera carismatica che pretende di perfezionare le nostre già perfette spiegazioni dei Vangeli e la nostra oceanica scienza biblica spacciando per autentiche le dubbie blaterazioni di donnàcole esaltate che non hanno nessuna delle nostre preziose lauree summa cum laude nelle varie università pontificie preposte a tramandare la nostra sapienza.

Ed ecco un esempio della nostra sapienza e della nostra raffinata logica: diciamo che se da una parte è vero che il Signore in croce promise il paradiso al ladrone penitente, non disse tuttavia a quell’altro: “Io ti condanno”, perciò – sentenzia la Galantina – non possiamo essere certi se anche l’altro si sia salvato o no. La fede nell’infinita misericordia divina ci chiede piuttosto di credere che entrambi si siano salvati.

Lo stesso vale anche per Giuda Iscariota – pontifica la Galantina –, che del resto era indispensabile per l’opera di redenzione; non vogliamo pensare che dopo il segnalato servizio da lui reso non siano anche per lui aperte le porte del paradiso.

Anche Lucifero, del resto, ha avuto un ruolo provvidenziale – blatera la Galantina –, povero serpentello lasciato incustodito nel paradiso terrestre, e dubito che meriti una condanna eterna. Come potrebbe conciliarsi una condanna eterna con l’infinita misericordia divina?

Ma se il diavolo sarà salvo – sibila la Galantina – allora ecco che cadono tutte le preclusioni di una morale bacchettona e preconciliare. Lieti e festanti andiamo incontro al mondo per celebrare con lui feste, baccanali e gioiosi “ghei praid”.

L’inferno non c’è o, se c’è, è vuoto – gracchia la Galantina – perché tutti sono chiamati e non è scritto da nessuna parte che pochi siano gli eletti. Pecca fortiter et crede firmiter. Lutero sì che aveva capito tutto. Per questo occorre che gli alti gerarchi “cattolici” vadano a omaggiarlo.

Liberi tutti, liberi tutti – raglia la Galantina –, fate tutto quello che vi piace. Riscriviamo la Bibbia per il comodo nostro.

EMILIO BIAGINI


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