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LA GRAMAGLIADE

ovvero

EPOPEA DI UNO SPIRITISTA NEMICO DI MARIA VALTORTA

 

CAPITOLO SECONDO

L’OSSESSIONE DEI POTERI MEDIANICI

Terza puntata

 

Gettati dunque a mare i poco rispettosi dubbi sulla Sua oceanica sapienza, cerchiamo di seguire la Sua acutissima analisi. Ecco perciò come la disgraziata delirante “incominciò così ad attribuire pure i suoi scritti a doni carismatici e soprannaturali e più precisamente i brani descrittivi di persone o di luoghi a visioni soprannaturali e i brani teologici e dottrinali a dettati soprannaturali; in questo ultimo caso tuttavia si verificava un fenomeno strano, poiché Maria Valtorta asseriva di capire le pagine teologiche, mentre le scriveva, ma di non poterle più spiegare né commentare a scrittura ultimata. Tale osservazione ha tuttavia valore più apologetico che non psicologico, perché quando dovrà rileggere e correggere per la pubblicazione, tanto agognata, lo farà molto bene e con pignoleria, dimostrando di essere perfettamente consapevole del senso dei suoi scritti.” (pp. 39-40). Non mi resta che inchinarmi alla Sua ultrasapienza, se non che il mio barbiere mi ha fatto osservare che la mancata comprensione di quanto scritto per lume divino è un ben noto fenomeno che si verifica tra i mistici, mentre la correzione successiva dei testi riguarda l’ortografia, che non ha nulla a che fare col fatto se il revisore capisca o meno il senso profondo delle frasi. Occorre aver pazienza col mio barbiere, che è tanto irrispettoso da contraddirLa perché non ha il privilegio di conoscerLa. D’altronde io non posso fare a meno di incontrare spesso il mio barbiere, perché la mia barba cresce a velocità ipergalattica da quando ho cominciato a leggere i suoi libri, illustre Gramaglia, non so perché.

Un’altra perla: “(…) Gesù le assicura che il commento di G. Ricciotti sul Cantico dei Cantici non deve essere letto perché non vale niente nei confronti della sua esegesi mistico-infantile rivelata dalla sua solita cara Voce, che si permette pure arroganti insulti contro l’esegesi storica, accompagnati da un anticlericalismo di bassa lega” (p. 40). A questo proposito il mio barbiere, dal quale ho dovuto recarmi d’urgenza essendomi la barba cresciuta di sette centimetri in due giorni, ha detto: “Perbacco, Gesù, come ti permetti di criticare i nuovi farisei? Lo sai bene com’è andata a finire con quelli vecchi. Loro non amano le critiche, vogliono soltanto lodi e tanti soldi”. Ho il sospetto che facesse un po’ di ironia. Ella, illuminato tuttologo, che ne dice?

Ma Ella è certo al di sopra di simili chiacchiere e delle ingenuità valtortiane. Infatti: “Le diverse redazioni sinottiche delle parabole vengono spiegate in modo molto ingenuo come il risultato di sviste e di errori di forma, non di sostanza, commessi dagli evangelisti (…). Naturalmente l’evangelista più perfetto, che riporterebbe alla lettera le vere parole di Gesù sarebbe Giovanni; ma le motivazioni di tale verdetto, storicamente assai fragile, sono pure mistiche e soggettive (…)” (p. 40). Infatti la Valtorta riferisce come spiegazione datale dal Divino Maestro che Giovanni era il discepolo che sentiva verso Gesù il più grande amore. Sa, grande tuttologo, l’amore… No, non quello, che dice mai? L’altro, la carità… Mai sentito parlare di carità? No? Lei crede invece nella Scienza, e infatti aggiunge: “Sarà vero che l’Amore fa comprendere tutto, in genere tuttavia per penetrare il senso delle Scritture si consiglia vivamente di studiare prima l’ebraico e il greco biblico e poi, sempre se l’Amore lo permette, di fare esegesi sul testo, superando gli stati di dormiveglia.” (p. 41). Se mi consente, illuminato trombone accademico tuttologo, credo però che il mio barbiere, che si limita a saper dire il Pater Noster e qualche altra preghiera, e certo non ha mai studiato greco ed ebraico, capisca la Bibbia e la Tradizione molto meglio di lei.

Infatti, in mezzo a un’orgia di altre citazioni dalla Valtorta, da Lei riportate col sottinteso che si tratti di pure fandonie, troviamo questa: “La Valtorta (…) assicura che Gesù le rivela direttamente i nomi di vari personaggi rimasti anonimi dei quattro Vangeli: veniamo così a sapere che ai piedi della croce c’era veramente un tale chiamato Longino.” (p. 41). Come suo fedele ammiratore, mi sanguina il cuore a doverlo ammettere, ma non capisco proprio il senso della Sua ironia, evidentemente troppo superiore al mio limitato comprendonio. Ma sa… “quel tale” chiamato Longino è così ben attestato dalla Tradizione da essere santo sia della Chiesa cattolica che di quella ortodossa. Lei ha presente la Tradizione, illuminato tuttologo? La Tradizione è precedente alle Scritture; apostoli e discepoli si sparsero per il mondo ad evangelizzare ben prima che le Scritture fossero pronte. La Tradizione è più vasta delle Scritture, perché non tutto è stato scritto nei Vangeli canonici, e molti dogmi della Chiesa non hanno sostegno nelle Scritture ma nella Tradizione. Sono i protestanti che negano valore alla Tradizione (oltre che alle opere) perché attaccati alle sterili formule luterane Sola Scriptura e Sola Fide.

Ha mai sentito parlare di Lutero, illuminato tuttologo? Certamente sì. E lo sa cosa mi ha detto il mio barbiere l’ultima volta che vi sono andato a farmi accorciare la barba, cresciuta di otto centimetri in due giorni? Il figaro mi ha chiesto se so dove Ella ottenga le sue illuminazioni. Gli ho risposto di no e gli ho domandato il perché di quella domanda. Sa cosa mi ha risposto? “Gliel’ho chiesto perché quel tale Lutero ha avuto la sua illuminazione nella torre.” “Quale torre?” ho domandato. Ha risposto: “La torre del gabinetto nel suo convento, dove Lutero passava ore intere seduto sul cesso in attesa dello spasmodicamente desiderato ‘plof’.” “Ah, mi sembra di averne già sentito parlare”.

(continua)


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