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Un giovane di nome Miguel Juan Pellicer aveva subìto l’amputazione di una gamba in seguito ad un incidente. Assai devoto alla Madonna, trascorse oltre due anni a chiedere l’elemosina di fronte alla chiesa della Vergine del Pilar a Saragozza, per non essere di peso alla sua famiglia, che era numerosa e povera.

Tornato nel suo villaggio di Calanda, un mattino si risvegliò avendo ambedue le gambe: quella ricresciuta aveva tutte le caratteristiche di quella precedente, incluse alcune cicatrici causate dal morso di un cane.

Si scavò al cimitero nella fossa dove era stata sepolta la gamba amputata: dell’arto si sarebbero dovute trovare almeno le ossa, ma non ce n’era più traccia.

Il parroco di un paese vicino, incredulo del miracolo, desiderando stroncare al più presto gli entusiasmi popolari, si precipitò a Calanda accompagnato da un notaio per attestare l’inconsistenza del fatto (cautela e incredulità non sono prerogative della prestigiosa “cultura laica”).

Dovette ricredersi, e il notaio al suo seguito attestò ufficialmente, tre soli giorni dopo il fatto, che quel medesimo Miguel Juan Pellicer, conosciuto da migliaia di persone come mutilato, aveva ora due gambe.

Una commissione di indagine presieduta dall’arcivescovo di Saragozza lavorò per mesi sul caso, interrogando sotto giuramento numerosi testimoni, compreso il chirurgo che aveva amputato l’arto dopo l’incidente. E, in un’epoca in cui la gente prendeva sul serio la religione, un giuramento era ben altra cosa rispetto ad oggi.

L’inchiesta venne condotta con grande rigore, addirittura escludendo dalla commissione i rappresentanti della chiesa del Pilar, che avrebbero potuto avere interesse a convalidare il miracolo per aumentare la fama della propria chiesa.

È da notare che il Tribunale dell’Inquisizione non aveva all’epoca alcun problema con eretici o falsi convertiti, e si occupava soprattutto di smascherare e reprimere proprio eventuali inganni, falsi miracoli e abusi della “credulità popolare”.

Il rigore della voluminosa inchiesta è analogo a quello imposto più tardi dal cardinale Prospero Lambertini, divenuto papa nel 1740 col nome di Benedetto XIV, per l’accertamento dei miracoli nelle cause di canonizzazione, e tuttora in vigore.

Il miracolo di Calanda scatenò una furiosa polemica anticattolica, soprattutto, ovviamente, nei prestigiosi circoli di alta “cultura” della Gran Bretagna protestante.

Tali attacchi assunsero fin dall’inizio, connotazioni razzistiche: “non ci si può fidare della testimonianza degli spagnoli, gente notoriamente credulona, superstiziosa e papista”.

Le fonti di informazione usate dai protestanti britannici in proposito erano esclusivamente di seconda mano, inesatte e contraddittorie.

In particolare si appoggiavano agli scritti di uno strano personaggio, il cardinale di Retz, più dedito ai piaceri di Casanova che ai suoi doveri di prelato.

Costui fu di passaggio a Saragozza quattordici anni dopo il fatto, e ne riferì solo per sentito dire, in modo molto inesatto, fornendo versioni diverse nelle varie edizioni delle sue “Memorie”.

Contro il miracolo di Calanda si accanì in scritti carichi di velenoso sarcasmo il vescovo anglicano Edward Stillingfleet (1671, 1673), naturalmente senza aver preso in esame alcuno dei documenti di prova.

Nessuno degli altri polemisti protestanti britannici, fra i quali si annovera il prestigioso filosofo David Hume, si è dato la pena, anche in seguito, di visitare Calanda e di esaminare gli atti dell’inchiesta.

Hume, nel suo “Saggio sui miracoli”, composto verso il 1735-36, afferma perentoriamente che “nessun miracolo è attestato da gente degna di fede”, e presumibilmente, se uno attesta un miracolo significa che non è persona degna di fede. Si noti la circolarità del ragionamento.

Riguardo ai fatti di Calanda, Hume cita Retz come unica fonte, attribuendo al cardinale dubbi sul miracolo mai avanzati in nessuna versione delle “Memorie”.

Ma ovviamente Hume, nella sua trina dignità di massone, laicista e protestante, è degno di fede, mentre le centinaia di testimoni oculari del fatto, il chirurgo che aveva amputato la gamba e che si trovò davanti il paziente con l’arto ricresciuto, i notai, l’arcivescovo di Saragozza, e in generale tutti quanti gli spagnoli e tutti quanti i cattolici sono dei “poveri illusi” o degli “imbroglioni”.

Oggi su Calanda, che durante la guerra civile spagnola (1936-39) i comunisti hanno devastato, cercando di cancellare ogni traccia del miracolo, con il solito massacro di tutti i preti su cui hanno potuto mettere le mani, è sceso il silenzio.

Si girano film e telenovele sulle vicende più insulse o per fini di propaganda politica e di degenerazione morale, esaltando il vizio e bestemmiando Dio.

Si discetta sullo stato di forma dei calciatori e sulle misure delle “star” televisive col petto al silicone.

Fra qualche anno nessuno ricorderà più i nomi di quei calciatori e di quelle attricette, rimpiazzati sulla scena da altri calciatori ed altre attricette.

Ma nessuno di coloro che detengono il potere mediatico (pubblico e privato), almeno finora, e per quanto consta allo scrivente, ha sentito la necessità di dedicare un minuto di trasmissione al più strepitoso prodigio che si sia mai visto dalla Creazione ad oggi.

E, su questo punto, lo scrivente sarebbe ben lieto di essere smentito.

INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

DEROO A. (1960) L’homme à la jambe coupée, ou le plus étonnant miracle de Notre-Dame del Pilar, Paris, Fayard
HOPKINS G. (cur.) (1978) Social contract, essays by Locke, Hume and Rousseau, with and introduction by Sir Ernest Baker, London, Oxford University Press (originali secc. XVII-XVIII)
MESSORI V. (1998) Il miracolo, Milano, Rizzoli
STILLINGFLEET E. (1671) A discourse concerning the idolatry practised in the Church of Rome, London, Mortlock
STILLINGFLEET E. (1673) An answer to several late treatises with a particular enquiry into the miracles of the Roman Church, London, Mortlock


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