Essere Dio, l’Infinito, l’Eterno, e al tempo stesso accettare l’umiliazione, anche estrema, ed anzi cercarla, sembra un immenso paradosso, un fatto incomprensibile. Ma, come dice Isaia (55, 9), “Poiché quanto il cielo sovrasta la terra, altrettanto le mie vie sono più alte delle vostre, e i miei propositi al di sopra dei vostri.”
Nessuno può paragonarsi a Te, Onnipotente, e neppure comprenderTi. Tu potresti cancellare l’intero creato con un semplice pensiero e rifarlo infinite volte, o anche non rifarlo affatto. Che cosa ti trattiene? L’Amore.
Ci hai creati perfetti, e il peccato originale ci ha rovinati, ma solo in parte, fino al punto che Tu hai permesso. Non smetti sicuramente di amarci e di tentare tutto il possibile per salvarci. Tutto il possibile e non oltre, perché Tu, Onnipotente, ti sei imposto di non violare mai il nostro libero arbitrio. “Davanti all’uomo sono posti morte e vita, quello che sceglierà gli sarà dato” (Siracide 15, 17). Ti umilii per la nostra salvezza. Non sforzi nessuno, rispetti tutte le Tue creature. Stai alla porta dei cuori e bussi. E quanti rifiutano di aprire, o anche solo di sentire se c’è qualcuno che bussa alla porta! Chi ti apre il suo cuore ti avrà amico per sempre.
Con l’umiltà vuoi entrare nei nostri cuori. Ti sei umiliato Tu, Dio, a rivestirti di carne umana, identico a noi tranne che nel peccato, accettando quindi tutte le miserie e le limitazioni dell’essere umano. Sei stato soggetto alla patria potestà dei genitori, e sei tuttora soggetto a tale potestà sotto la Santissima Immacolata Tua Madre, alla quale non puoi negare nulla, come non le negasti il Tuo intervento alle nozze di Cana (Giovanni 2, 3-11), sebbene le dicessi che non era ancora giunto il momento di iniziare la vita pubblica. Eri soggetto a una donna, ma obbedisti lietamente. Obbedire era naturale per chi, come Te, era venuto non ad essere servito, ma a servire. Ti sei fatto servo dell’umanità per salvarla, perché senza di Te saremmo andati tutti in perdizione.
Doppia, poi, è la santa patria potestà di Tua Madre, perché ha condiviso con Te tutta la Passione, divenendo Corredentrice. Con le sue ardenti preghiere, Ella ti ottenne l’angelo del Getsemani: mentre il demonio, nel suo frenetico tentativo di distoglierTi dal Tuo Sacrificio, andava mostrandoTi turbe di anime che, nonostante l’Incarnazione, si sarebbero dannate, l’angelo Ti mostrò la gloriosa schiera di quelli che, salvi, avrebbero popolato il paradiso. Ed Ella a sua volta dovette sostenere gravissima tentazione: il demonio le sussurrava: “È morto. Non risorgerà.” Ma Ella eroicamente resistette, e fu la prima ad incontrarTi, appena uscito dal sepolcro. La Tua intera vita pubblica, fatta di predicazione, di miracoli, di preghiere ardenti e penitenze continue per peccati che non avevi commesso, fu costellata di continue persecuzioni.
Tutte le Scritture avevano parlato di Te, ma il popolo era cieco. Non Ti conoscevano. Non Ti capivano. Non volevano capirTi. Nel loro pensiero stava una sola idea: il nuovo regno d’Israele, splendido, potente, guerresco, dove gli stessi apostoli pensavano di poter diventare ministri e magari sedere alla destra del Tuo trono. Apostoli i quali, dopo la Risurrezione, Ti chiesero: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?” (Atti, 1, 6), tanto erano fuorviati perfino quelli che Ti erano stati più vicini.
Quando vennero ad arrestarti, avresti potuto incenerire i persecutori con un batter di ciglia. Con un batter di ciglia avresti potuto incenerire la terra. L’amore non Te lo permise. Tante anime aspettavano da Te la salvezza, senza saperlo, anime immortali che si sarebbero altrimenti perdute. Eri venuto per salvare, non per salvarti. Non Ti opponesti ai Tuoi tormentatori, anche loro volevi salvare. Solo in un breve lampo si manifestò la Tua potenza quando, nell’orto del Getsemani, alla Tua risposta: “Sono io”, essi “indietreggiarono a caddero a terra” (Giovanni, 18, 5-6). Tutto accettasti, gli scherni, gli sputi, l’ingiusto giudizio, la flagellazione, la coronazione di spine, l’ascesa al Calvario, l’atroce agonia sulla Croce. Fino alla morte, vedendo soffrire orribilmente la Tua dolcissima Madre.
Ma la verità, col presagio certo di vittoria, splendeva anche attraverso quella che, a viste umane, poteva sembrare solo una catastrofe senza rimedio. Affermasti la Tua regalità: “Il Mio regno non è di questo mondo.” (Matteo 27, 11; Marco 15, 2; Luca 23,3; Giovanni 18, 36). Desti voce alla Tua missione: “Chiunque è della verità ascolta la Mia voce.” (Giovanni 18, 37). Dalla Croce promettesti a Disma il paradiso (Luca 23, 43). Dalla Croce disponesti della Tua eredità, dando Giovanni in adozione a Tua Madre (Giovanni 19, 26-27), la quale ricevette così in adozione l’intera umanità: Madre di Dio, Madre della Chiesa, Madre dell’umanità.
Finché esisterà l’umanità sulla terra, tanto Ti umilii da diventare cibo e bevanda, esposta a trascuratezze, oltraggi, messe nere. Ma non smetti di essere presente, offerto a tutti, per salvare tutti quelli disposti a lasciarsi salvare, perché l’anima è la cosa più preziosa che abbiamo, l’unica veramente preziosa. Perduta quella, non c’è più nessun rimedio.
Per innumerevoli umiliazioni, per l’umiliazione più profonda e assoluta, passa la via alla vittoria, la via che, con la Passione, ha aperto le porte del paradiso. Il trionfo finale è mariano ed eucaristico. Neppure straziato e chiuso in una tomba serrata da una pesante pietra sigillata hanno potuto vincerTi, ed anzi è stata la loro sconfitta. Proprio in questo modo hai vinto la morte e la distruggerai. La morte, insinuata nel mondo dall’invidia del diavolo e dal peccato, sarà l’ultimo nemico ad essere distrutto (1a Corinzi, 15, 26).
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