VALTORTA M. (2007) Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani, Isola del Liri, Centro Editoriale Valtortiano, 2a ed.
1 – La sublime missione di Maria Santissima
Il valore della rivelazione a Maria Valtorta si può apprezzare, oltre che ne l’Evangelo, nei preziosissimi insegnamenti che troviamo nelle Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani: altissima teologia dettata dallo Spirito Santo che vuole essere chiamato “Dolce Ospite”[1]. Il testo non è sempre di facile comprensione, sebbene reso semplice per i semplici. La breve sintesi che segue mira soltanto ad invogliare il lettore a leggere il libro, magnifico per stile e contenuto teologico.
Quest’opera fiancheggia L’Evangelo come mi è stato rivelato nel porre in evidenza la sublime missione di Maria, lasciata troppo in ombra dai testi canonici. La Santissima Vergine è presente in mente Dei fin dall’eternità. Ella contiene la Santa Trinità e ne è contenuta. Di lei così parla il Divino Autore (Lezione terza, 6 gennaio 1948, p. 43, corsivo aggiunto), prospettandone il ruolo apocalittico:
Nella sua seconda, ultima venuta, l’Agnello di Dio, il Redentore, il Santo dei santi, avrà per precursore non il penitente del deserto, salato dalle macerazioni, e salante i peccatori per guarirli dalle pesantezze e farli agili ad accogliere il Signore, ma avrà per precursore l’Angelo nostro, Colei che, pur avendo carne, fu Serafino, Colei in cui abbiamo fatto dimora – né più dolce e più degna potevamo averla – l’Arca dilettissima di puro oro che ancor ci contiene così come è da Noi contenuta, e che trasvolerà nei cieli, raggiando il suo amore per preparare al Re dei re la strada profumata e regale e per preparare per generare e partorire, in un’ultima maternità quanti più germi di viventi sono e vorranno essere partoriti al Signore.
Un altro punto essenziale, più volte sottolineato, in questo come in altri testi dettati alla Valtorta, è l’eccellenza delle “anime ostie” che accettano, come la Valtorta stessa, di consumarsi nel dolore per la salvezza degli altri, inclusi i nemici. Sono dei “piccoli Cristi”, simili alla Grande Ostia, Cristo stesso, immolato per la salvezza di tutti, nemici compresi.
2 – L’appartenenza formale alla Chiesa non salva
Seguendo il testo paolino, il commento passa a considerare le condizioni odierne della Chiesa. Essa purtroppo si trova in una condizione debilitata: troppi chierici sono uguali ai farisei. Non credano che ci si salvi solo nell’appartenenza formale alla Chiesa. Al contrario, l’adesione e l’osservanza della morale naturale e l’amore istintivo per Dio salvano molti che non sono cristiani purché credano in buona fede ai dettami della loro religione. Infatti: “Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi”[2]. Coloro che non hanno conosciuto il Cristo avranno il “premio dei pargoli”, il Limbo, che è già luogo di gioia, e al Giudizio Finale anch’essi entreranno in Paradiso. E, come insegna il Sommo Poeta (Paradiso XIX, 106-108):
Ma vedi: molti gridan “Cristo, Cristo!”,
che saranno in giudicio assai men prope
a lui, che tal che non conosce Cristo; (…)
3 – L’infinita sapienza del sacrificio
Le parole più spaventose non possono dare un’idea dell’orrenda realtà dell’inferno, che pure vide e descrisse vividamente, nel Libro de su vida, santa Teresa di Avila. Allo stesso modo le parole non possono minimamente descrivere la meraviglia del Paradiso. San Paolo, asceso fino al terzo cielo, non vide tutto e in particolare non vide l’orrore supremo dell’epoca finale dell’anticristo.
A cancellare tutti i peccati sarebbe bastata una stilla di sangue divino, quella versata con la circoncisione, sarebbe bastato il farsi uomo di Dio, poi avrebbe potuto risalire al cielo. Ma la superbia, l’incredulità, la malvagità degli uomini avrebbero ripreso il sopravvento (anche così, del resto…).
Invece il sacrificio dell’Uomo-Dio, ingiustamente torturato e assassinato da una Gerusalemme piena di antidio e la gloriosa Resurrezione, seguita dall’Ascensione e dalla Pentecoste, al cospetto di tutti i popoli convenuti a Gerusalemme ebbe un’efficacia incomparabilmente maggiore a quella che avrebbe avuto la semplice Ascensione di un santo Legislatore che non avesse sofferto la Passione e non fosse resuscitato. La tomba vuota rimase sulla terra, segno incontrovertibile dell’Amore Infinito di Dio e invito alla conversione.
“Carità, Fede e Speranza permettono all’uomo carnale di seguire la legge spirituale, così in contrasto con la legge del peccato vivente nelle sue membra.” La grazia di rigenerarsi rimanendo fedeli all’uomo interiore fu annunciata dagli angeli la notte di Natale: “la grazia della pace agli uomini di buona volontà”. Notare la “pace” concessa agli “uomini di volontà”, non “agli uomini che Dio ama”, come se Dio, in pretto stile calvinista, amasse alcuni ed altri no: un’evidente deriva protestantica di traduzione postconciliare malfatta.
4 – Carnalità e peccato
Apostoli e discepoli erano uomini carnali, perciò imperfetti. Solo san Giovanni era vergine: Cristo, essendo Dio, avrebbe potuto scorrere tutta la terra e trovare dodici e settantadue uomini puri per il suo sacerdozio e radunarli a formare la prima cellula della Chiesa, ma non lo fece. Al contrario usò la rozza materia prima che aveva a disposizione in Palestina per mostrare come si possa santificare anche l’uomo carnale pieno di imperfezioni. Ci ha tolto tutte le scuse, altrimenti avremmo detto: “Si è andato a scegliere proprio i migliori, ma noi non possiamo riuscire.”
Dio creò ogni cosa con amore e ordine. A causa del peccato, dapprima quello di Lucifero e poi dei progenitori, entrò nella Creazione il disordine e la lotta fra la carne che tende al peccato e lo spirito che tende al bene. Troppi che hanno nome di cattolici tentano di tenere una via intermedia di impossibile conciliazione tra la legge divina e quella della carne e di Satana, per cui restano in basso, preda dell’inferno.
La creazione è assoggettata alla vanità, non per sua volontà ma di Colui, cioè Dio, che l’assoggettò con la “speranza” che essa si liberasse. Ora gli eretici dicono: “Vedete che la vostra caduta fu voluta dal Padre.” Ma non è così: Dio onnisciente sapeva che l’uomo sarebbe caduto portando il disordine nella creazione, ma non tolse mai all’uomo la predestinazione alla Grazia e usò ogni mezzo, patriarchi, profeti, fino all’immolazione del Figlio, per salvare l’umanità.
Essendo onnisciente, Dio non conosce la speranza. Sapeva fin dall’eternità che l’uomo sarebbe caduto, e fin dall’eternità aveva predisposto il rimedio: l’Incarnazione, la Croce, la Resurrezione, a prova del suo amore infinito. L’uomo invece ignora quale sarà il suo destino, ed è bene, perché chi sapesse di non salvarsi diverrebbe ancor più sfrenato e pericoloso a sé e agli altri, mentre chi sapesse d’essere salvo cesserebbe di sforzarsi per migliorare[3]. La salvezza verrà per coloro che avranno condiviso la Croce.
5 – Come prepararsi al Cielo
La creazione geme nelle doglie del parto, per le sofferenze della condizione mortale. L’uomo di buona volontà si prepara al cielo nel nascondimento, con la preghiera in segreto e nell’offerta di sé, fino a identificarsi con Cristo[4], aiutato dalla preghiera dello Spirito Santo che prega per noi e sa bene come pregare.
Il segreto unico per conseguire la salvezza è l’amore, e questo si vedrà al Giudizio Finale. Infatti vi sarà allora grande stupore: si vedrà che sono salvi molti che non erano cristiani ma esercitarono l’amore e obbedirono alla legge morale, mentre molti cristiani saranno riprovati perché non avranno fatto fruttare i talenti ricevuti. Tutti hanno ricevuto talenti in grado di portarli alla salvezza, e quelli che li avranno usati bene avranno la piena felicità eterna, anche se in gradi diversi, ma nessuno soffrirà per avere grado minore perché ognuno raggiungerà il massimo compatibile con la sua natura, così ogni beato godrà di infinita felicità.
Cristo e la Madonna, il nuovo Adamo e la nuova Eva, purissimi, meritarono di ascendere al cielo in corpo e anima. Allo stesso modo sarebbero ascesi Adamo ed Eva se non avessero peccato. Ma fu soltanto dopo l’assassinio di Abele che i progenitori misurarono l’abisso in cui erano caduti e si volsero al Padre cercando conforto e riconoscendo la propria colpa.
Noi non possiamo sfuggire alla corruzione della carne e non possiamo ascendere immediatamente in corpo e anima come Gesù e Maria, ma non differiamo da loro in tutto il resto. Avremo la gloria del Paradiso come loro, ma anche le tribolazioni come loro. Nulla può separarci da Dio, eccetto il peccato. Piangere per le sofferenze non ci distacca da Dio, anche Gesù e Maria piangevano. Abbiamo l’aiuto costante dell’arcangelo Gabriele che combatte con noi e per noi.
6 – Colpa e redenzione
Paolo soffre per la separazione di Israele, pronto a rinunciare a Cristo pur di riportare a Cristo i fratelli giudei. Il fanatismo di Saulo persecutore si è trasformato in zelo assoluto per la causa cristiana: è l’amore supremo per i nemici, che hanno perduto l’appartenenza al Popolo della Promessa, mentre i pagani sono divenuti figli di Dio e hanno la nuova Promessa che sostituisce l’antica.
Dio, il Buonissimo, trae il bene da ogni cosa. Dalla Colpa prima, dell’Eden e dalla Colpa seconda, quella del Tempio, trasse la Redenzione. Solo necessita la buona volontà dell’uomo. Nessuno soffrì quanto Cristo e Sua Madre, e l’uomo deve farsi imitatore di Cristo, per trarre il bene da quanto Dio permette che gli accada. Il Padre aveva infatti caricato Cristo di tutti i peccati del mondo e si era ritirato da lui, lasciandolo solo.
Nessuno può accusare Dio del male, poiché questo proviene dal peccato dell’uomo. Chi è tentato di accusare Dio pensi a quanto soffrì Cristo, non solo alla Passione ma in tutta la vita, quando Satana, prossimo alla sconfitta, scatenò il suo odio contro di lui. Traendo bene dal male, Cristo seppe ottenere dalla satanica ribellione dei giudei la Chiesa per tutti gli uomini. Come un padre deluso dai cattivi figli adotta un orfano, così Dio respinse gli israeliti e adottò come figli i Gentili, insieme ai pochi israeliti disposti ad accogliere Cristo.
Degno di riprovazione è il disprezzo israelita verso i Gentili, tenace perfino tra gli apostoli che si aspettavano la ricostituzione del Regno d’Israele anche dopo la Passione e la Resurrezione. Quindi Israele fu schiacciata e lo sarà sempre finché non si convertirà[5]. Anche chi non aveva mai sentito parlare di Cristo, se aspirante al Bene fu e sarà salvo, mentre nessun oppositore di Cristo ha avuto e mai avrà vittoria.
Gli israeliti avevano la Legge e i profeti ma seppero solo accusare Cristo di essere in combutta col diavolo: anche se fosse disceso dalla Croce, come lo sfidavano a fare, avrebbero detto che l’aveva fatto grazie all’aiuto demoniaco. Gli israeliti si erano fatti dei a se stessi. Dio è paziente con Israele e aspetta, ma la superbia impedisce agli israeliti il riconoscimento della verità: avevano la lettera della Legge ma non lo spirito perché mancavano di umiltà e di carità. Dicevano: “Chi è questo popolano che osa insegnare nelle piazze e nelle strade?”, mentre loro, i grandi, sedevano sulla cattedra di Mosé, al Tempio. L’umile Pietro seppe riconoscere il Cristo. L’unico apostolo di grande cultura, legato alla cricca del Tempio, fu colui che lo tradì: Giuda di Keriot, dannato in eterno.
7 – Lo Spirito Santo illumina chi vuole
Non basta credere alle verità di fede, ma occorre anche credere all’infinita potenza e misericordia di Dio che come ha mandato il Figlio a evangelizzare il mondo e lo Spirito Santo a illuminare gli apostoli e i discepoli, allo stesso modo suscita fuochi e lumi dove e quando vuole a coloro che hanno meritato quel dono perché rafforzino la fede e la carità. Costoro sono perseguitati, ma nulla è tanto efficace quanto la persecuzione per rafforzare un’idea o una religione.
Queste lezioni ispirate offrono una stupenda fonte ai predicatori (pochissimi, purtroppo) non prevenuti contro la Valtorta (e il suo Divino Maestro). Questo permetterebbe di ascoltare finalmente delle buone prediche, ciò che purtroppo oggi è molto raro.
[1] Egli è infatti il “Dolce Ospite dell’anima”, come recita la sequenza di Pentecoste Veni Sancte Spiritus, al versetto Dulcis hospes animae.
[2] Romani 2, 14.
[3] Fanno eccezione i rarissimi casi di grandi santi che, ancora in vita, ricevettero l’annuncio della loro futura gloria, come appunto avvenne a Maria Valtorta.
[4] “Non sono io che vivo ma Cristo in me” (Galati 2, 20).
[5] Altro che “fratelli maggiori”: chi conosce il Talmud sa bene di quante maledizioni e bestemmie sia farcito, contro Cristo e i nosrim, ossia i cristiani, bollati come animali.
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