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Quest’anno finalmente abbiamo potuto realizzare questo interessante viaggio, pianificato in un primo soggiorno di alcuni giorni a Quedlinburg, città natale di Ottone I, miracolosamente uscita indenne dalle distruzioni della seconda guerra mondiale, ricca di ben milleduecento case a graticcio e dello Schlossberg, il cuore della città. Lo Schlossberg è una rupe fortificata, sovrastata dal monastero e dalla chiesa di San Servatius. Da Quedlinburg abbiamo visitato Halberstadt, il castello di Falkenstein, e Gernrode. Un secondo soggiorno di alcuni giorni a Magdeburgo, capoluogo del Land Sachsen-Anhalt, ci ha permesso di visitare anche il vicino centro di Naumburg.

Da Genova in aereo a Monaco di Baviera, da qui un secondo volo ci conduce all’aeroporto di Lipsia. Quando l’aereo sorvola la campagna di quella che era la Germania Est, si avverte subito il cambiamento di paesaggio. Mentre all’ovest, come ad esempio in Baviera, i campi coltivati sono di dimensioni ridotte e ben delimitati, ad est si estendono invece a vista d’occhio senza confini, e non vi sono case o fattorie: retaggio ancora presente della nefasta collettivizzazione comunista dell’agricoltura.

Da Lipsia l’itinerario in treno prevederebbe almeno due cambi, per cui facciamo la fortuna di un tassista che, per una cifra abbastanza modica, ci accompagna con entusiasmo a Quedlinburg. C’è una magnifica autostrada a quattro corsie per ogni senso di marcia che taglia dritto la campagna e senza neanche una curva per decine di chilometri. Non si vedono paesi né case isolate, fattorie o motel. Ogni tanto gruppi di alberi dai magnifici colori autunnali, gialli, ocra, rossi, interrompono la monotonia del paesaggio.

Questa sterminata e piatta pianura non deve avere frapposto gravi ostacoli ai vari eserciti che l’hanno percorsa nei due sensi, per attaccare le terre vicine o per invadere queste zone della Germania che, ad esempio, soffrirono spaventosamente durante la guerra dei Trent’Anni (1618-1648).

Dopo poco più di un’ora di viaggio, l’autista ci segnala le scritte per l’uscita di Quedlinburg, ove non si vede alcun segno di centro abitato. Percorriamo un’altra decina di chilometri, e si cominciano a vedere colline boscate e infine, usciti dall’autostrada, passando attraverso due basse colline, ecco Quedlinburg. Percorriamo un viale alberato che gira tutto intorno alla cittadina, voltiamo a sinistra fra due case e tutto cambia. Una piccola casa verde a graticcio è il nostro albergo. Di fronte si innalza una rupe ed in cima svettano i due campanili dello Schlossberg.

Posate le valige, subito andiamo ad esplorare questa piccola città. Le strade del centro storico, tutte pedonali, hanno il fondo in ciottoli. La case molto antiche in questa zona sono tutte a graticcio. La pianura che ci aveva accompagnato per chilometri è ormai un ricordo. La città, che è contigua alle prime pendici dello Harz, è un continuo salire e scendere. Piccole piazze si aprono all’improvviso, ricche di caffè, molto più numerosi qui delle birrerie. Lungo le strade, notiamo numerosi sacchi di spazzatura, tutti rigorosamente gialli, disposti in diverse maniere, in una strada tutti in fila, in un’altra ammonticchiati a formare una piramide. Sembrano opere d’arte di un artista estemporaneo.

Addentrandoci nella cittadina, raggiungiamo l’immancabile Marktplatz, o Piazza del Mercato, con la bella Rathaus, o Municipio. Dietro la Rathaus, circondato da un giardino con alti alberi dai colori autunnali, vi è l’imponente chiesa di San Benediktus, gotica. L’interno è in restauro, ma ancora adorno di altari barocchi, un magnifico pulpito e colonne.

Il mattino dopo saliamo allo Schlossberg. Il tempo è ottimo. Raggiungiamo un alto bastione sul fianco della chiesa. Di qui si gode un magnifico panorama della città sottostante: case a graticcio, strette le une alle altre, piccole piazze, tetti di mattoni rossi. C’è una bella piazzetta circondata dai palazzi dell’antico convento, che ospita il museo della cattedrale, dove un filmato racconta la storia della dinastia ottoniana, che qui ha avuto origine, e del monastero dove fu badessa la figlia di Ottone I. Belli i plastici che ricostruiscono l’aspetto della chiesa conventuale nelle diverse epoche. Un grande portone dà accesso alla chiesa, in maestose tre navate con ricchi capitelli scolpiti da maestri comacini. L’effetto è suggestivo, ma smorzato dall’intonacatura bianchissima che conferisce alla chiesa l’aspetto di una copia rifatta. Non riusciamo a visitare il ricco museo dello Schlossberg, segnalato dalla guida italiana del Touring ma non segnalato nelle indicazioni turistiche tedesche: non proprio un bell’esempio di efficienza teutonica.

La cattedrale, imponente vista dall’esterno, è spoglia in modo deludente all’interno: certo risultato dell’iconoclastia protestante. Lutherstadt Wittenberg, la città di Lutero, fa parte anch’essa del Land Sachsen-Anhalt e si trova a non molti chilometri, e i luterani certo non tolleravano la ricchezza artistica e teologica delle chiese cattoliche: tesori inestimabili andarono così irreparabilmente perduti.

Fuori Quedlinburg, immersa nel verde, vi è la chiesa romanica di Sankt Wipert, anch’essa devastata in passato dai protestanti, ma oggi restituita ai cattolici.

Di fronte allo Schlossberg si erge un’altra collina dove sorge il piccolo centro di Münzenberg, che conserva le case a graticcio più antiche, restaurate ed abitate da una comunità di artisti che, in un agglomerato di sette diverse case, hanno scoperto e restaurato nelle cantine i resti di un’altra antica abbazia.

Piccola nota di costume. In un’elegante via del centro sono attratta da un ristorante italiano che ostenta una grande insegna con scritto: “Bella pasta, pasta Italia”. Ovunque campeggia il tricolore. Entriamo per cenare e incrementare così il reddito dei nostri connazionali. Ma all’interno, accanto al tricolore, è esposta la bandiera del Südtirol. Eccoli quelli che in Italia dicono di non essere italiani, e se gli parli in italiano fingono di non capire; e che fuori dei nostri confini diventano italianissimi per attirare clienti con la nostra cucina. Già, perché offrire ai tedeschi Sauerkraut, Würstel e Speck non farebbe grande impressione, proprio come chi porta i classici vasi a Samo.

Da Quedlinburg andiamo a visitare il castello di Falkenstein, che si trova ai piedi dello Harz, percorrendo in taxi pochi chilometri attraverso graziosi paesini, poi la strada si inoltra salendo in un bosco fino a raggiungere la rupe dove sorge il Burg, ossia il castello. O forse bisognerebbe dire “la Burg”, perché “castello” in tedesco è femminile (“die Burg”, non “der Burg”). L’esterno è molto pittoresco, con torri e alte mura. L’interno, invece, è deludente, essendo ammobiliato in modo piuttosto modesto. Il castello (o la “castella”) è comunque storicamente di grande importanza perché collegato allo Sachsenspiegel, lo “Specchio dei Sassoni”, il primo codice di leggi tedesco, compilato negli immediati dintorni, dal nobile Eike von Repgow, tra il 1220 e il 1235, su richiesta del conte Hoyer II, signore del maniero. Questo codice medievale è stato per secoli la base cui si sono ispirati i legislatori tedeschi; Eike von Repgow fu esaltato da Hitler nel 1933 come “difensore del diritto tedesco”, e ancor oggi alcuni articoli della Costituzione tedesca echeggiano talune formule del Sachsenspiegel.

Più interessante è stata invece la visita a Gernrode, cittadina dove sorge una magnifica chiesa di epoca ottoniana. Anche questa chiesa, come molte altre della zona, ha due absidi e due campanili tondeggianti. La sua posizione sopraelevata rispetto alla cittadina aumenta l’imponenza della struttura. Si tratta della chiesa più antica della Germania orientale, dedicata a San Ciriaco. L’interno a tre navate è stato anche qui tutto intonacato di bianco: se conserva l’antica imponenza non dà la stessa impressione di autenticità dell’esterno. Vi è un bel fonte battesimale in bronzo, un ricco ciborio ed una copia del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Nelle absidi i capitelli moderni accentuano il senso di rifatto che aleggia nella chiesa, nella quale non si riesce ad avvertire che molto lontanamente l’atmosfera medievale.

Un altro centro che abbiamo visitato è Halberstadt, detto “la porta dello Harz”, un centro industriale che, a differenza degli altri siti, aveva un interesse strategico ed è stato quindi pesantemente bombardato. Dopo la piazza, con la Rathaus ricostruita dopo la guerra, visitiamo la chiesa di Sankt Martin, del XIII secolo. Al solito, però, ad un esterno imponente che promette meraviglie, si resta delusi dall’interno triste e spoglio, devastato secoli fa dagli iconoclasti protestanti, intenti a “purificare” il Cristianesimo dalla “funesta” influenza di Roma, mentre le vetrate sono probabilmente andate in frantumi a causa dei bombardamenti aerei. Gli unici dettagli di valore sono quindi un bel fonte battesimale all’interno e, su un portale laterale all’esterno un pregevole bassorilievo che raffigura il gesto di San Martino che si taglia il mantello per coprire un mendicante.

Sempre ad Halberstadt, di fronte a San Martino, al di là di un piccolo parco, si erge maestosa l’abside del duomo in stile gotico francese, dedicato a Santo Stefano e San Sisto, uno dei più importanti esempi di architettura gotica in Germania. Un’inserzione che si direbbe aliena, in un itinerario che ha per titolo “Strada del Romanico”, ma che permette di percepire la grande distanza culturale, espressa dagli stili architettonici, fra il severo mondo ottoniano e lo slancio verso l’alto di una nuova civiltà, più attenta agli esiti tecnici che alla spiritualità. Del resto, anche nella musica, il polifonico, molto tecnico, sopravanzò in età gotica la ieratica armonia del gregoriano, nato in età carolingia e che continuava sotto gli Ottoni. Una strada costeggia la splendida cattedrale, permettendo di ammirare le importanti decorazioni. Sull’altro lato di questa strada si ergono gli edifici un tempo al servizio della cattedrale. La strada termina in una grandiosa piazza alberata circondata da antichi palazzi, in fondo alla quale, fra gli alberi, si scorge un’altra importante chiesa.

La facciata del duomo è ornata da due alti campanili. L’interno è riccamente decorato di statue, miracolosamente scampate alle distruzioni della Riforma. Una preziosa iconostasi adorna di statue separa il coro dalla navata centrale. Gli stalli del coro, in legno, sono riccamente intagliati, vi sono parecchie antiche vetrate e notevoli gruppi scultorei, e sul lato un bellissimo chiostro offre suggestivi scorci del duomo.

Usciti dal duomo percorriamo la lunga piazza e raggiungiamo una maestosa chiesa fondata dagli Agostiniani: l’esterno, romanico e massiccio, è ornato da due potenti torri, ma l’interno è inesorabilmente intonacato di un bianco accecante che dà l’impressione di una chiesa costruita da pochi anni in stile falso romanico. Solo un grande crocifisso antico ci ricorda che ci troviamo in un’antica chiesa. A lato un grandioso chiostro rende l’idea di quanto animata doveva essere questa imponente costruzione prima che la Riforma si abbattesse su di essa.

Il tempo del nostro soggiorno a Quedlinburg è purtroppo terminato e anche le condizioni meteorologiche mutano di colpo. Il mattino della nostra partenza la cittadina è avvolta da una spessa nebbia, che dà allo Schlossberg un aspetto fiabesco. Prendiamo il treno per Magdeburgo, dove giungiamo nel primo pomeriggio. Dalla stazione scorgiamo il nostro albergo: una grandiosa costruzione moderna con un torrione tutto vetri.

L’interno è ancora più kitsch: sembra una nave da crociera svuotata, con un’enorme salone che va da un lato all’altro dell’hotel. Nella torre di vetro due ascensori conducono ai sette piani di camere che hanno le porte lungo dei ballatoi che si affacciano sul salone centrale.

Magdeburgo è stata la prima città fondata dai tedeschi nel sec. X, sotto Ottone il Grande (vi sono in Germania città più antiche, come Colonia, Magonza e Ratisbona, ma fondate dai Romani). La sua funzione iniziale fu quella di una città di frontiera in territorio slavo: doveva servire come base di conquista territoriale e per la sottomissione e conversione degli slavi. A questo scopo, Ottone il Grande ottenne dal Papa che fosse eretta a sede arcivescovile.

Devastata dalla Riforma protestante, poi dalla guerra dei Trent’anni, durante la quale subì un terribile saccheggio nel 1631, e poi massacrata dai bombardamenti alleati nella seconda guerra mondiale, è oggi una città moderna. Le strade sono larghe, a misura di carro armato, perché era nella Germania Est e l’“aiuto fraterno” sempre dietro l’angolo. I negozi sono scarsi, e così le banche, i caffè e i ristoranti.

Unica nota di colore i grandi giardini, dove gli alberi con i colori dell’autunno illuminano di rosso, giallo e marrone le tristi facciate dei palazzi di epoca staliniana. In uno di questi giardini si erge l’imponente chiesa, già conventuale, dedicata alla Vergine, fondata all’inizio del sec. XI. Nella tempesta della Riforma, il convento venne chiuso e la chiesa devastata. L’esterno è imponente, con due poderosi campanili ai lati della facciata. L’interno è a tre navate, con una cripta e la lastra tombale di San Norberto, ma nell’insieme è molto disadorno, come in tutte le chiese della regione. La chiesa è sconsacrata e adibita a sala da concerto.

Attraversiamo l’ampia piazza del mercato e visitiamo la Petrikirche, una piccola chiesa gotica a tre navate, attualmente cappella dell’università: l’interno è moderno. Lì vicina è un’altra piccola chiesa, purtroppo chiusa.

Il giorno seguente il nostro programma prevede la visita a Naumburg. La famosa guida tedesca sulla quale ci siamo basati per pianificare il nostro viaggio magnifica la cattedrale, di cui mostra belle foto, presentata come esempio di transizione dal romanico al gotico. Da lontano, fra gli alberi, la cattedrale appare immensa, ma l’aspetto che nelle foto è antico ed imponente, dal vero sembra una costruzione disneyana, tipo il castello bavarese di Neuschwanstein, eretto dal pazzo re Ludwig II.

Peggio ancora l’interno, tutto intonacato, disadorno, e per di più nascosto da impalcature, per cui la nostra delusione si accentua. Usciamo rapidi e ci dirigiamo, attraverso piacevoli stradine pedonali, fino alla Markplatz, dove un ottimo pranzo alla Ratskeller (cantina del palazzo municipale) ci riconcilia con Naumburg. Vicino alla Markplatz vi è la poderosa chiesa gotica di San Wenzel, dove all’interno è un magnifico organo del 1746 di Hildebrandt, dove suonò più volte Johann Sebastian Bach, e dove i custodi ci hanno detto che si possono prenotare concerti, portandosi anche l’organista.

L’ultimo giorno a Magdeburgo, la nebbia ci accompagna per tutta la giornata. Percorriamo la bella passeggiata che costeggia l’Elba, affiancata da lunghissime aiuole ricche di fiori e adorne di statue moderne, fino a raggiungere il maestoso duomo dedicato a San Maurizio e Santa Caterina. Il duomo sorge dove il grande Ottone fondò il primo duomo nel 955, distrutto da un incendio nel 1207 e quindi ricostruito in forme gotiche francesi. Qui è il cuore della storia tedesca, qui nel coro è la semplice tomba di Ottone il Grande, sempre coperta di fiori freschi e oggetto di visite devote da parte dei fedeli, proprio come la tomba di Carlo Magno ad Aquisgrana, che abbiamo visitato l’anno precedente.

La cattedrale è grandiosa, ricca di opere d’arte, fra le quali la magnifica porta del Paradiso, come le statue delle Vergini stolte e delle Vergini sagge, ed altre notevoli opere lignee, come uno splendido Crocifisso tardogotico e le statue della Madona miracolosa e di Santa Caterina; il pulpito è splendidamente decorato da bassorilievi rinascimentali; la famosa cappella esagonale custodisce le statue di una ignota coppia regale, risalenti alla metà del sec. XIII. È la prima chiesa che vediamo affollata di visitatori, non di fedeli, che scarseggiano ovunque. Un ricco museo e un imponente chiostro concludono la visita.

Usciamo nella nebbia. Il clima è decisamente invernale, per cui il ritorno a casa non si svolge con troppo dispiacere.

MARIA ANTONIETTA NOVARA BIGINI


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