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Tutto falso.

“La descrizione tipica dell’Inquisizione spagnola è essenzialmente un cumulo di menzogne, inventate e diffuse dai propagandisti inglesi e olandesi nel XVI secolo, durante le guerre con la Spagna, e da allora ripetute a non finire da storici tendenziosi, o male informati, per avvalorare ‘un’immagine della Spagna come una nazione di bigotti fanatici’. (…) (p. 168-9).

“Per quanto possa sembrare stupefacente, i nuovi storici hanno rivelato che, a differenza delle corti secolari dell’intera Europa, l’Inquisizione spagnola fu un notevole strumento di giustizia, moderazione, giusto processo e saggezza.” (p. 169).

“(…) nell’intero periodo compreso tra il 1480 e il 1700, in tutta la Spagna le sentenze di morte inflitte dall’Inquisizione furon circa dieci all’anno, una percentuale minima delle mote migliaia di luterani, lollardi e cattolici (oltre a due delle sue mogli) che Enrico VIII avrebbe fatto, bollire, bruciare, decapitare o impiccare. Nel secolo successivo (dal 1530 al 1630), gli inglesi tennero una media di 750 impiccagioni l’anno, molte delle quali inflitte per piccoli furti. Al contrario i pochi condannati a morte dall’Inquisizione spagnola di solito erano delinquenti abituali, che non si sarebbero pentiti.” (p. 172).

“(…) gli inquisitori ricorrevano alla tortura soltanto nel 2% dei casi (…) Per giunta è opinione largamente condivisa che in Europa le prigioni dell’Inquisizione fossero di gran lunga più confortevoli e umane – sono documentati casi di ‘criminali che, in Spagna, bestemmiavano di proposito per esservi trasferiti’.” (p. 173).

“(…) la caccia alle streghe giunse al culmine durante il cosiddetto Illuminismo! Anzi, nel suo famoso Leviatano (1651) il celebre filosofo inglese e sostenitore dell’Illuminismo Thomas Hobbes (1599-1679) scriveva che ‘quanto alle streghe (…) sono giustamente punite’. Un’altra figura di primo piano legata all’Illuminismo, Jean Bodin (c. 1530-96), fu giudice in parecchi processi per stregoneria e si pronunciò in favore del bruciare le streghe a fuoco lento, il più lento possibile. In affetti molti illustri scienziati del XVII secolo, compreso Robert Boyle, furono favorevoli alla caccia alle streghe.” (pp. 174-5).

“Nella Chiesa, la magia abbondava: pozzi, sorgenti e boschetti sacri, nonché santuari dove i fedeli potevano invocare ogni sorta di miracoli e benedizioni. Inoltre i preti disponevano di un’ampia gamma di incantesimi, preghiere e riti per affrontare molti problemi, soprattutto per curare malattie; c’erano molti preti specializzati in esorcismi. Parallela a questo elaborato sistema di magia ecclesiastica, era una vasta cultura di magia popolare, o tradizionale, buona parte della quale a sua volta dedicata a curare malattie. Alcune di queste pratiche magiche risalivano a epoche pre-cristiane e molte erano una sorta di confuso adattamento alla magia cristiana. Questa magia non ecclesiastica era esercitata da praticanti locali, talvolta indicati cone ‘Saggi’. Spesso costoro si dedicavano anche a pratiche non legate alla magia, come nel caso delle ostetriche che, per far nascere i bambini, univano capacità professionali a formule magiche. È opportuno ricordare che talvolta i preti stessi si lasciavano andare a ‘stravolgimenti’ della magia della Chiesa, come nel caso di un prete di campagna che battezzava le monete nell’olio santo, nella speranza che, non appena fossero state spese, ne comparissero di nuove, e dei molti preti che battezzavano oggetti quali magneti, nella speranza di creare pozioni d’amore, sebbene queste fossero severamente condannate dalla Chiesa. Anche se compiute da preti, dalle autorità religiose queste azioni erano considerate magia, che nulla aveva a che fare con la Chiesa.” (pp. 176)

“Tutte le pratiche magiche sembravano funzionare, talvolta. E dunque alcuni dei malati, che si rivolgevano al prete locale, guarivano. Tuttavia accadeva la stessa cosa ad altri che si rivolgevano al ‘Saggio’ locale. Questo però poneva un serio problema teologico e il tentativo di trovare una spiegazione logica finì in tragedia. La domanda che ci si poneva era: se la magia della Chiesa funziona perché Dio le dà il potere di agire, perché funziona anche la magia non della Chiesa? Di certo quei poteri non vengono da Dio. La conclusione sembrava ovvia: la magia non della Chiesa agisce perché è satana che le dà il potere. Pertanto praticare la magia voleva dire invocare stana e i suoi demoni. Questa è la definizione di ‘stregoneria’.” (p. 176-7).

Qui è necessario ribadire, come già osservato nella recensione, che è assurdo parlare di “magia della Chiesa”, ossia equiparare alla magia le grazie concesse da Dio ai credenti attraverso la preghiera e l’intercessione di Maria Santissima e dei santi. Dio non è al nostro servizio, siamo noi al Suo servizio, e se otteniamo qualche grazia è un’elargizione gratuita da parte divina. È invece possibile, in modo limitato, comandare ai demoni grazie al fatto che si sono dannati, e quindi in certo modo si sono resi inferiori a coloro che potrebbero salvarsi. Ecco perché l’evocazione magica degli spiriti per ottenerne favori non può che attirare spiriti malvagi e non deve quindi essere mai tentata; e sciagurato colui che ottiene simili favori, perché il demonio esige sempre essere pagato, e l’unica moneta che accetta in pagamento è l’anima immortale. Come non esiste “magia della Chiesa”, così non esiste magia bianca, ma solo nera, e praticarla è peccato gravissimo.

“Gli inquisitori “ipotizzarono che la maggior parte di coloro che erano accusati di usare una magia (…) fossero sinceri cattolici che non volevano fare del male e non si erano resi conto di aver invocato i demoni, (…) si trattava di una colpa che andava espiata nel modo consueto, attraverso la confessione e l’assoluzione. Di conseguenza, l’Inquisizione spagnola non mandò al rogo quasi nessuna strega, e quelle che lo furono erano state condannate per la terza o quarta volta. – Ancor più importante è il fatto che l’Inquisizione usò il proprio potere e la propria influenza per impedire la caccia alle streghe da parte di locali folle inferocite o di autorità secolari. Ne è un esempio quanto accadde a Barcellona nel 1549, proprio mentre in altre parti d’Europa erano in atto le più feroci cacce alle streghe. La autorità locali accusarono sette donne di stregoneria e i membri della sezione locale dell’Inquisizione ne approvarono la condanna al rogo. I membri della Suprema (l’organo direttivo dell’Inquisizione) inorridirono per il fatto che potesse accadere una cosa simile e inviarono l’inquisitore Francisco Vega a investigare. Appena arrivato, Vega allontanò i funzionari locali dell’Inquisizione e ordinò l’immediata scarcerazione di due donne, detenute in quanto condannate a morte. Dopo ulteriori investigazioni, annullò tutte le accuse pendenti e impose la restituzione alle famiglie delle vittime di tutte le proprietà confiscate, Nella sua relazione Vega liquidò le accuse di stregoneria come ‘risibili’ e ‘scrisse uno dei più pesanti atti d’accusa alla caccia alle streghe mai registrati’. I suoi colleghi della Suprema furono d’accordo, dopodiché rivolsero la loro vendetta contro coloro che avevano condotto cacce alle streghe non autorizzate, facendone giustiziare un buon numero e inviandone altri a scontare lunghe condanne sulla galee.” (pp. 179-80).

Analogo caso si verificò nel 1610 a Logroño, dove sei donne furono arse sul rogo prima che la Suprema, informata in ritardo, potesse intervenire. “Quando lo venne a sapere, la Suprema inviò Alonso de Salazar y Frias, che passò più di un anno a interrogare la gente del posto e a invitarla a ripudiare i suoi errori (per la maggior parte legati alla superstizione e alla magia). Al termine della sua missione, Salazar riferì di aver riconciliato 1.802 persone con la Chiesa. Riferì anche i risultati negativi della sua investigazione relativa alla stregoneria: ‘Non ho trovato la benché minima prova che sia stato effettivamente compiuto anche un solo atto di stregoneria’. Salazar proseguì suggerendo che si compissero sforzi per prevenire discussioni e polemiche pubbliche sull’argomento; che in particolar modo i sermoni sulla stregoneria dovessero essere evitati perché aveva scoperto ‘che non c’erano né streghe né stregati fino a quando si cominciava a parlarne e a scriverne’.

“Il documento di Salazar ebbe un’ampia diffusione presso ecclesiastici di tutta Europa. Altri prelati cattolici, compreso il gesuita Friedrich von Spee [sic: non era von Spee, solo Friedrich Spee von Langenfeld, indicazione di provenienza familiare, non di nobiltà], ben presto presero posizione contro la caccia alle streghe e fu la loro influenza e il loro screditare la validità di confessioni estorte con la tortura ciò che mise fine ai roghi di streghe nelle aree cattoliche, un effetto che ben presto di fece sentire anche nelle aree protestanti. Alcuni storici amano sostenere che la caccia alle streghe finì definitivamente poiché fu contestata da aderenti all’Illuminismo come Balthasar Bekker. Tuttavia nessuno di questi (p. 180) attacchi ‘illuminati’ contro la caccia alle streghe comparve fin quasi un secolo dopo che gli sforzi della Chiesa cattolica avevano screditato la sua follia e reso del tutto sicuro affermare tali cose.” (p. 181).

“L’Inquisizione spagnola fu istituita per affrontare una crisi sociale riguardate i conversos, i convertiti ex-ebrei ed ex-musulmani diventati cattolici. La storiografia condivisa dà un’idea sbagliata di tutte le persone coinvolte. Descrive i conversos, soprattutto di origine ebraica, come persone che nella stragrande maggioranza dei casi avevano soltanto finto di essere divenuti cristiani, mentre in realtà continuavano a vivere come ‘cripto-ebrei’. E descrive l’Inquisizione come brutalmente intenzionata a smascherare tutti questi simulatori, così da mandarli al rogo per eresia. La verità è che quasi tutti gli ebrei e la maggior parte dei musulmani convertiti erano sinceri, e l’Inquisizione fu istituita per eliminare le croniche esplosioni di violenza da parte delle folle inferocite e sostituirle con regolari processi, così come per smascherare coloro la cui conversione non era sincera.” (p. 181).

“Per oltre mille anni, in Spagna vissero più ebrei che in ‘tutti i paesi dell’Europa medievale messi insieme’. Fu in Spagna che la rinascita della lingua ebraica fu resa possibile dalla creazione di una grammatica ebraica: gli ebrei della diaspora avevano perso così completamente la capacità di leggere e scrivere in ebraico, che le Scritture avevano dovuto essere tradotte in greco parecchi secoli prima della nascita di Cristo. Tuttavia, all’inizio del X secolo in Spagna ci fu un improvviso fiorire di poesia e scritti vari in ebraico. Per giunta il centro di questa rinascita ebraica era proprio nelle aree cristiane della Spagna e, mentre le truppe cristiane lentamente respingevano verso sud i musulmani, gli ebrei continuavano a migrare verso nord.” (p. 182).

Le conversioni dall’ebraismo al cattolicesimo “erano così sincere che, ben presto, in Spagna, molti cristiani di primo piano, compresi vescovi e cardinali, provenivano da famiglie di conversos. Anzi, nel 1391, il rabbino capo di Burgos si fece battezzare insieme a tutta la famiglia e infine divenne vescovo di Burgos. I numeri stessi dei convertiti ebrei, così come l’importanza della loro posizione (re Ferdinando aveva una nonna conversa), impedì l’assimilazione e portò a un antagonismo tra ‘vecchi’ e ‘nuovi’ cristiani, che infine sfociò in scontri armati tra i due gruppi. Non sorprende che i ‘vecchi’ cristiani fossero inclini ad accusare i ‘nuovi’ di essere ‘cripto-ebrei’ e troppo spesso gli ebrei spagnoli furono ben contenti di appoggiare tali accuse. Cosa che si rivelò un errore, dato che l’ostilità verso i conversos ben presto si estese fino a comprendere attacchi contro gi ebrei da parte dei ‘vecchi’ cristiani. – Fu in questo caos che l’Inquisizione fu chiamata a fare chiarezza. Gli inquisitori riuscirono a bloccare gran parte dei disordini e delle violenze di folle inferocite, ma non furono in grado di creare un pace duratura. Il tragico risultato fu l’editto del 1492, con cui si ordinava che gli ebrei, ancora residenti in Spagna, si convertissero o se ne andassero.” (p. 183).

Gli islamici costituirono un problema molto più grave. “Erano molto più numerosi, vivevano in aree in cui spesso costituivano la maggioranza dei residenti, parlavano la loro lingua e la loro conversione spesso era stata forzata. Di certo i moriscos scatenarono parecchie sanguinose insurrezioni.” (p. 184).

“All’epoca dell’Inquisizione spagnola, tutti i paesi europei perseguitavano dissenzienti e minoranze religiose. Oltre a dare la caccia a lollardi e luterani, gli inglesi cercavano per mari e monti preti cattolici e clandestini e giustiziavano tutti quelli che trovavano. I francesi massacrarono migliaia di ugonotti e anche i calvinisti olandesi impiccarono preti. Gli anabattisti furono perseguitati sia nelle parti luterane che in quelle cattoliche della Germania, mentre, a Ginevra, Calvino perseguitava sia gli anabattisti che i cattolici. In qualche modo, però, tutte queste azioni sono state considerate ‘diverse’ dalle persecuzioni dei luteranos da parte dell’Inquisizione spagnola.” (pp. 185-6).

“È vero che l’Inquisizione bruciò i libri. Molti di essi contenevano eresie teologiche, come per esempio dottrine luterane; tuttavia pochissimi, se non addirittura nessuno, furono i libri scientifici bruciati: negli elenchi di libri proibiti, gli spagnoli non inserirono mai neppure le opere di Galileo. Mi sembra particolarmente interessante che, dei libri mandati al rogo dall’Inquisizione, la maggior parte fosse per pornografia. [corsivo, grassetto e sottolineatura aggiunti] Sembra infatti che, anche se i primi libri ad essere stampati furono la Bibbia e raccolte di preghiere, assai presto gli stampatori scoprirono un mercato clandestino, affamato di pornografia.” (p. 189).

“I grandi miti storici sono duri a morire, persino quando non c’è una resistenza esplicita alle nuove prove. In questo caso, però, molti autori recenti continuano a divulgare i tradizionali miti (…). Lo fanno perché sono determinati a dimostrare che per l’umanità la religione, soprattutto il cristianesimo, è una spaventosa sventura. (…) E, dunque, questi autori snobbano i nuovi studi come scritti di ‘apologeti’.” (p. 189).


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