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LA GRAMAGLIADE

ovvero

EPOPEA DI UNO SPIRITISTA NEMICO DI MARIA VALTORTA

 

 Cap. 1

Eruditus theologus et consiliarius eius

 

CAPITOLO PRIMO

COME SI DISTORCE UN’AUTOBIOGRAFIA

Prima puntata

 

A volte capita, come Ella, egregio ecclesiastico e Professore saprà, che qualche direttore spirituale chieda ad una certa persona di stendere un’autobiografia per meglio conoscerla ed avere eventualmente una prova della sua santità. Ora, capisco che la Sua raffinata sensibilità postconciliare inorridisca di fronte a simili cose stile Controriforma, se non medievali, ma che ci vuol fare? Non c’era Lei presente a impedire simili atti di retrogrado papismo.

Fu così che nacquero il Libro de su vida di Santa Teresa di Avila e la Histoire d’une âme di Santa Teresa di Lisieux: le due sante si sottomisero all’ordine del loro direttore spirituale, e i libri che scrissero dovevano restare segreti. Solo più tardi vennero dati alle stampe, e non certo per desiderio delle interessate. Esattamente questo avvenne anche per l’Autobiografia di Maria Valtorta, solo per obbedienza al direttore spirituale, Padre Romualdo Migliorini. Non era affatto destinata alla pubblicazione, ma solo come documento privatissimo: venne scritta di getto, tra il 10 marzo e il 23 aprile 1943, Venerdì Santo.

Ma spuntò finalmente il giorno in cui il molesto libro giunse in mano a Lei, illustre Don Gramaglia, e poté finalmente essere posto nella giusta luce. Infatti, Ella osserva: “vi sarebbe più di una pagina di cattivo gusto”. E, per insegnarci cos’è il buon gusto, ecco un sacrosanto rimprovero al Padreterno: “Dio, dovendo provvedere all’ordine dell’universo, deciderebbe già nel momento creativo delle singole anime, le caratteristiche dei vari individui delle singole razze. Così il Dio d’amore di cui la scrittrice si vantava sempre, si dimostra oltremodo sadico e spietato.” Pensare che, nella mia ignoranza, credevo che questa varietà fosse indispensabile al funzionamento del mondo (non tutti possono essere dei dotti di suprema dottrina come Lei, illuminato tuttologo). Ritenevo inoltre che Dio giudicasse in base ai doni che si è degnato di concedere a ciascuna sua creatura, così che a ciascuno viene richiesto solo quello che può dare: in tal modo a tutti è aperta la salvezza e nessuno potrà mai lamentarsi d’esser trattato ingiustamente. Ma, visto che un così gran dotto come Lei dice che così non va bene, la prossima volta che incontro Dio Gli riferirò che occorre qualche miglioria.

“Non mancano neppure osservazioni teologiche assolutamente idiote, come la dimostrazione dell’umiltà eucaristica di Cristo: ‘Penso alla sua degnazione a posarsi su una lingua, in una bocca, non sempre pulite e profumate, e scendere in uno stomaco che talora è ancora ingombro di cibo maldigerito’.” Eh no, eh no, non va, Signore, dovresti consigliarti con Don Professor Gramaglia: forse ti dirà che marca di dentifricio devono usare i comunicandi. Certo che, prima del Concilio Vaticano Secondo, era più difficile che le sacre Specie incontrassero cibo maldigerito, ma adesso, abolito l’obbligo del digiuno dalla mezzanotte, simili incontri sono diventati praticamente inevitabili.

“Maria Valtorta, sempre a nome e con la voce di Gesù, è intervenuta perentoriamente anche su questioni dibattute come l’ecumenismo, e su problemi sessuali e matrimoniali: al suo Gesù fa assumere una posizione molto rigida circa la castità coniugale, per cui essendo il rapporto sessuale rigidamente finalizzato alla procreazione, come testimoniano gli animali che comprendono la bellezza del procreare, dai genitori, che non erano in grado di garantire vesti e cibo per altri figli, esigeva una stretta continenza, pena la dannazione eterna tra le braccia di Satana. Nelle case ove i coniugi rinunciano ai rapporti sessuali s’assidono gli angeli che vegliano sul loro riposo; il fare l’amore offende invece tali spiriti luminosi, che non possono guardare ciò che è in assoluta antitesi con la luce.” (pp. 11-13).

Non resta che prendere atto della severa riprovazione di Don Gramaglia per la castità matrimoniale, questa ridicola invenzione della Valtorta, che evidentemente rispecchia solo la sua frustrazione di semiparalitica. Quanto alle “questioni dibattute” è ovvio che il dibattito vada lasciato ai grandi eruditi come Lei. Perbacco, di che s’impiccia questa ignorante? Ne ha lo stesso diritto di un qualunque falegname che pretenda di insegnare ai dottori della legge, agli scribi e farisei Suoi colleghi, illustre ed illuminato Don Gramaglia.

Prendo pure atto della folgorante nota a p. 13 (corsivo aggiunto), nella quale Ella osserva che “il continuo ritornare sulle vicende e sul pentimento dell’ex prostituta Maria di Magdala, sorella di Lazzaro, nasconde con difficoltà qualcosa di morboso”. Nota particolarmente utile perché mi fa notare qualcosa di cui, nella mia pochezza, assolutamente non mi ero accorto. Così come non mi ero affatto accorto che Maria di Magdala battesse il marciapiede: credevo che, essendo ricchissima, non facesse che divertirsi con gli uomini senza farsi pagare. Dopotutto l’intera, ricca Magdala era sua, e si trattava di un grande centro peschereccio sul mare di Galilea i cui prodotti erano ricercati fino a Roma. Ma evidentemente Ella, egregio Maestro, riesce a leggere e a penetrare, col suo spettacolare intelletto, anche laddove non c’è assolutamente nulla, anzi specialmente lì.

Per fortuna Ella provvede a rassicurare i lettori (pp. 13-14): “Non saranno tuttavia le idee generali sulla vita cristiana a costituire l’oggetto di questo studio: le mie osservazioni si limiteranno ad un solo aspetto dell’esperienza religiosa, quello concernente le manifestazioni straordinarie di frontiera della fede e le possibili radici di tali fenomeni carismatici nella struttura psichica del soggetto.” Procediamo dunque nell’esame del Suo stimolante volume sulla Valtorta. Certamente, egregio Professore, ne ricaveremo un impareggiabile esempio e una fonte di ispirazione per chiunque voglia dedicarsi ad utili attività come la caccia al vento e l’insegnamento dell’algebra alle formiche.

(continua)


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