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LA GRAMAGLIADE

ovvero

EPOPEA DI UNO SPIRITISTA NEMICO DI MARIA VALTORTA

 

CAPITOLO PRIMO

COME SI DISTORCE UN’AUTOBIOGRAFIA

Terza puntata

 

Giungiamo così agli anni passati da Maria Valtorta a Firenze, durante i quali “la madre appare come una donna incredibilmente egoista che sfrutta la figlia per i suoi meschini interessi. Incapace di ribellarsi con dignità, Maria dovette sacrificare per lei la vita e la salute con atteggiamenti che a volte paiono quasi masochistici, poiché visse con la continua nostalgia dei baci della mamma, di fronte alla quale però tremò sempre con il terrore di sentirsi procurare altro male. (…) Per superare sentimenti di avversione, Maria trovò una giustificazione nel bisogno di non lasciarla sola con suo padre che ormai non valeva più nulla.” (p. 20). Ma, egregio Professore, nonché sacerdote di Santa Romana Chiesa, forse Ella ha una lacuna piccola piccola nella sua altrimenti oceanica formazione. Direi che Ella non sappia cosa significhi “carità”, e quindi Le sia ostica la carità soprannaturale della Valtorta verso la madre, che le impediva di considerare “ribellioni” o moti di “avversione”. E poi, scusi, Reverendo Professore, nella sua lunga e prestigiosa carriera scientifica ha mai sentito parlare dell’insignificante paroletta “dubbio”? Come può conoscere come dato di fatto ciò che la Valtorta pensava? Come può dire che il padre di lei “non valeva più nulla”? Aveva pur sempre un’anima immortale. O sbaglio? Sa, io non sono un prete e forse non sono aggiornato sulle più recenti trovate dell’illuminato post-concilio: magari hanno scoperto che l’anima non esiste.

Sempre compassato e scientificamente impeccabile, Ella diagnostica che “l’amore al crocifisso si esprimeva con abbracci e frasi dolci, un po’ bamboleggianti, di tipo regressivo (…). Anche la sua immolazione assunse nuove tonalità di espiazione vicaria; impressionata da un mondo che, a suo avviso, cadeva sempre più nell’abisso delle colpe (…)” (p. 23). Era mal avvisata, evidentemente, povera Valtorta: non si rendeva conto di quanto andasse bene il mondo. Anche oggi procede di bene in meglio, il mondo. Lo vediamo ogni giorno: i chierici fanno tutti il loro dovere con sublime abnegazione e non si sognano nemmeno di sfiorare il sederino altrui, la Fede cattolica è rispettata e sta convertendo tutti, il matrimonio e la famiglia sono in auge, i governi non fanno che pensare al bene dei sudditi, pardon dei cittadini, le tasse sono lievi, le leggi giuste, i tribunali imparziali, i giornali veritieri, la televisione altamente educativa.

Povera Valtorta: “salute sempre più precaria nonché cure mediche sbagliate e micidiali la condussero in un angoscioso stato di oscurità spirituale” (p. 23). Certo, se non ci fossero stati la guerra, lo sfollamento a Sant’Andrea di Còmpito, il tetto da cui pioveva, i topi che passeggiavano sulle travi del tetto e le scaricavano le loro deiezioni addosso, il caldo, il freddo, i medici incapaci, e avesse potuto nutrirsi in modo decente, tutto sarebbe andato bene, poiché l’essere umano è ciò che mangia, vero? Per carità, neppure un cenno al terribile fenomeno del “silenzio di Dio”, sperimentato da ogni anima profondamente mistica, mi raccomando, Professor Gramaglia, prete di Santa Romana Chiesa. Gli spiriti superiori come Lei sanno bene che il misticismo è solo una forma di malattia mentale.

Spirito superiore e pure generoso il Suo, che concede (p. 24): “La nobiltà di un dolore trasformato in compassione e in amore può anche renderci tolleranti e comprensivi di fronte ai bamboleggiamenti e agli sbaciucchiamenti con un grande crocifisso di marmo adagiato sul divano”.

Anche questo, comunque, dev’essere un indice di malattia mentale, infatti, “dotata di evidenti capacità sensitive, Maria Valtorta diresse il suo potenziale psichico verso una immedesimazione con Cristo” (p. 24). La vita della poveretta era tutta un’illusione, a quanto pare, infatti “nel 1939 un senso di esagerato vittimismo la convinse di riuscire ad operare miracoli con scambio di malattie. Una bambina era stata colpita da una forma polmonare infettiva degenerata in cancrena; Maria Valtorta chiese a Dio di prendere il male della piccola per salvare il padre dalla disperazione; la bambina guarì e lei contrasse la pleurite, il che la convinse del miracolo dello scambio” (p. 25).

Cerchiamo, col Suo permesso, egregio tuttologo, di raccontare un po’ meglio l’episodio. Maria Cristina, figlia di Anna Maria Antonini, già in punto di morte, guarì in modo straordinario per intercessione di Maria Valtorta. Il fatto è testimoniato in due diverse deposizioni delle parenti della miracolata e della miracolata stessa, registrate dal Prof. Albo Centoni nel 1976 e nel 1982. La bambina aveva poco più di tre anni quando si ammalò di una violenta broncopolmonite “capillare”. Il medico non tacque la gravità del caso, la curò con la penicillina ma senza effetto. Nella notte del secondo giorno la bambina aveva febbre altissima, gridava che c’era la “otte” (la morte) che la voleva portar via. A un certo punto allargò le braccia e disse che non aveva più paura, perché era venuto Gesù e aveva mandato via la morte con un gesto imperioso, ed era “tanto bello”. Erano le tre meno un quarto, la bambina non aveva sognato, era ben sveglia. La mattina seguente la madre si affacciò alla portafinestra di Maria e le raccontò il fatto. La veggente domandò che ora era, e fu evidente che proprio a quell’ora ella aveva chiesto a Gesù di guarire la bambina.

Più tardi Eroma, zia della miracolata, confermò in tutto il racconto della sorella Anna Maria, madre della bambina, aggiungendo particolari probanti. La piccola, prima di quell’episodio, non aveva mai visto un teschio, che invece dovette vedere la prima volta all’apparizione della “otte” che veniva a portarla via; inoltre la descrizione di Gesù e del suo vestito coincideva perfettamente con la visione di Lui che aveva avuto la Valtorta. Un giorno Eroma portò la bambina in chiesa a pregare Gesù, ma in quella chiesa c’era un catafalco ricoperto da un drappo con immagini di teschi e la bambina si spaventò credendo di rivedere la morte come l’aveva vista la notte in cui stava per morire. Divenuta adulta e madre, Maria Cristina Mencarini, a distanza di decenni ancora ricordava perfettamente l’intera vicenda. Strano, vero, esimio tuttologo? Ma si tratta di infinitesimi dettagli che senza dubbio Ella, con la sua erudizione cultural-scientif-umanist-enciclop-oceanic-termonucleare non avrà alcuna difficoltà a spiegare in modo razionale e tale da soddisfare il più incallito laicista.

(continua)


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