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LA GRAMAGLIADE

ovvero

EPOPEA DI UNO SPIRITISTA NEMICO DI MARIA VALTORTA

 

CAPITOLO TERZO

L’INFATUAZIONE DELLO SPIRITISMO

Quarta puntata

 

Ma il PAG non finisce di stupirci con le tele di ragno che riesce a tessere per aria, ricamando sul tema del dolore (pp. 81-82 corsivo nel testo): “L’ossessione per la sofferenza derivava da due particolari concezioni molto mitiche della religione: i peccati degli uomini, spinti da Satana, devono essere sempre di nuovo espiati anche da Gesù e questa sua redenzione continua deve essere integrata con la sofferenza di anime privilegiate ed elette, chiamate a placare l’ira di Dio. Così mentre Gesù continua a soffrire, e a soffrire tanto, a causa della pervicacia umana, la Valtorta si sente privilegiata e compensata di tutto quello che la vita le aveva negato.”

A questo punto il mio barbiere si è messo a sghignazzare senza ritegno: “Ma certo,” ha detto fra le lacrime dal ridere “ma certo, in Cielo è una festa continua, anche se le anime, grazie a preti di m… ortadella, continuano a perdersi, abbandonate a se stesse dai dottori difficili che sanno di greco e di ebraico. Ma cosa volete che gliene freghi a Cristo che vede tante anime precipitare all’inferno per il cattivo esempio di preti aridi e fornicatori? Ormai Egli è al sicuro, la Sua parte l’ha fatta e i suoi figli si arrangino.” Chiuse le saracinesche del sarcasmo, ha continuato: “Il discorso delirante del PAG non colpisce tanto la Valtorta, della quale nella sua smisurata arroganza, prevenzione e ossessione spiritistica non ha capito una mazza, ma va a colpire al cuore il concetto di sofferenza vicaria su cui si basa l’intera Redenzione, mentre bestemmia oscenamente la stessa misericordia divina.”

E l’illuminato trombone continua a trombonare, credendo forse di aver a che fare con studenti un po’ tonti (p. 82 corsivo nel testo): “Si può comprendere allora perché nel linguaggio della Valtorta chiunque accetti una missione di dolore diventi redentore non solo con Cristo, ma addirittura come Cristo. Della Madonna, ad esempio, Gesù dice: ‘Maria era redentrice come Io ero redentore” (…) Il 3 febbraio 1945 farà dire a Gesù che gli uomini sono superiori agli angeli proprio perché possono soffrire come Lui e diventare corredentori; a suo avviso la somma dei meriti da contrapporre alla somma dei peccati, accumulati sempre di nuovo dall’umanità, esige altre creature che si offrano vittime nel dolore per imitare Cristo: non è certo questa la dottrina biblica della espiazione vicaria attuata da Cristo sulla croce.”

Il figaro non l’ha presa bene e si è messo a inveire: “Benissimo! Lutero non avrebbe potuto dir meglio (o peggio). Ciò significa che le terribili sofferenze della Madonna non sono servite a nulla, e così pure soffrono invano tutte le anime vittime. Quando il Santo Padre Giovanni Paolo II offrì le proprie sofferenze a Dio, queste furono gettate nella spazzatura, e ci finirono anche quelle di Padre Pio. Così, in questo ignobile delirio, finisce nella spazzatura la Comunione dei Santi.”

Ho cercato di spiegare al mio barbiere che non poteva contestare così il grande patrologo, psicologo, teologo, tuttologo, che sapeva di greco, ebraico e marziano, e che quindi doveva sovrastare noi poveretti in scienza e sapienza, ma quello ha risposto cose irripetibili sui palloni gonfiati, così che ho dovuto desistere, anche perché la successiva esternazione del PAG ha inorridito abbastanza anche me, devoto ammiratore della scienza gramagliesca.

Il tuttologo ha avuto infatti il coraggio di scrivere (p. 84): “Masochismo, senso vampiresco dell’orrido, impulsi selvaggi e incontrollati del subconscio e affermazione infantile della propria superiorità nei confronti degli altri fedeli, che rimanevano senza comunione il Giovedì e il Venerdì Santo, diedero origine alla macabra visione del 29-30 marzo 1945. È la descrizione di una Pasqua privilegiata, riservata solo a lei, Maria Valtorta; nella visione confluiscono tutte le forme di allucinazione, da quella visiva e quella tattile e gustativa. Appare Gesù, bello e radioso nella sua veste di lino candido; tiene una pisside nascosta in seno, le dà una grossa particola, la carezza e le dice: Ora che sei nutrita, scrivi. Domani tornerò (…)”. Infatti il giorno dopo le dà da bere il Suo sangue: è questo ad apparire “vampiresco” al PAG?

“Ma non è forse quello che si fa sempre, anche se in modo meno drammatico, quando ci si comunica con le due Specie?” ha osservato il mio barbitonsore “altro che Lutero! Lo stesso Satana non avrebbe potuto dir meglio (o peggio). Solo il demonio può avere tanto orrore di un’apparizione di Gesù, al punto da definirla masochista, vampiresca e orrida.” E io, con mio sommo dispiacere, non ho potuto che dargli ragione.

Altro scandalo per il PAG (pp. 84-85): “Il 13 ottobre 1945, dopo aver visto e descritto scene nelle quali Gesù era fortemente amareggiato a causa dei farisei”, il Divino Maestro le diede una bevanda ben diversa, così che lei sentì “un acre gusto amaro e disgustoso; quell’acqua mordeva la gola, agitando lo stomaco di disgusto, perdurando come un’arsione di acido bruciante. Gesù confidò poi alla Valtorta che andava in giro a cercare le anime predilette per far bere loro un sorso di quell’acqua amara che aveva riempito il calice del Getsemani. (…) un calice che le colpe degli uomini giornalmente fanno colmo; siccome Gesù è glorioso e non può più berne, ogni giorno Egli gira presso anime espiatrici e dilette a farne loro bere un sorso per una (…)”. Gli strali gramaglieschi si appuntano quindi sulla sofferenza (pp. 86-87): “Nel gennaio 1947 viene messa in bocca a Gesù una lunga teoria sulle sofferenze dei bambini. Il dolore è la conseguenza del peccato originale e non può essere abolito: i bambini già battezzati sono pertanto vittime espiatrici (…) L’ossessione per una espiazione continua conduce ad una visione sadica delle sofferenze dei bambini (…). Già Gesù Cristo ha dovuto placare la Giustizia divina per i peccati degli uomini, tuttavia i sacrifici espiatori non sono stati aboliti, bensì sostituiti dalle immolazioni spirituali e amorose dei suoi veri discepoli che devono continuare a placare il Signore; il dolore, che è castigo, si muta in amore perfetto in chi lo abbraccia con perfetto amore e si trasforma in un sacerdozio aperto a tutti, un sacerdozio che dà un grande potere sul cuore di Dio e placa la Giustizia (…) E i bambini che non sanno ancora offrirsi?” Su essi Dio opera direttamente con infinita sapienza dando loro “autocoscienza spirituale”. Il PAG trova tutto questo disgustoso e sentenzia: “Così con il mito del lampo di autocoscienza spirituale nei neonati la Valtorta cerca di proseguire la sua sadica razionalizzazione delle sofferenze dei bambini; tale riflessione è tutt’altro che sublime e non fa certo onore a quel Dio tutto amore di cui l’autrice si riempiva la bocca e la penna.”

Questo rimprovero a Dio suggerisce forse che il PAG sia migliore dell’Altissimo? Se è così, anche il serpente nel Paradiso terrestre deve aver detto qualcosa di simile, mi ha fatto osservare il figaro: “Ma che cattivo quel Dio che vi ha proibito di mangiare di quell’albero, ma io sono più buono e vi dico che ne potete mangiare, anzi diventerete come Lui.” “E mo’, dottò, se rimagna quel che ha detto prima?” ha soggiunto il barbitonsore:

“Come?” ho domandato.

“Non ha appena detto che Gesù non può più bere al calice del dolore?” ha insistito lui.

“Sì”, ho ammesso io.

“E mo’ risoffre; senta un po’.”

In effetti ecco che Ella, illuminato PAG, ci informa (p. 87 corsivo nel testo) che “L’immagine di Gesù sofferente svolgeva una duplice funzione. Da una parte permetteva alla Valtorta di trovare un senso al proprio stato di inferma irreversibile e dall’altra copriva di pietà e di misticismo un erotismo sempre mal represso, che trovava sfogo, effusioni sponsali e soddisfazioni nel mondo, realissimo per una visionaria, delle visioni e dei dettati.” A questo punto il mio barbitonsore ha commentato: “Questo qui ce l’ha lui l’erotismo conficcato nel cranio.”

(continua)


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