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Il professor Archibald Bignose si svegliò nella sua casa di Londra con un’irrefrenabile necessità di sternutire, cosa che iniziò subito a fare, facendo tremare i vetri della casa con la solita sequenza mattutina. I pollini primaverili e la polvere proveniente dalle centinaia, o che dico migliaia, di libri accatastati negli scaffali che ricoprivano quasi tutte le pareti dell’appartamento di Kensington, dove si era ritirato dopo essere andato in pensione dal King’s College di Oxford, gli scatenavano l’allergia della quale soffriva da sempre.

I compagni di scuola lo avevano preso in giro per il cognome, mai più appropriato. Aveva infatti un naso imponente e gli sternuti causati dalle allergie stagionali avevano offerto occasione di lazzi e risate prima ai compagni di scuola e poi agli studenti e ai colleghi. Nella stagione dei pollini, gli studenti spiavano il suo arrivo dal fragore degli sternuti rimbombanti negli austeri corridoi di Oxford. Circa al trentesimo, faceva il suo ingresso nell’aula, accolto dall’affettuosa ovazione degli allievi.

Ma quei tempi erano ormai lontani. Gli ultimi anni di insegnamento erano stati per lui, mente brillante ed aperta, spirito arguto e anticonformista, una vera sofferenza. Il politicamente corretto aveva steso una cappa opprimente e grigia su tutto. Era diventato impossibile discutere, impossibile esprimere opinioni; si rischiava infatti di offendere sempre qualche minoranza, talché la maggioranza era diventata sempre più silenziosa, fino a indurre il cosiddetto mondo della cultura a ritenere di aver prevalso sul buon senso, la morale comune e tutti i valori che per duemila anni avevano retto la vita dei cittadini dell’Occidente.

Questo era il più grande cruccio di Bignose e di alcuni dei suoi arguti colleghi che si radunavano una volta alla settimana, come un tempo gli Inklings, a discutere di cultura in quei tristi tempi. Circa tre mesi prima, in una delle loro solite riunioni, Bignose aveva lanciato la proposta di fare qualcosa di dirompente.

— Ma cosa possiamo fare? — avevano chiesto in coro i professori Fitzgerald, McCoy e Fitzwilliam, suoi amici fedeli.

— Ho pensato a qualcosa di dissacrante contro questo falso perbenismo che soffoca la società odierna, che desti scalpore, ma nello stesso tempo non possa essere condannato e represso con la scusa che offende qualche minoranza, divenuta nel frattempo potentissima, religiosa, sessuale, razziale, politica, culturale, eccetera eccetera. —

— E cosa sei riuscito ad escogitare? — domandarono in coro gli altri tre.

— Ho pensato alla repressione da me subita nell’infanzia, quando il mio grosso naso mi causava l’irrefrenabile desiderio di infilarvi un dito e venivo ripreso, punito, represso in questo mio intimo bisogno, ed ho deciso di fondare la LAIDINN. —

— E che cosa sarebbe? — domandarono incuriositi.

— Non sarebbe, è. Ho fondato la Libera Associazione Internazionale Dita Nel Naso, che rivendica il diritto di coloro che vogliono mettersi le stesse nel medesimo, in pubblico e in privato. Ho contattato tramite Internet molti miei amici in tutte le parti del mondo che ho frequentato in passato per ragioni di studio e moltissimi di loro hanno colto lo spirito che sottende a questa nuova associazione ed hanno dato la loro entusiastica adesione. Un mio grande amico australiano mi ha proposto di riunirci una volta all’anno nelle diverse più importanti città del pianeta e di organizzare il LAIDINNPRIDE contro ogni repressione delle dita e per tutelare le intime esigenze dei nasi. —

— Grandioso, — esclamarono all’unisono i tre colleghi — ci iscriviamo subito. Ci vuole un brindisi.

E con quattro grossi boccali di birra, i nuovi Inklings festeggiarono la geniale trovata.

MARIA ANTONIETTA NOVARA


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