•  
  •  
  •  

Leggere Malascienza. L’impostura di Lucifero di Emilio Biagini (Edizioni Solfanelli) non significa soltanto mettere a repentaglio quel corpus di conoscenze che si acquisiscono a partire dalla scuola elementare, ma significa abbandonare l’aurea costruzione di quel sapere, smantellando e distruggendo di conseguenza la visione della realtà. E questo trapasso, questa gigantesca voragine che ineluttabilmente e drammaticamente si apre, assume un certo valore per due motivi: anzitutto per l’ampia documentazione che l’autore fornisce sia durante il testo, sia a corredo dello stesso con un’altrettanta corposa bibliografia; in secondo luogo, perché ha l’effetto di scuotere e contemporaneamente di amareggiare.

Molti anni or sono Socrate disse: “so di non sapere”. E oggi, gli acculturati, i cultori, gli intellettuali cosa sanno? Noi, in sostanza, che cosa sappiamo? Ma soprattutto, ciò che abbiamo appreso da testi scolastici e universitari è la sacrosanta verità o presenta inesattezze e distorsioni? Che queste defezioni siano minime oppure no, non ha importanza. Lo sanno fin troppo bene i traduttori: una sola parola diversa, fosse anche un sinonimo, altera il senso del testo di partenza, compromettendone pericolosamente il significato nella lingua d’arrivo. E poi, ciò che i mass-media ci propinano quotidianamente e sugli argomenti più vari – dal cambiamento climatico al politicamente corretto, dai concorsi universitari alle assegnazioni delle cattedre – fino a che punto possono ritenersi attendibili? Domande, queste, a cui Biagini risponde anteponendo ad ogni topic passato di volta in volta in rassegna la parola -mala: malascienza, malastoria, malageografia, malamedicina, che ormai hanno avviato la corsa verso il nulla, costellato dalle tappe dell’inganno e sotto l’egida – nel caso dei concorsi – “dell’etica del fondoschiena”. Una visione amara e spietata, una realtà pungente, decostruita, o mala-realtà, è ciò che ne viene fuori. A fare da trait d’union è il riferimento reiterato al cristianesimo e al dualismo fede-scienza.

Verità, si era detto poc’anzi. Verità scientifica o verità religiosa? L’eterna e inemendabile lotta, pur ammettendo la superiorità della religione che è la chiave della storia (Lord Acton) e «non è possibile comprendere la cultura e la storia di alcuna parte d’Europa senza analizzare il ruolo che il Cristianesimo vi ha esercitato».

Eppure qualcuno pensa che la scienza, «impresa magnifica, degna del massimo rispetto», sia in grado di spiegare fenomeni assolutamente misteriosi, di oltrepassare i propri limiti e questa inconsapevolezza di percezione, questa assunzione di «sovrumani poteri di futura spiegazione di tutto e di più» rendono pericolosa la scientia e da esse – unitamente allo sforzo di celare la Verità («[che] dà fastidio a chi vuol fare i propri comodi») in qualunque modo e con qualsiasi mezzo – germina la cosiddetta malascienza, lacchè dei poteri forti, atti a promuovere mistificazione e disinformazione per «distruggere l’economia, le identità nazionali, le religioni monoteiste, eliminare con ogni mezzo contraccettivo e abortivo miliardi di persone, finché la popolazione mondiale non sia ridotta a una frazione del numero attuale e priva di identità: una massa impoverita di infelici senza speranza, sulla quale i signori del dollaro potranno signoreggiare indisturbati».

Ecco, allora che il dualismo fede-scienza, vede contrapporsi due gruppi inconciliabili. Da un lato gli evoluzionisti, sostenitori del materialismo darwiniano, necessario a scardinare la religione; dall’altro gli antievoluzionisti, «condannati alla morte civile», in quanto avversi ad appoggiare “il sistema della grande frode”.

Dicasi lo stesso per la storia e per chi redige i manuali che saranno poi ad adottati negli istituti scolastici e universitari. Emilio Biagini è d’accordo con la storica Angela Pellicciari – che si batte contro il cancro della storiografia politicamente corretta – nell’affermare “l’abitudine” a trattare la storia con superficialità e/o distorsione degli eventi del passato, desacralizzando – per così dire – cose e persone. Un esempio citato in Malascienza è la scure della damnatio memoriae che si è abbattuta su Silvio Pellico: de Le mie prigioni, il suo testo più celebre, furono inizialmente pubblicati solo alcuni passi, oscurando per converso quelli non in linea con le direttive della propaganda ufficiale.

Ogni branca dello scibile, o forse la realtà tutta, è asservita al “dio quattrino” e ogni tentativo di rigenerazione sociale da parte dei difensori dell’istituzione obbedisce a quella che Biagini definisce «l’etica dei fondischiena». Il progresso di cui tanto si parla e che tanto viene acclamato è allora un regresso, l’evoluzione è allora un’involuzione, lo spettro del nihilismus che da tempo ha fatto la sua comparsa, oggi si aggira pressoché indisturbato in mezzo all’«umanità [che] rappresenta la maggiore minaccia verso se stessa, se continua a coltivare miscredenza, odio, violenza, guerra».

Antonietta Florio


  •  
  •  
  •