IL TAMERISCO NELLA STEPPA
Una domenica, dopo la Santa Messa, un gruppo di amici alquanto cattolici sedevano intorno ad un tavolo all’aperto (infatti era piena estate), bevendo (moderatamente) vino e raccontandosi a turno storie edificanti o citando e spiegando qualche brano della Sacra Scrittura. Dopodiché il narratore proponeva un brindisi. Questo curioso modo di stare insieme imitava quello degli abitanti della Georgia, paese che, per grazia di Dio, si era liberato per sempre della barbarie comunista senza cadere nella barbarie mondialista, e dove di recente gli amici erano stati in un viaggio turistico organizzato dalla loro parrocchia.
Quando venne il suo turno il giovane Geremia citò, a memoria, un versetto del profeta suo omonimo: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore allontana il suo cuore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.”
“Geremia,” continuò il narratore “visse tra il settimo e il sesto secolo prima di Cristo; era un sacerdote, del villaggio di Anatoth nel territorio di Beniamino. Chiamato del Signore ad esercitare il ministero di profeta, Geremia profetizzò una dura punizione per il popolo del Regno di Giuda, che si era corrotto e non obbediva ai Comandamenti. Questo gli attirò l’odio dei Giudei che cercarono più di una volta di ucciderlo. Geremia profetizzò l’invasione dei Babilonesi, giusta punizione per i peccati del popolo, e raccomandò di confidare in Dio. Ma no, il re di Giuda, Sedecìa, era uomo di mondo e ricorse a mezzi umani, alleandosi con l’Egitto. Non servì a nulla. I Babilonesi conquistarono Gerusalemme, distrussero il Tempio, deportarono a Babilonia la maggior parte dei Giudei, sterminarono i figli di Sedecìa davanti ai suoi occhi e poi lo accecarono, in modo che l’ultima cosa da lui vista fosse la morte dei suoi figli. A che gli era servito confidare nell’uomo invece che in Dio?”
“E ora, amici, un brindisi alla Chiesa del dialogo e al suo incontro col mondo moderno.”
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